• 26 Aprile 2017

Al Teatro Savoia l’attore molisano Giorgio Careccia

L’attore racconta la sua “Caparra”, quando la realtà supera la finzione

di Laura D’Ambrosio (da moliseweb.it)

4 ottobre 2017

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Il prossimo 6 ottobre, al Teatro Savoia il sipario si alzerà per la messa in scena de “La Caparra” dove i riflettori torneranno ad accendersi sul Molise protagonista a partire proprio dall’autore del testo teatrale e dal suo unico interprete. Sulla ribalta il personaggio di Giovanni Zuccolitti, in un monologo scritto e diretto da Adelchi Battista che ha cucito ad arte la figura di un ferrazzanese emigrante sull’attore Giorgio Careccia.

Quest’ultimo dopo la sua escalation di successi dentro e fuori dall’Italia nel teatro e nel cinema – degne di nota le sue partecipazioni ai film di Salvatores, Castellitto e all’ultimo Vallanzasca che lo ha portato a calcare finanche il tappeto rosso del Festival del Cinema di Venezia tra i grandi – nel 2014, fa ritorno in Molise “per recuperare quell’equilibrio che sentivo di aver perso, necessario per poter continuare a recitare, e che solamente tornando a casa avrei ritrovato” afferma Careccia durante un’intervista in redazione. Un molisano che ha deciso di non montarsi la testa conservando la sua umiltà e che soprattutto dimostra di essere innamorato di questa terra e al quale, l’invito dello scrittore Battista arriva proprio a compimento di questo viaggio di ritorno da se stesso e in se stesso. “Quando Adelchi mi propose di interpretare il personaggio di un ferrazzanese emigrante alla scoperta del sogno americano, acconsentii immediatamente e una volta letto il testo non riuscii a terminarlo senza piangere”, descrive così le sue emozioni l’attore molisano – “Adelchi è stato un sarto perfetto nel cucirmi questo personaggio che sono fiero di interpretare soprattutto perché reale”. “La Caparra”, infatti, nasce da uno studio attento e meticoloso di documenti e tradizioni orali che, come in un collage perfetto, ricostruisce le cronache di uno spaccato dell’emigrazione molisana nel periodo post unitario. Giovanni Zuccoletti nel 1901 decide di trasferirsi negli Stati Uniti dove in seguito sposerà Alfonsina Capeccia, vivendo in prima persona la tragedia della miniera di carbone a Monongah nella quale persero la vita circa un centinaio di suoi corregionali.

Un tema quello dell’esodo forzato che, a distanza di più di cento anni dalle vicende raccontate ne “La Caparra”, resta quanto mai attuale. Speme e morte si intrecciano secondo un gioco perverso dove a perdere sono sempre i più deboli. Le enormi navi che giungevano a Ellis Island nel 1900, porto d’approdo ma soprattutto di speranza per tanti italiani emigranti in cerca di lavoro, si sono trasformate in barchette strette e anguste con ben altri passeggeri a bordo che lasciano la loro terra per altri motivi e sui quali i riflettori non si accendono se non per annunciarne la morte quotidiana che ha smesso anche di fare notizia. Passeggeri invisibili di un viaggio verso Lampedusa che ha sempre più le sembianze di una sfida col destino, quando non è un appuntamento fisso con la morte. “Ce ne sono tanti di Giovanni Zuccolitti oggi che rappresentano la povertà, la speranza, ma anche le vittime dell’ignoranza di una società che ha finito per farli diventare i capri espiatori di tutti i mali – afferma Careccia, corrugando la fronte nel mostrare il suo disappunto – Quegli stessi mali che ci sono sempre stati, ma che ora necessitano di trovare nuovi ingiustificati colpevoli per tenere ipocritamente a bada tutti”. 

Vien da chiedersi se magari questo crudo realismo in cui siamo immersi quotidianamente, e del quale il più delle volte preferiamo essere vigliaccamente spettatori, fosse solo una grande commedia recitata sulla quale basterebbe far calare il sipario per porgli fine.

Ne “La Caparra” la realtà si veste di storia, di testimonianze, di fatti realmente accaduti, su un palcoscenico qual è quello del teatro che il più delle volte ospita finzione. Uno specchio che, questa volta, riflette lo spaccato di un’Italia post unitaria povera in contrasto con il decollo del capitalismo moderno americano.

Lo scrittore Battista noto soprattutto per i suoi romanzi dal linguaggio aulico e sferzante al punto giusto e l’attore Careccia talento artistico figlio di un Molise che ne ha partoriti tanti, insieme in uno spettacolo che ha fatto già il giro della regione e torna ad animare il teatro cittadino questo venerdì in due appuntamenti: la mattina alle 10 e in replica la sera alle 21.

di Laura D’Ambrosio (da moliseweb.it)

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