Il dramma dei 218 della Protezione Civile
Dagli sperperi del passato alle ristrettezze di oggi
di Assunta Domeneghetti
03 marzo 2016
Di cosa parliamo quando parliamo dei precari della Protezione civile? Secondo alcuni sono ex lavoratori messi in mezzo alla strada da un governatore incapace di trovare soluzioni per dare una nuova chance di lavoro ai vincitori del cosiddetto concorsone. Secondo altri il loro “licenziamento” (ma la parola è francamente sbagliata) è solo la ovvia conseguenza di cattive scelte di stampo clientelare operate in passato che hanno costretto la Regione, ormai a corto di liquidi, a concludere la collaborazione con gli ex dipendenti dell’Agenzia di via Sant’Antonio Abate allo scadere dei contratti.
Le due “fazioni” si sono ritrovate questa mattina, 2 marzo, sotto i cancelli di Palazzo Vitale in via Genova per l’incontro tra Regione e sindacati. Sul tavolo del presidente la bozza del nuovo bando con cui l’Agenzia creata da Frattura e dal consigliere delegato Salvatore Ciocca per completare la ricostruzione entro il 31 dicembre 2018, assumerà, nei prossimi mesi, circa 20 persone. «Il fabbisogno di personale questa volta è stato tenuto in alta considerazione» ci ha spiegato l’architetto Manuel Brasiello messo a capo dell’Arps (Agenzia regionale post sisma) dopo la separazione dal Servizio di protezione civile tornato, coi suoi 35 dipendenti, in capo all’Amministrazione regionale.
Ma andiamo con ordine: la vicenda dei precari ha inizio il 12 giugno 2012, quando l’Agenzia, istituita nello stesso anno con legge regionale (fu una corsa contro il tempo a ridosso della scadenza dei termini dello stato di criticità post sisma, prima era struttura commissariale) ha messo a bando 218 posti a tempo determinato. Sette gli avvisi di gara e migliaia le domande giunte per ricercare «un numero abnorme» di personale che avrebbe lavorato per un anno più altri due «eventualmente rinnovabili» se ci fosse stata disponibilità di fondi. Insomma, i posti resi disponibili erano tanti (troppi, viste le reali esigenze della struttura post sisma), ma in ogni caso gli aspiranti lavoratori sapevano fin dall’inizio che la loro sarebbe stata un’assunzione a termine, quindi destinata a concludersi nell’arco massimo di tre anni, anche perché la stessa Agenzia era ed è destinata a “morire” con la conclusione dell’emergenza sismica, un’emergenza che paradossalmente dura da quattordici anni.
Al di là della liceità dei bandi (oggi agli atti del processo sul cosiddetto Sistema Iorio) e delle accuse pesanti mosse dalla Procura di Campobasso nei confronti degli indagati, che siano state assunte molte più persone di quelle che occorrevano lo pensano sia quelli a cui il contratto è scaduto il 29 febbraio 2016 sia i precari occupati in Protezione civile per poco più di un anno e poi “messi in libertà” già nel 2014: «Sappiamo bene che nella passata gestione è entrata troppa gente – racconta Mena Macchiarolo, una delle ex lavoratrici dell’Agenzia appartenente al comitato precari – ma anche questo governo ha delle colpe imperdonabili, quella di non aver difeso il Molise come avrebbero dovuto».
Il riferimento è ai 346 milioni di euro della delibera Cipe: il Molise è stata l’unica regione, tra quelle colpite da calamità naturali, a ottenere una maggiorazione. Fu Frattura, a gennaio del 2014, ad annunciare «la quota per l’assistenza tecnica (cioè per il personale) legata al proseguimento della ricostruzione passata dal 2 al 3 per cento».
«Se avesse ottenuto il 4 per cento – dice ancora Macchiarolo – probabilmente avremmo lavorato tre anni anche noi. Invece ci hanno cacciati dalla Protezione civile sebbene siamo vincitori di regolare concorso».
Quelli del Cipe, però, non sono stati gli unici fondi arrivati in Molise in questi 14 anni dal terremoto che il 31 ottobre 2002 ha devastato una scuola, quella di San Giuliano di Puglia facendo 28 morti: «Oltre ai 346 milioni del Cipe – spiega il numero uno dell’Arps, Brasiello – furono stanziati per l’emergenza circa 808 milioni di euro di cui 240 per San Giuliano e la restante parte per il Cratere allargato».
Un miliardo e 154 milioni di euro di totale a cui vanno aggiunte le maggiorazioni «insufficienti» recuperate da Frattura (altri 10 milioni di euro destinati al personale) per una ricostruzione ancora ferma al 50 per cento e per un’emergenza che dura dal 2002.
