Uscire dal mobbing
Giorni fa l’ennesimo atto di violenza prevaricatrice di una ragazza nei confronti di una sua coetanea
di Umberto Berardo
08 novembre 2016
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Alcuni giorni fa ci è capitato di vedere su Facebook l’ennesimo atto di violenza prevaricatrice di una ragazza nei confronti di una sua coetanea all’uscita da una scuola in Sardegna senza che nessuno del gruppo numeroso di coetanei che vi assisteva muovesse un dito in difesa della vittima .
Comportamenti aggressivi di natura verbale, psichica o fisica nei confronti altrui sono rilevabili in età preadolescenziale ed adolescenziale, ma anche in quella adulta.
Il bullismo, lo stalking, il nonnismo, il bossing, l’omofobia, il femminicidio sono in realtà forme diversificate di un atteggiamento di erronea autostima che ispira comportamenti violenti di prepotenza umiliante nei confronti di altri.
Il fenomeno ormai dilaga, anche grazie al ciber-bullismo, fino ad interessare più di un quinto degli adolescenti, ed ha conseguenze gravi che portano talora le vittime anche al suicidio.
Internet ovviamente amplifica nello spazio e nel tempo gli esiti devastanti sulle vittime che non sempre sono capaci di difendersi ricorrendo all’aiuto della famiglia, della scuola o di un avvocato.
Il branco, reale o virtuale, costituisce poi un forte elemento fiancheggiatore nel sostegno al bullo e nella denigrazione della vittima.
Il mondo intellettuale e scientifico ha gravi responsabilità nella diffusione del fenomeno, affrontato analiticamente nelle cause e negli effetti solo a partire dalla metà del secolo scorso.
Se il soggetto prevaricatore è mosso da eccessiva autostima, da narcisismo, da invidie o da risentimenti e la vittima è afflitta da debolezza nelle risposte, da timidezza, umiliazione, imbarazzo o vergogna, è chiaro che in entrambi i casi esistono forme di alienazione della personalità in gran parte derivanti dall’assenza di un’adeguata azione educativa della famiglia e della scuola, ma anche dalla mancanza di forme di deterrenza utili a scoraggiare, ma soprattutto a prevenire le manifestazioni di violenza di cui stiamo parlando.
È chiaro allora che i mezzi d’informazione hanno il dovere d’informare adeguatamente l’opinione pubblica perché si eviti di sottovalutare il problema, ma se ne riconosca la gravità psicologica e sociale.
Studiarne attentamente le cause, gli aspetti e le conseguenze è compito fondamentale a livello scientifico.
Sul piano pedagogico e didattico la famiglia, la scuola e tutte le associazioni di natura culturale, religiosa, sportiva e ricreativa devono farsi carico degli aspetti educativi intesi a creare in tutti un rispetto pieno e convinto della dignità personale di ogni essere umano.
Questo lavoro va affiancato da un’autocoscienza sulla necessità di una condanna morale di ogni fenomeno di violenza esercitato nei confronti degli altri che deve inserirsi all’interno dell’educazione alla legalità ed alla cittadinanza responsabile e solidale.
È evidente che rispetto al mobbing c’è anche necessità di deterrenza e di repressione nei confronti di aspetti che si presentano come dei reati verso la persona.
Purtroppo ancora oggi nei confronti di taluni tipi di violenza psicologica, di vessazioni o di angherie non abbiamo possibili relazioni ad una chiara normativa europea e neppure in Italia c’è una legislazione con riferimenti specifici se non ad alcune forme di aggressioni per le quali si può fare riferimento al codice penale previa querela.
Su internet, poi, nonostante il lavoro della Polizia Postale, le forme di controllo talora risultano difficili.
La senatrice Elena Ferrara lo scorso anno ha presentato come prima firmataria il progetto di legge n. 1261 per prevenire e contrastare bullismo e ciber-bullismo.
Il percorso della legge è parecchio difficile in quanto taluni, come la relatrice, vorrebbero prevedere possibili percorsi riparatori ed educativi di reinserimento per i reati relativi, mentre altri pensano a forme di aggravanti degli stessi con la richiesta di cancellazione immediata di contenuti sgraditi o offensivi sul web ed una relativa sanzione amministrativa o il carcere.
È auspicabile che sul bullismo e più in generale sul mobbing la prevenzione sia la via prevalente, ma occorre anche tutelare seriamente quanti sono vittima, nella realtà e su internet, di comportamenti prepotenti e devastatori nei confronti della personalità altrui.
Gli obiettivi da porsi al riguardo sono due: studiare il fenomeno in profondità e coinvolgere tutte le agenzie educative in un’azione forte per la costruzione nei giovani di una soggettività matura, ma anche di relazioni umane positive.
di Umberto Berardo