Cosa ci dice la lezione dell’albergo Rigopiano
La sciagura non era del tutto inattesa
di Franco Cianci
26 gennaio 2017
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Benché straordinari siano stati i fenomeni nevosi e sismici, tanto da non potere essere paragonati a nessun evento negli ultimi 120 anni, c’era da attendersi quanto accaduto. Gli Appennini costituiscono un apparato montuoso estremamente delicato: essi sono posti quasi per interno su una faglia pericolosamente mobile, che ad ogni sussulto produce ciclopici fenomeni di dissesto e di collasso.
Eppure lungo gli Appennini si è sviluppata la maggior parte della civiltà italiana sin dai secoli più remoti.
Le più grandi ed antiche civiltà ebbero a ritirarsi sulla cresta degli Appennini, anche perché il pericolo nel corso dei secoli venne sempre dal mare, in particolare la minaccia dalle civiltà ottomane.
I territori sono stati usurpati, sconvolti, da insediamenti urbani dissennati, da caseggiati pericolosi, da intraprese inquietanti.
La bellezza dei luoghi è stata divorata dal famelico desiderio degli uomini di godere – senza accorgersi che non poteva essere per sempre – della bellezza dei luoghi, dell’incantesimo e delle meraviglie dei paesaggi.
E, così, nasceva in uno scenario incantevole, ma estremamente pericoloso e in contrasto con le leggi in vigore – tanto che la Procura di Pescara aveva iniziato un procedimento contro i costruttori, seppure conclusosi con una sentenza di assoluzione – il più spettacolare e lussuoso degli stabilimenti alberghieri ma esso veniva posto lungo un canalone di detriti e nella zona più pericolosa, per quanto riguardava la formazione di slavine e valanghe.
E, poi, la dissennatezza degli organi responsabili, aveva fatto si che mancassero a sussidio di questa tanta, avida e spericolata intrapresa, turbine, mezzi di soccorso, spazzanevi adeguati, elementi protettivi a monte come muri di sbarramento e terrazzamento.
Insomma tutta una serie di rimedi antisismici ed antislavine che la scienza era in grado di procurare.
Ed, oggi, sotto delle candide piastre di ghiaccio, disposte a mo di igloo e di caverne aborigene tali da avere assicurato ad alcuni uomini la possibilità di respirare e di sopravvivere, giacciono diecine di morti.
Estremamente assennata è la decisione della autorità di bacino di svuotare le dighe abruzzesi, tra l’altro, tra le più grandi d’Europa, a partire da quella di Campotosto nella valle dell’Aterno, alle dighe di Guardiagrele, di Bomba a quella sul Trigno e speriamo anche sul Biferno e sul Fortore.
Naturalmente non basta lo svuotamento delle dighe, occorre procedere ad un rinforzo di tutte le arginature, in particolare a quelle ubicate in Calabria e in Sicilia, soprattutto in un momento in cui, con lo scioglimento delle neve, il volume dell’acque si gonfia sino all’incredibile e allo storicamente inedito.
Una croce al posto dell’audacia dell’uomo.
di Franco Cianci (da ilbenecomune.it)