Le miniere d’oro d’Italia, un viaggio tra le eccellenze a denominazione d’origine e non solo
Il nostro Paese possiede il maggior numero di Dop e Igp all’interno dell’Unione europea. Un patrimonio gastronomico e di biodiversità da valorizzare. A partire dal Molise, terra di bontà e bellezza, con molte potenzialità ancora non espresse.
di Pasquale Di Lena
18 febbraio 2016
Il Molise, con le 5 Dop e 1 Igp riconosciute da tempo, continua a rimanere fermo e, così, a punire il suo grande potenziale espresso da 159 prodotti tradizionali sui 4813 riconosciuti in Italia. C’è da dire che solo la Dop Olio extravergine “Molise”, è legata interamente al suo territorio. Le rimanenti quattro (Caciocavallo Silano, Salamini alla Cacciatora, Mozzarella e Ricotta di Bufala Campana) sono in compartecipazione con altre regioni del centro e del sud Italia, e ciò vale anche per Igp (Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale).
Con il solo riconoscimento, tutto molisano, Olio Extravergine “Molise” Dop, il Molise occuperebbe l’ultimo posto della classifica delle Regioni per numero di eccellenze Dop e Igp riconosciute dall’Europa, che ha visto ultimamente balzare in testa l’Emilia Romagna al posto della Regione Veneto, seconda, e la Sicilia terza.
Un solo riconoscimento sui 280 ottenuti dai prodotti italiani, con il nostro Paese che vive un prestigioso e significativo primato, e sui 1300 riconoscimenti che rappresentano il quadro complessivo delle eccellenze riferite ai territori di 27 dei 29 Paesi europei. Per fortuna, e grazie alla partecipazione con altri territori, il numero, come sopra dicevo, sale a sei, ciò che porta il Molise alla consolazione che non è ultimo, ma solo penultimo e in compagnia con il Friuli Venezia Giulia.
Poca cosa , davvero poca cosa, di fronte al suo potenziale di prodotti tradizionali (quelli riconosciuti tali da almeno 25 anni) che posizionano il Molise all’11° posto, dopo la Puglia e la Sardegna, nella classifica che vede largamente prima la Toscana (463), davanti alla Campania (429) e il Lazio (386).
Scavando nel suo territorio, che è anche un contenitore di storia, cultura, tradizioni, il prodotto che pongo per primo sul nastro dei possibili e urgenti riconoscimenti è:
A) la Pampanella di San Martino in Pensilis e la mia non è una preferenza per caso, ma dovuta a una serie di ragioni, che mi hanno portato a credere da tempo, ormai lontano, che, mediante un’attenta e puntuale strategia di marketing, essa può diventare la più grande fabbrica del Molise e la bandiera dei suoi territori speciali. Ne elenco solo tre:
1. un prodotto unico che oggi, diversamente da ieri, ha nel pakaging la sua fortuna di poter volare in ogni angolo dei cinque continenti;
2. un prodotto che, sostenuto da una strategia di marketing e, soprattutto, da un’attenta comunicazione, può dare nuove interessanti opportunità alle aziende agricole con un rilancio degli allevamenti e ciò grazie alla nuova domanda di maiali nel Molise, il suo territorio eletto e esclusivo. C’è di più, una aumento di produzione della Pampanella porta a un aumento delle sue droghe, in particolare i peperoncini (dolci e piccanti) e aglio, che, nel tempo, possono essere oggetto di una loro indicazione geografica grazie al territorio e alla storia della Pampanella, con San Martino in Pensilis che, così, darebbe il nome a altre tre eccellenze Dop o Igp;
3. Lo spazio enorme messo a disposizione soprattutto dei giovani con l’apertura di forni, a San Martino e nel resto del Molise, e l’attività di trasporto e consegna del prodotto con tanti nuovi “padroncini” a alimentare la rete;
B) Il Caciocavallo del Molise, chiedendo una modifica all’attuale disciplinare di produzione che lo vede dentro la Dop “Caciocavallo Silano”, per dare immagine al Molise e risposte ai bravissimi produttori di questa delizia dell’antica tradizione casearia molisana, così legata ai tratturi ed alla transumanza.
