• 18 Ottobre 2016

Casa Lawrence

Alle serre di picinisco la storia della casa in cui soggiornò lo scrittore inglese d. h. lawrence è un romanzo ricco di intrecci e di misteriose coincidenze

di Maria Stella Rossi

13 marzo 2017

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Dai rami contorti e spogli di un fico che insieme con un antico pergolato di uva bianca vegetano con spontanea semplicità dinanzi la CaciOsteria della Famiglia Pacitti, si intravedono le stelle, lucentissime nel buio della notte resa ancora più scura dai fitti boschi e dal profondo della valle lontana. 

Ho l’impressione di una sovrapposizione: la descrizione perfetta che D.H. Lawrence ( Eastwood- Nottinghamshir 1885, Vence- Francia 1935) fa di questo “ place” nel romanzo La ragazza perduta – vari i riferimenti alle stelle, “magnifiche e lucenti”- e la vista mia personale in questo momento preciso di rapimentototale. Il romanzo, uno dei più noti dello scrittore inglese, iniziato nel 1912, fu concluso da Lawrence proprio dopo il suo soggiorno nella casa vittoriana di Orazio Cervi, oggi Casa Lawrence, a Serre di Picinisco, angolo di terra in un piccolo mondo primordiale e  uadente. Alvina, protagonista del romanzo, aveva scelto di perdersi, di abbandonare strade già calcate e solite per scegliere la passione, l’incognito della vita: dall’Inghilterra e da un’esistenza già destinata, al mistero celato in altri territori lontani da tutto, al seguito di Ciccio, emigrante italiano e artista girovago, che aveva deciso di ritornare a Pescocalascio, come Lawrence chiama Picinisco. 

L’intreccio di storia personale dello scrittore, che intraprende il suo secondo viaggio nel 1919 con sua moglie Frida Richthofen verso l’Italia, con le vicende dei due protagonisti Alvina, the lost girl, e Ciccio si possono rivivere leggendo gli ultimi capitoli de La ragazza perduta. Cercando le righe giuste, si può leggere e ricollocare nelle stanze attuali e nel luogo la creazione letteraria e reale dello scrittore che nomina stanze rese festose dal sole, finestrelle incastonate  nel muro, gli utensili, il soffietto detto “ un tubo di ferro”, il bricco per scaldare il latte e l’acqua, il camino, il letto su trespoli di ferro con frusciante materasso di foglie di granturco, ma anche “ il ragliare furioso di un asino, preistorico e disperato nella neve” e ciò che di maestoso la natura selvaggia e antica del paesaggio ispirava e ispira allo stesso modo tuttora se solo dimenticassimo la civiltà del rumore e dell’affannoso andare di oggi e ci lasciassimo ammaliare dalla “bellezza che rivestiva ogni cosa” e dalla “indicibile grandiosità pagana del crepuscolo nelle vallate fredde e selvagge”.

Casa Lawrence, oggi luogo di visita e agriturismo è davvero un posto romanzesco che intreccia storie che in alcuni punti sembrano ricalcare le vicende del romanzo stesso. Siamo negli Anni Sessanta del Novecento, Carmine e Donato Pacitti sono due pastori che avevano casa e rimessa, con trenta pecore, in un gruppetto di appena dieci case in una zona montana lontana però – se si  pensa che tutto veniva percorso a piedi- da Villa Latina, Picinisco, Atina e altri borghi in cui si recavano per vendere ricottine fresche e formaggi. Decidono di trasferirsi più a valle e scelgono come nuova rimessa una casa abbandonata che diventa ricovero per le loro pecore e posto dove fare il formaggio. La casa, dall’elegante aspetto vittoriano, viene affittata ai fratelli Pacitti da Giustino Cervi, figlio di Orazio, un artista di strada che, partito ragazzo alla volta dell’Inghilterra, aveva tra l’altro fatto il modello per noti artisti dell’epoca, tra cui lo scultore William Hamo Thornycroft. Cervi a fine carriera, nel 1889, aveva deciso di ritornare al suo paese, Picinisco, e di costruirvi una sua abitazione.

 I coniugi Lawrence, amici dei Thornycroft, in partenza per la seconda volta per l’ Italia, si offrirono di trascorrere una vacanza a casa di Orazio Cervi soprattutto per riferire poi a Rosalinda, figlia dello scultore inglese, se il luogo fosse adatto per un futuro soggiorno suo e dei suoi figli. Nella notte tra il 10 e l’11 dicembre 1919 i coniugi Lawrence arrivarono a Casa Cervi. Torniamo a Carmine e a Donato che hanno sviluppato la loro attività pastorale con successo tanto da potersi comprare Casa Cervi, non lontanodalla quale si trovava un’altra casetta, oggi rinomata CaciOsteria, più semplice nella sua architettura contadina, dove vivevano Antonio Arcari, Carolina sua moglie e le figlie Maria e Giulia. L’Arcari era emigrato con la famiglia in Inghilterra per migliorare la sua posizione ma d’estate tornavano al paesello nativo le sue due figlie, belle e diverse dalle contadine  del luogo. Il loro ritorno e l’incontro con Donato e Carmine fanno scoccare la scintilla dell’amore e le nozze tra “i due rudi con gli animali” come venivano detti e le due fanciulle chiamate “le inglesine”. Siamo negli anni Settanta.

