Il rovinoso terremoto del 26-7-1805 a Toro
Dalla cronaca di L.A. Trotta
di Vincenzo Colledanchise
30 settembre 2016
Il 20 agosto 1805 viene ispezionata, a cura dell’incaricato regio Giannoccoli, la terra di Toro, “totalmente devastata”.
Su una popolazione di 2300 abitanti, i morti sono 272.
Essendo cessato il fetore dei cadaveri rimasti sotto le rovine, che si crede possano essere una trentina, Giannoccoli ne proibisce il dissotterro, perche’ “seguitino a macerarsi sotto le sfabricature”, risultando troppo lungo e dispendioso lo sterro delle stesse.
Lascera’ sul posto un ingegnere col compito di fare una nota delle “fabbriche” pericolanti.
Avviene l'”abbrugiamento dei cadaveri” che giornalmente vengono dissotterrati.
La cremazione avviene dando fuoco a pece e legna, in locali adatti ” ad un’ora di notte, affinche’ tutto nel corso della notte sia estinto”, per evitare le esalazioni.
Quella di bruciare i corpi delle vittime del terremoto sara’ una disposizione che lo stesso re dara’, su richiesta del tribunale della salute, ritenendola la soluzione migliore al fine di evitare epidemie, ma soprattutto per evitare l’uso della calce, con cui inizialmente venivano ricoperti i corpi, servendo essa alla riattazione e riedificazione degli edifici.
Data la situazione drammatica per tutto il contado di Molise, il 4 agosto Giannoccoli chiede che gli venga spedita tutta quella quantita’ di tela chiamata luna, che potra’ aversi “ad uso delle tende soprattutto per le baracche degli ospedali”. Nello stesso giorno, con altra nota, sollecita nuovamente l’invio della truppa senza la quale non sa come fronteggiare l’emergenza, e chiede ancora la spedizione di pece per bruciare i cadaveri.
Purtroppo moltissimi ancora moriranno a causa dell’inevitabile colera che scoppio’ per la grave situazione igienica.
di Vincenzo Colledanchise