• 18 Ottobre 2016

L’otto marzo

“La parità di genere è una questione di civiltà, deve riguardare tutti”

di Micaela Fanelli 

8 marzo 2017

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Gli uomini che hanno fatto la Resistenza sono stati la prima generazione a scoprire che la credenza secolare della fragilità femminile, della subalternità “naturale”, dell’obbedienza al maschile, altro non era che un mito coltivato nei secoli. Scoprirono che le donne erano capaci di autonomia, di coraggio, di intuito, di inventiva. Le ebbero materialmente vicine – e protagoniste – nei momenti più bui della storia di questo Paese. Mentre, infatti, gli uomini nascevano al mondo trovandolo predisposto ad accoglierli naturalmente ovunque, e soprattutto nei luoghi del comando, le donne hanno dovuto reagire e per decenni, scalando montagne, sono diventate fisiche, magistrate, ingegnere, astronaute. 

Hanno compiuto passi enormi verso la parità, ma non hanno ancora vinto la loro (la nostra) battaglia, perché sono tuttora svantaggiate in molti campi, dai servizi, al lavoro, alle pensioni, all’accesso alle maggiori cariche pubbliche. C’è ancora un percorso da compiere, nella politica, nelle istituzioni, nella società, nel privato. Un percorso che ci riguarda tutti ed al quale tutti dobbiamo contribuire, se vogliamo che cambi davvero la “cultura“ del nostro Paese, ancora affetta da un eccessivo maschilismo e non priva di perduranti pregiudizi.

La grave situazione economica mondiale, le crisi che si succedono, il drammatico problema dei migranti, la violenza che percorre quasi tutti i Paesi d’Europa e del mondo, gli egoismi nazionali che si risvegliano, sono fenomeni che storicamente hanno colpito sempre e prima di tutto, i soggetti più deboli, i lavoratori, le donne, i “diversi”. A tutto questo, che oggi rappresenta uno dei maggiori problemi a livello mondiale, occorre reagire con forza e convinzione e con la partecipazione di tutti, se non si vuol consentire che si allontani ancora il raggiungimento degli obiettivi indicati da una norma fondamentale della Costituzione italiana, l’art.3.

L’ANPI, che ha seguito, condiviso e sostenuto il percorso delle donne, vede oggi con sgomento che, nel dilagare dell’ignoranza, dell’analfabetismo di ritorno, dell’individualismo più sfrenato, tornano sentimenti che arrivano alla negazione di diritti conquistati con molto coraggio e fatica, sentimenti che arrivano alla violenza sessuale e all’assassinio: quasi ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo che la ritiene sua proprietà. 

L’ANPI considera indispensabile una seria riflessione e una decisa capacità di reagire alla violenza maschile quale che sia la forma in cui si esprime. Ed è urgente una risposta istituzionale, politica, culturale e sociale per difendere la parità di genere, i diritti, la dignità, la vita di tutte e di tutti. È il grande tema della libertà e dell’uguaglianza, cioè l’anima stessa della Costituzione. È una questione di civiltà. 

di La Segreteria Nazionale Anpi

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