Il caso bojanese
Il PD dalla lotta di classe al conflitto d’interessi
di Paolo Di Lella (da ilbenecomune.it)
01 giugno 2016
Nel novembre del ’74, Pier Paolo Pasolini ebbe a dire, dalle pagine del Corriere della sera, che il PCI era “un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto”.
Erano i tempi dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (talvolta anch’esse di Stato), e il PCI rappresentava l'”opposizione al potere”, “la salvezza dell’Italia e delle sue povere istituzioni democratiche”.
Da allora sono passati poco più di quarant’anni ma sembra trascorsa un’eternità.
Il partito erede di quella storia ora governa il Paese insieme a quelli che alla storia passeranno come i traditori di Forza Italia. Un gruppetto improbabile di piccoli opportunisti, guidati da Angelino Alfano (con tutto il rispetto, non proprio un grande statista), che ellettoralmente valgono non più del 5% e che nel prossimo futuro si disperderanno confluendo in parte nelle nuove formazioni di destra, in parte (buona parte) nel PD stesso.
Ma il bello deve ancora venire. A ottobre prossimo, il presidente del Consiglio, nonché segretario del PD Matteo Renzi si gioca il tutto per tutto facendosi promotore di un referendum per cambiare 1/3 delle leggi costituzionali. Una scommessa rischiosissima (non fosse altro che per l’occasione in mano agli italiani di far fuori in un colpo solo Renzi e Gigi D’Alessio che ha annunciato di voler smettere di cantare in caso vinca il no) ma al tempo stesso troppo ghiotta perché in gioco c’è il tentativo – grossomodo di questo si tratta – di rendere l’esecutivo sempre più autonomo rispetto al Parlamento. Se si tratti o meno di una svolta autoritaria dipende dai gusti. Particolarmente calzante ci pare l’espressione di Carlo Freccero che ha parlato recentemente di ipertrofia dell’esecutivo contro cui gli antifascisti moderni dovrebbero scagliarsi.
Detto questo del PD nazionale, c’è da dire anche che il PD molisano è il peggiore PD d’Italia. La coalizione di centrosinistra nonostante condizioni favorevolissime (un decennio di iorismo aveva prodotto un debito sanitario di 600 mln e passa), e nonostante la sinistra arancione avesse il vento in poppa in tutta Italia (è il periodo in cui vengono eletti De Magistris e Pisapia) vince le elezioni del 2012 con zero coraggio, architettando un piano a dir poco diabolico ed eleggendo Paolo di Laura Frattura con un passato da pupillo di Michele Iorio e una comparsa nelle file di Forza Italia. Gli autori del piano geniale, Roberto Ruta e Danilo Leva, all’epoca ai vertici del Partito Democratico, ora siedono rispettivamente in Senato e alla Camera e ogni tanto intervengono per coprire a sinistra il presidente Frattura esposto alle ire popolari come nessuno mai, a dimostrazione di quanto sia difficile fare clientelismo diffuso in regime di crisi economica profonda e con i debiti da pagare a Roma.
Comunque, sta di fatto che un governo regionale così antipopolare non si era mai visto. Sarà che al popolo preferisce le lobby, come si evince dal piano operativo sanitario che lascia intatti gli accreditamenti alle strutture private (che costituiscono quasi il 40% del servizio totale, record assoluto nazionale) mentre continua a tagliare nel pubblico, per la gioia di Patriciello, eurodeputato di FI e proprietario di Neuromed, una delle due maggiori strutture private della regione insieme all’Università Cattolica.
Altro beneficiario della sudditanza di Frattura verso le strutture private è Marco Di Biase, candidato sindaco al Comune di Bojano con una coalizione civica di centrosinistra espressione del partito democratico e proprietario della clinica privata di Bojano “Villa Ester” graziata anch’essa dalla riorganizzazione sanitaria del Commissario Frattura. E pensare che il Commissario ha chiuso senza batter ciglio il reparto di geriatria del Cardarelli di Campobasso, senza contare gli ospedali di Larino e Venafro. Ma villa Ester non si tocca. Qualche elemento utile a comprendere cosa ci sia dietro ce lo ha offerto Andrea Gisoldi sulle pagine de Il fatto quotidiano.
Pare che alla presentazione della lista di Di Biase ci fosse, “come primo sottoscrittore e sostenitore”, niente meno che il portavoce regionale di Forza Italia Giacomo Papa, braccio destro della deputata forzista Nunzia Di Girolamo con la quale sarebbe coinvolto, tra l’altro, nell’affaire appalti e clientele dell’Asl di Benevento.
Noi non ci crediamo, per carità, ma qualcuno particolarmente malizioso potrebbe pensare ad un intreccio di interessi tra potere politico e profitto privato che si concluderebbe con l’elezione del candidato Marco Di Biase a sindaco di Bojano.
Senonché qualche malizioso potrebbe dubitare dell’eleggibilità del dott. Di Biase se è vero ciò che recita il “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali” (approvato con Decreto Legislativo), art. 60, n. 9: “Non sono eleggibili a sindaco: i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate”. Di sicuro, qualche domanda è legittima. Avremmo voluto rivolgerle al diretto interessato; a dire il vero ci abbiamo provato telefonicamente ma non c’è stato verso. Allora le poniamo qui. Non si è posto il problema della condizione di ineleggibilità? E siamo sicuri che il problema sarebbe superato nel caso avesse dismesso solo formalmente la carica di amministratore?
di Paolo Di Lella (da ilbenecomune.it)