Ironia della sorte e stranezze della vita, Maria e Giulia, due ragazze “inglesi” come Alvina e Donato e Carmine, virili e affascinanti per la loro forza e prestanza fisica, come il Ciccio del romanzo di Lawrence! Ma è solo negli anni Ottantache la Casa svelerà il suo mistero, quando studiosi italiani e soprattutto inglesi sulle tracce dei viaggi di Lawrence in Italia scopriranno e segnaleranno la presenzadella dimora dove lo scrittore avevasoggiornato in un gelido dicembre del 1919. A seguito di un bando europeo la Casa verrà ristrutturata in maniera fedele  

e consona alla sua vicenda letteraria dai cugini Romina, figlia di Carmine e Maria, e Loreto, figlio di Donato e Giulia, divenendo Casa museo e agriturismoche potremmo dire “d’epoca” dando l’avvio alla sua attuale vicenda. Una cucina locale dai gusti caserecci e dalle ricette rurali, tutto prodotto e cercato in loco, comina, l’attenzione per la cultura e la storia sono il mix vincente di Romina e Loreto, che hanno dato un tale impulso al luogo da decretarne il successo in un exploit di visite e soggiorni. Studiosi di Lawrence dall’Inghilterra, ricercatori italiani, studenti, docenti universitari e appassionati della scrittura lawrenciana arrivano a Casa Lawrence – soprattutto a partire dal 2005 – in occasioni culturali di prestigio organizzate per Premi letterari finalizzati anche a finanziare tesi di laurea e attività artistiche su Lawrence. Due mobili a cristalliera nel piano superiore della Casa, custodiscono una delle raccolte più complete a livello nazionale, di libri su e di Lawrence, disponibili alla consultazione e allo studio, in ambienti sintonici e rispettosi della realtà del tempo che accolse lo scrittore inglese.

Nella CaciOsteria vengono conservati invece i noti formaggi dell’Azienda agricola Pacitti – con un gregge di oltre ottocento pecore – i pecorini di Picinisco dop, il doc di Atina, il particolarissimo conciato di San Vittore, avvolto in un mantello di erbe odorose e salutari della montagna vicina, e la marzolina presidio Slow food. Se poi si vuol sostare nel ristorante di Casa Lawrence e assaggiare i piatti curati uno per uno da mani sapienti, si potrà intravedere Romina dedita ai fornelli che appare come una figura femminile dipinta da Vermeer, una sorta di ragazza dall’orecchino di

perla, perché lei con originale copricapo color della terra, e lucenti orecchini di perla, è assorta totalmente nella sua arte di cucinare pietanze gustose e sane sotto l’occhio vigile e saggio della madre Maria e della zia Giulia. L’atmosfera che unisce i profumi, le tradizioni del luogo e i paesaggi – siamo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Molise e Lazio – con la cultura inglese, si riassapora nella Casa anche di domenica quandosi prepara alle diciassette in punto un thè con pasticcini appena sfornati, un momento tutto inglese, complici anche le tazzine vezzose decorate di rose e tralci! Se poi si vuol vivere la magia notturna del luogo, con la luce che filtra dal balconcino con terrazzo e dalle finestre con inferriate, in compagnia diluna, stelle, con ombre di corbezzolo,melograno e arbusti di rose inglesi e rose canine selvatiche, basta uscire dalla Casa, percorrendo il ciottolato originale, e sostare nel silenzio che avvolge e protegge il luogo, magari immaginando le notti dicembrine di Lawrence e di Frida rischiarate solo dalla fiammella di una candela smozzicata o dalle lingue rosse del fuoco alimentato da crepitanti fascine essiccate al sole dell’estate. 

In ogni periodo dell’anno la Casa offre svariate occasioni e indimenticabili soggiorni, ma è in primavera che con il romanzo tra lemani andiamo a rileggere e a provare leemozioni di Alvina che si ritrova e quasi si annienta, in una visione panica, neiprati fioriti. Di fronte ai crochi in fiore

“ provò il desiderio di inginocchiarsi e di chinare a terra la fronte…tanto erano regali e superbamente belli” e gli ireos“   erano come piccole divinità scese sulla terra” perché i fiori “ che uscivano dalla terra esprimendone il magico linguaggio la incantavano, l’avvincevano, le rapivano

l’anima”. Lawrence tramite Alvina, ragazza perduta per il mondo, per tutti, ci  fa intravedere una possibile strada – quella che lui stesso cercava – per ritrovarsi, per varcare i confini del mistero e assaporare la natura che selvaggia e saggia ancora ci accoglie e consola magari ricordando o

ascoltando il suono di zampognari locali che a Lawrence e Frida – come a Ciccio e ad Alvina – apparvero d’improvviso “ nell’aria grigia del mattino” con note di nenia a mò di lagna accompagnate dalla voce acuta “d’uomo che per metà cantava e per metà gridava una breve strofa, al

termine della quale si levava lo squillo lacerante di uno strumento di canna. ..la voce stessa delle montagne”. 

di Maria Stella Rossi (da D’Abruzzo)

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