I paesaggi del tartufo nel Molise eccellente!
Il Centro di Ricerca e Sperimentazione per la produzione di piante tartufigene presso il vivaio forestale di Campochiaro (CB) testimonia l’attenzione riservata alla tutela e alla valorizzazione del pregiato tubero
di Angelo Sanzò
13 giugno 2016
I tartufi sono funghi ipogei, organismi, cioè, che svolgono tutto il proprio ciclo vitale sottoterra. Crescono spontaneamente nel terreno accanto alle radici di alcuni alberi, in particolare querce, lecci, pioppi, noccioli, salici, faggi, con le quali stabiliscono una simbiosi mutualistica, da cui entrambi traggono vantaggio. Il tipico profumo penetrante e persistente a maturazione avvenuta ha lo scopo di attirare gli animali selvatici per spargere le spore contenute e perpetuare la specie.
Gli studi geologici hanno evidenziato che i terreni preferiti dai tartufi contengono correntemente una frazione più o meno importante di materiale calcareo. In particolare, quelli calcareo limosi, pare siano i suoli preferiti dal tartufo bianco pregiato.
È noto da anni, e non solo agli addetti ai lavori, che alcune aree del territorio molisano sono tra le più vocate, a livello nazionale, per la produzione dei tartufi, in particolare per quello bianco pregiato. È altrettanto vero che, in un contesto in cui il tartufo è una rilevante fonte di reddito per le popolazioni locali, il numero dei soggetti coinvolti in quella che può essere ritenuta la filiera dell’intero ciclo produttivo sia costantemente cresciuto nel tempo. È, perciò, quanto mai urgente e inderogabile che a tutti gli addetti ai lavori dell’intero ciclo produttivo (tartufai, associazioni e raccoglitori, imprenditori agricoli, tecnici e liberi professionisti, amministratori pubblici) venga reso disponibile, per quanto possibile e nella giusta quantità, il patrimonio di conoscenze, teorico e operativo, che riguarda l’importante risorsa. D’altronde, molto c’è ancora da fare per la giusta valorizzazione del prodotto, affinché l’ eccellenza del raccolto possa fornire il proprio contributo allo sviluppo dell’economia di vaste aree interne del nostro Appennino.
È altresì auspicabile che si sviluppino adeguate attività di ricerca scientifica, al fine di trasferire, convenientemente, i risultati ottenuti alle esigenze di conservazione e miglioramento ambientale, nonché di sviluppo di tecniche colturali consone all’incremento di produzioni spontanee.
Il Centro di Ricerca e Sperimentazione per la produzione di piante tartufigene, realizzato nel 2010, presso il vivaio forestale di Campochiaro (CB), testimonia l’attenzione riservata alla tutela e alla valorizzazione del pregiato tubero.
Un riconoscibile marchio di qualità potrebbe far assumere all’insieme delle attività relative alla tartufocultura un ruolo ancor più importante, se non preminente, alla crescente multifunzionalità delle moderne aziende agricole, sempre più numerose sul territorio.
Il più delle volte è proprio il tartufo l’elemento al centro di manifestazioni fieristiche riguardanti l’offerta di produzioni locali, delle quali diventa l’elemento trainante. La sua presenza, infatti, in un determinato territorio, essendo ormai considerata dai più un indicatore positivo di qualità ambientale, è anche elemento di richiamo per percorsi turistici alla scoperta di luoghi e tradizioni autentici.
di Angelo Sanzò