C) La Treccia di Santa Croce di Magliano, tenuta in vita da una festa e valorizzata da una piccola ma intraprendente azienda agricola, la Palladino, da tra smettere anche alle altre aziende casearie sviluppando lo stesso percorso della Pampanella per presentarla sul mercato per quella che è: una bontà unica anche per la sua originale manifattura che fa pensare a un’opera d’arte.
D) La Ventricina della Valle del Trigno, con i territori del Molise e dell’Abruzzo per la provincia di Chieti. Portare sul mercato questo insaccato che “non si taglia ma si scava” come ho avuto modo di dire un giorno a Linea Verde con una sua puntata nel Molise. Anche qui la bontà che si lega alla storia e alla tradizione, elementi fondamentali e incisivi nel campo della comunicazione e del marketing.
E) Il Fagiolo Perla di Acquaviva d’Isernia, per dare ad esso la possibilità di coinvolgere l’intero territorio del Volturno, dalle sue sorgenti alla piana di Venafro, e di preparare la risposta alla domanda già forte del mercato. Quello che doveva fare, e non ha fatto, Riccia con il suo “Fagiolo della Paolina”.
G) L’Ostia di Agnone, delizia legata al Natale ma che vale tutto l’anno con la sua capacità di accontentare anche i più esigenti cultori di dolcezze.
H) il Tartufo Bianco del Molise, un testimone importante che vede il Molise alimentare il mercato con il suo 40% della raccolta nazionale.
I) il Porcino del Matese, una bontà solo da tutelare e valorizzare.
Sette possibili altri otto nuovi riconoscimenti Dop /Igp, che rafforzerebbero il primato italiano e, con 14 indicazioni geografiche, farebbero fare un salto di posizioni al Molise nella classifica guidata ora dall’Emilia Romagna e posizionarsi all’11 ° posto con il Trentino Alto Adige.
Mi fermo a questi prodotti, principalmente perché il riconoscimento di Dop o Igp assicura il mantenimento di un nome legato al suo territorio e che non può essere banalizzato da chi se ne vuole (può) appropriare in mancanza di un suo riconoscimento ufficiale.
Mi fermo qui, sapendo bene delle potenzialità espresse dal mais e dalla sua Polenta, soprattutto nel territorio del Matese e di quello che lo guarda da vicino; la Lumaca e gli Orapi sempre del Matese; la Lenticchia di Capracotta; altri insaccati e salumi, in particolare la Signora di Conca Casale; i prodotti da forno, come il Pane o le Ferratelle; il Brodetto alla Termolese di Tornola, che ha già – grazie al compianto maestro di gastronomia, Elio D’Ascenzo, e alla delegazione molisana dell’Accademia Italiana della Cucina – un suo riconoscimento sottoscritto da un notaio.
E’ il territorio la grande miniera d’oro del Molise che, oggi, si avvale di nuovi straordinari interpreti, nella stragrande maggioranza giovani. Penso ai produttori, raccoglitori e ai trasformatori delle eccellenze regionali, ma, anche, ai tanti impegnati (sommelier e assaggiatori in primo luogo) a presentare e comunicare la coltura del vino o dell’olio, del formaggio, della pasta o del pane.
Tutti protagonisti importanti, lungo il percorso della commercializzazione e valorizzazione dei prodotti e dei loro territori di origine, che hanno bisogno di essere coinvolti dal pubblico, la Regione in testa, per poter esprimere, più e meglio, la grande passione e professionalità. Programmi e strategie che spetta all’ente pubblico approvare e mettere a disposizione di chi ha voglia di cogliere le opportunità offerte dal mercato e, così, dare un’immagine di successo al suo prodotto o alla sua professione e, con essa, al Molise.
di Pasquale Di Lena
Teatro Naturale pubblicato il 16 febbraio 2016 in Racconti > Quo vadis.