• 24 Ottobre 2016

Centonove anni fa la tragedia di Monongah

Il Molise la regione che ha pagato il prezzo più alto

di Miriam Iacovantuono (da moliseweb.it)

07 dicembre 2016

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Era il 6 dicembre del 1907 quando, in una piccola miniera di carbone nel Comune di Monongah, nella Virginia Occidentale, ci fu il più drammatico disastro minerario degli Stati Uniti d’America. Due esplosioni, una di seguito all’altra, si verificarono alle dieci e ventotto e coinvolsero le gallerie 6 e 8 della miniera della Fairmont Coal Company, di proprietà della Consolidaded Coal Mine of Baltimore. Le terribili deflagrazioni fecero tremare la terra e l’eco venne avvertita fino a venti miglia di distanza. 350 le persone che persero la vita in quella tragedia e la maggior parte – 171 con la precisione – erano italiani. Anche il Molise pagò un caro prezzo, infatti 87 furono i minatori molisani che persero la vita in quella circostanza e la comunità drammaticamente più colpita fu Duronia con 36 morti e con la vittima più giovane che aveva solo 12 anni.

Gli altri comuni molisani coinvolti furono Frosolone (con 20 morti), Fossalto (8), Torella del Sannio (12), Bagnoli del Trigno (3), Vastogirardi (1), Pietracatella (7).

La tragedia di Monongah rappresenta uno dei capitoli più crudeli della storia dell’emigrazione del mondo e in particolare degli Stati Unita d’America, dove in quell’oscuro inizio di secolo gli italiani, che andavano per cercare fortuna, venivano trattati come merce, dove non esisteva il minimo rispetto per la dignità umana dei milioni di immigrati in cerca di lavoro e dove l’avidità del potere economico fu la causa principale di tante tragedie e di tanta conflittualità sociale.

In quella miniera i minatori estraevano carbone e ardesia. Ci lavoravano grandi e piccoli. Ogni uomo regolarmente assunto e con il bottone di ottone, che riportava la sua matricola, appuntato sul petto portava con se almeno due aiutanti, erano adolescenti o bambini, la loro discesa sotto terra non era registrata da nessuna parte. Gli adulti guadagnavano 10 centesimi l’ora, i ragazzini ricevevano una mancia legata alla quantità di carbone che portavano in superficie. Vivevano in baracche di legno ricoperte di carta catramata, in dieci per stanza, pagando anche dieci dollari al mese, metà dello stipendio.

Ancora oggi non risulta che siano state accertate le vere cause della deflagrazione. I molisani sentono tuttora, nel proprio tessuto storico e sociale più autentico il lacerante dolore delle ferite inferte dai caduti di Monongah, di Marcinelle e da tutti gli altri caduti del Canada, dell’Argentina, della Svizzera e degli altri Paesi dove i molisani sono stati costretti ad emigrare per sopravvivere.

Quello che ora ci rimane è la conta dei morti. Sono ormai passati 109 anni da quel venerdì in cui si è consumato il disastro minerario più grave negli Stati Uniti. Per molto tempo i morti di Monongah sono stati soltanto i nomi, oggi erosi dal tempo, incisi sulle lapidi nel piccolo cimitero del paese. Li hanno seppelliti l’uno accanto all’altro su una collinetta verde sotto l’ombra di un pino a fare un po’ d’ombra.

I 171 emigrati italiani erano partiti accompagnati da sogni e speranze e nessuno poteva immaginare un destino che li avrebbe visti morire nel piccolo paese dal nome indiano-americano, Monongah.

Oggi i paesi molisani coinvolti hanno dedicato ai loro compaesani deceduti dei monumenti che ricordano il loro sacrificio e che rappresenta un legame con quello che è stato.

di Miriam Iacovantuono (da moliseweb.it)