• 24 Ottobre 2016

Clinton, la sinistra che fa la destra perde

La vittoria di Donald Trump non è più un campanello d’allarme, ma il compimento

di  Nicola Fratoianni (da huffingtonpost.it)

10 novembre 2016

Back

La peggiore delle previsioni si è avverata. La vittoria di Donald Trump non è più un campanello d’allarme, ma il compimento. La rappresentazione di quello che ormai da tempo in molti temiamo. Innanzitutto, che c’è una destra che cambia pelle. Dopo aver santificato e imposto la globalizzazione e spiegato che i dogmi del neoliberismo avrebbero migliorato il mondo, oggi si riscopre protezionista (ma senza abbandonare i dogmi del liberismo, dalle privatizzazioni in giù). E su questa scia incrocia xenofobia, razzismo e schegge di fascismo. 

E in secondo luogo, che tutto questo accade perché c’è una cosiddetta sinistra che da oltre venti anni ormai non impara la lezione e si affanna nel frequentare (simbolicamente e meno) i luoghi dell’establishment finanziario, proponendo come medicina al disastro sociale combinato dal neoliberismo, lo stesso virus responsabile dell’infezione: le privatizzazioni selvagge, i regali alle grandi imprese, i Jobs Act, le riforme che riducono la democrazia.

Senza scomodare Papa Francesco e il suo ultimo monito sulla “bancarotta dell’umanità”, sarebbe bastato leggere uno degli ultimi autorevoli pensatori americani, Tony Judt, che poco prima della sua morte, qualche anno fa, aveva ben spiegato come la politica della paura stesse erodendo la società in cui viviamo, e come questa fosse il primo e più importante effetto delle ricette economiche propagatesi dagli Usa fino a noi, negli ultimi 30 anni.

Nominiamo i problemi: povertà, disuguaglianze crescenti, disoccupazione, precarietà, mancanza di diritti (a partire dal diritto alla formazione, a prescindere dal censo della famiglia in cui nasci). Se le risposte alle enormi questioni sociali in campo sono utilizzare miliardi di euro per salvare le banche, o la privatizzazione dei beni comuni (acqua in testa) o ancora i regali alle imprese con il Jobs Act, come accade in Italia, mi pare abbastanza chiaro che vincono la paura e le destre che la interpretano.

Hillary Clinton, dunque, era la candidata sbagliata innanzitutto per questa ragione. Perché se la cosiddetta sinistra si muove nel quadro delle compatibilità perde e perde male. Se la cosiddetta sinistra si occupa delle banche, dell’establishment, dell’economia finanziaria produce un moto di rigetto e perde. 

Se la cosiddetta sinistra si impicca all’etica della responsabilità (che poi si tratta sempre della responsabilità funzionale ai più forti) abbandona le sue radici e la sua storia, con i risultati che mi pare siano squadernati sotto gli occhi di tutti. La cosiddetta sinistra che dice che “non c’è alternativa” al liberismo, poi consegna l’alternativa ai vari Donald Trump.

È sulla base di questa analisi che nel 2001 eravamo a Genova in piazza contro una idea di globalizzazione che era di fatto una riorganizzazione in senso finanziario del capitalismo e che molti (anche nella cosiddetta sinistra) in quegli anni osannavano. È sulla base di questa analisi che fin dal 1999 i movimenti fanno battaglie contro l’Europa della finanza e dei tecnocrati. È sulla base di questa analisi che nel 2014 ho fatto una battaglia insieme a molti altri nel congresso di SEL per sostenere Alexis Tsipras alle elezioni europee. Occorre produrre una scossa, una rottura. Svegliarsi prima che sia troppo tardi.

Ho letto con piacere (finalmente) le dichiarazioni di Pierluigi Bersani in tal senso. Bene, soprattutto se si prende consapevolezza che i problemi di cui discutiamo sono presenti già da anni e si sono aggravati con il capolavoro del governo Monti nel 2011. Un appello a Pierluigi e non solo. Un appello a tutti coloro che nel campo della Sinistra e dei democratici voteranno No al referendum costituzionale. Un appello ai movimenti che tutelano i beni comuni, a quelli ambientalisti, a quelli per i diritti. Un appello alle reti che si muovono nelle città e nei territori e provano a opporsi al neoliberismo e alle sue logiche predatorie. 

Il No sia un atto costituente. La riforma proposta da Renzi è l’ennesimo virus che aggrava la malattia, perché mette nelle mani di pochi (dei soliti noti) tutto il potere politico ed economico. Se c’è questa consapevolezza, se si fa strada la convinzione che non esiste più alcuna possibilità di terze vie, bisogna essere conseguenti e mettere in campo sin da subito una proposta radicale, alternativa. Occorre fare come Bernie Sanders, tanto per rimanere con lo sguardo agli Usa, o come in altri paesi europei, da Corbyn a Podemos, a Syriza. La sinistra torna a dare speranza quando rompe con il paradigma riformista che non esiste più nella società prima ancora prima che nella politica.

Già dal 5 dicembre si chiuda definitivamente la stagione della sinistra che scimmiotta la destra liberista. Anche perché dopo Donald Trump, all’orizzonte si staglia Marine Le Pen e mi pare che il tempo sia scaduto.

di  Nicola Fratoianni (da huffingtonpost.it)