Paesaggi in posa
Le foto dei quadri paesaggistici sono, dal punto di vista tecnico, facili da eseguire perché essi sono statici. Quello che è difficile è saper riprendere quelle che sono le immagini significative del paesaggio molisano il quale presenta una varietà di contesti.
di Francesco Manfredi Selvaggi
05 febbraio 2016
Sintetizzare con una immagine il paesaggio molisano è una cosa impossibile perché questa regione, pure se minuscola, è la penultima per estensione, ha una grande varietà di contesti paesaggistici diversi fra loro. Una specificità del nostro territorio è quella di essere formato da un insieme di situazioni ambientali distinte, dai massicci appenninici del Matese e delle Mainarde alla zona costiera passando per la distesa delle colline del medio Molise mediante le principali vallate fluviali che sono quelle del Biferno e del Trigno. Si possono distinguere, poi, dentro il perimetro regionale micro paesaggi costituiti dai bacini idrici artificiali del Liscione e di Occhito, dalle piane interne, quelle di Boiano, di Venafro e di Sepino, dai rilievi montuosi a sé stanti e tra questi si cita il monte Totila a Pescolanciano, il monte Saraceno a Cercemaggiore, il monte Mauro a Castelmauro e il monte Lungo a Trivento, da un intero comprensorio posto in altitudine, l’alto Molise, e così via.
Così come non basta una unica immagine per descrivere il Molise, alla stessa maniera è difficile in poche righe, quelle che qui si offrono, fare un resoconto della conformazione territoriale e, quindi, paesaggistica di questa parte d’Italia a meno che non si voglia utilizzare una qualche chiave di lettura schematica. Una impiegata di frequente è la suddivisione dell’ambito regionale per fasce sia in senso longitudinale che, volta per volta, sono quella litoranea, quella collinare e quella montana sia in senso trasversale, i circondari, come si diceva un tempo, delimitati dalle maggiori direttrici vallive; c’è un’avvertenza da fare è che la dimen-sione longitudinale, anche per la notevole distanza che intercorre tra l’Adriatico e l’Appennino il quale qui da noi è spostato verso il Tirreno, è nettamente superiore a quella trasversale il Molise avendo solo 36 chilometri di costa. Occorrono sequenze fotografiche non un’unica o poche foto per restituire la complessità del paesaggio. Tale forte articolazione dei quadri paesaggistici fa sembrare nelle rappresentazioni fotografiche la regione ancora più piccola perché non c’è mai una ripresa, salvo quelle dall’alto, capace di abbracciare una vasta estensione territoriale, restituendoci sempre delle sue singole porzioni. Il parlare di queste ultime, seppure spesso dotate di una notevole identità (si prenda l’area del Fortore oppure quella dell’alto Tammaro) non significa affermare che vi sia disunione tra le tante parti che compongono il Molise; i numerosi tipi di paesaggio, piuttosto che trapassare l’uno nell’altro come sarebbe se dalla fascia litoranea vi fosse un graduale avvicendamento che porta alla collina e di seguito, alla montagna, (affermazione che sarebbe smentita dal brusco emergere di episodi montagnosi, vedi Cerro del Ruoccolo a Casacalenda e il Monterone a Larino nel basso Molise, e dall’apparire dopo la sequenza delle colline della pianura del corso iniziale del Biferno appena prima dell’imbattersi con il massiccio del Matese) sono, in qualche modo, bilanciati fra loro e ciò conferisce unitarietà, pur nella mutevolezza, al nostro territorio.
Finora abbiamo fatto riferimento ai caratteri fisici, ma vi sono pure quelli antropici a caratterizzare il paesaggio, i quali, pure, anche se non così a lungo come l’assetto del suolo, sono rimasti immutati per millenni, almeno 1, essendosi costituita la trama insediativa molisana nel medioevo. In origine era pressoché omogenea la distribuzione dei centri abitati e anche la loro dimensione con esclusione delle sedi vescovili tanto da non poter distinguere in tale riguardo pezzi distinti nell’ambito regionale, salvo la costa che è rimasta disabitata poiché acquitrinosa fino alla seconda metà del 1800 quando iniziò il suo prosciugamento. Negli anni ’70 del secolo scorso si è avuta con la costruzione delle grandi fondovalli, delle dighe e dei nuclei industriali e con la crescita demografica dei comuni capoluogo di provincia e di Termoli, oltre che con la nascita di villaggi turistici, in quota Campitello, e presso la battigia, una profonda trasformazione di alcuni scorci visivi; la realizzazione di tali infrastrutture e l’espansione urbanistica hanno investito quelle aree del Molise definite «aree forti» e ciò porta ad un’ulteriore differenziazione dei paesaggi regionali di cui deve tener conto chi cerca di catturare immagini significative della nostra terra. Se è improbo racchiudere in una foto l'”essenza” del paesaggio molisano, uno sforzo inutile, sono efficaci rappresentazioni di elementi paesaggi-stici che facilmente si è portati a memorizzare nell’osservare il nostro territorio, quasi dei fatti simbolici. Tra questi vi sono gli oliveti, peraltro il primo paesaggio che si incontra entrando nel Molise, tanto che siano composti di individui secolari, quelli del Parco dell’Ulivo del venafrano, quanto se piantagioni regolari più recenti con ulivi disposti in fitti squadroni. Colpiscono sicuramente i rimboschimenti di conifere visibili un po’ ovunque i quali sono percepibili con evidenza nel periodo invernale quando costituiscono macchie scure che si contrappongono ai colori spenti della vegetazione all’intorno; in questa categoria rientrano le pinete create per proteggere i terreni agricoli dalla salsedine marina. Nella parte mediana della regione spuntano, o meglio affiorano, con andamento abbastanza casuale le “morge” dell’istituendo parco omonimo, rocce calcaree che, con una similitudine efficace, possono essere intese quali isole nell’ampio mare di argille.
Negli ambiti argillosi, ora pure nell’area basso molisana, vi sono i calanchi che sono una manifestazione del dissesto idrogeologico, i quali seppure non esclusivi di questa regione, perché comuni ad altre aree geografiche italiane, sono, comunque, tipici. Frutto dell’opera umana, ma ormai componenti dell’ambiente naturale, sono i laghi tra i quali vi è quello di Castel San Vincenzo, uno specchio d’acqua incastonato tra aspre pareti montane con lo sguardo che abbraccia inevitabilmente il pittoresco paese posto sulla rupe di travertino. Senza allontanarci vediamo l’abbazia di S. Vincenzo al Volturno, resti immersi in un contesto naturale ben conservato, che è un’autentica icona del paesaggio molisano, oltre che testimonianza di come i monasteri siano stati l’unica organizzazione capace di mettere in moto l’economia nelle zone marginali. Sono difficili da fotografare i tratturi non essendo dei manufatti, bensì antiche piste determinate dal calpestio di milioni di pecore per un lungo arco temporale; sono diventa”
di Francesco Manfredi Selvaggi