«Come potevamo tenere tutti i precari assunti se i soldi che sarebbero dovuti bastare per tre anni erano stati già tutti spesi?» dice oggi il consigliere Ciocca che la vicenda della Protezione civile la segue dai tempi dell’indizione del concorso.
Ed è proprio questo il problema: al di là della presunta irregolarità delle procedure adottate (sulle quali farà luce la magistratura), va evidenziato che fu proprio la scelta di assumere 218 persone a consumare in tempi assai rapidi le risorse per i lavoratori che oggi protestano. Una decisione che venne assunta sulla scorta di un modo di intendere la cosa pubblica come strumento di raccolta del consenso sulla base di un modello che può “funzionare” fino a quando i soldi abbondano e possono essere perfino scialacquati, ma che costringono poi a drammatiche cure dimagranti quando la disponibilità di denaro pubblico scarseggia.
L’ex commissario Michele Iorio («che a tutti i costi volle fare quel concorso» come sostiene un precario storico che ha lavorato fino all’altro ieri nell’Agenzia «anche se venivo spedito lontano da casa perché non ero allineato») e l’ex direttore Giuseppe Giarrusso avrebbero insomma gestito l’Agenzia manco fosse il palazzo dell’Onu: oltre allo spropositato numero di 218 nuovi assunti (oggi tutti a casa, e solo una parte di essi nel frattempo ha trovato lavoro altrove) c’erano – per fare alcuni esempi – 14 persone contrattualizzate con la Digis impiegate al centralino, almeno 6 autisti assunti grazie all’agenzia interinale Adecco e una pioggia di consulenze per migliaia di euro.
Tra le più chiacchierate anche quella da 18 mila euro a Francesco Pettinicchio per la gestione di un fantomatico geoportale della Regione Molise. Pettinicchio ha fatto anche parte della commissione esaminatrice del concorso (pur avendo altre mansioni, come ha rimarcato la Procura negli atti del processo sul Sistema Iorio di cui si sta celebrando l’udienza preliminare in queste settimane) ed è il cognato del consigliere regionale del Pd Francesco Totaro che in questi giorni è sceso in campo in difesa dei precari con tanto di ringraziamenti del Gruppo precari sisma 2002.
Insomma, l’illusione del posto fisso, che oggi tanto fa arrabbiare i precari, sarebbe stata creata ad arte. «Non c’è nessun mistero dietro quelle “infornate” di personale – dice ancora il lavoratore storico che preferisce non svelare la sua identità per non inimicarsi gli ex colleghi – Di lì a poco ci sarebbero state le elezioni, penso sia questa la ragione per cui Iorio ha tanto insistito col concorso e ha largheggiato ampiamente nel numero delle assunzioni».
Il 2012, lo ricordiamo, è stato l’anno in cui il Consiglio di Stato ha annullato le consultazioni del 2011 vinte per da Michele Iorio su Paolo Frattura.
La sentenza definitiva arrivò il 29 ottobre (le selezioni per l’ingresso in Protezione Civile sarebbero iniziate un mese dopo mentre i bandi erano stati indetti quattro mesi prima, a giugno) e le nuove elezioni regionali, poi vinte da Frattura, si sarebbero svolte il 24 e 25 febbraio 2013.
Il rischio di un ritorno alle urne, dunque, c’era già. Quando i primi contratti sono stati firmati (tra fine dicembre 2012 e inizi febbraio 2013) ad alcuni neo assunti è stato presentato anche il conto. Sono agli atti, infatti, alcune intercettazioni in cui a parecchi di essi si chiedeva il voto per Iorio, oltre ad altre conversazioni in cui Iorio e Giarrusso parlano esplicitamente sia dei candidati da “promuovere” prima ancora che il concorso si svolga, sia dei criteri con cui formare le commissioni esaminatrici in modo da poterle condizionare nella valutazione dei candidati.
Tuttavia, al di là di eventuali illeciti favoritismi, il fatto che più conta è che già un anno dopo, cioè nel 2014, la Regione si trovò sprovvista dei fondi necessari per stipendiare i 218. A una parte di essi infatti non fu rinnovato il contratto e agli altri venne annunciato in modo piuttosto esplicito che nel 2016 il rapporto di lavoro si sarebbe interrotto definitivamente come previsto dal bando e dal contratto di lavoro. Ma degli errori del passato e delle scelte fatte dall’attuale Giunta poco importa a chi oggi si trova comunque senza un impiego che qualcuno gli aveva fatto chiedere poteva durare per sempre.
«Io voglio solo lavorare e avere possibilità di guadagnare il mio stipendio» racconta Pasquale Di Bona, un altro dei 97 precari in presidio sotto la Regione a cui due giorni fa è scaduto un contratto che non sarà rinnovato.
di Assunta Domeneghetti