• 26 Aprile 2017

ISA KHAN

Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

5 giugno 2017

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BREVE PREMESSA. Un racconto storico per esaltare l’abilità, l’intelligenza e l’orgoglio del popolo bengalese. Non conosco le circostanze della composizione di questa novella, ma posso immaginare che il nostro ex p. Lucio Ceci l’abbia scritta subito dopo la guerra di liberazione dal Pakistan. Il racconto apre una finestra su un periodo splendido della storia del sub continente indiano, che risale a più di 300 anni fa. I personaggi elencati, a cominciare dall’imperatore Akbar, dal suo generalissimo Man Shingh e dal protagonista Isa Khan sono tutti personaggi storici. Digitando i loro nomi su internet, si aprono delle pagine di storia, di cui tanti in Occidente non sono a conoscenza. Ricordo che nei miei anni giovanili di studio (può darsi che le cose adesso siano cambiate) la conoscenza storica era tutta incentrata sui popoli del Mediterraneo ed europei, apertasi poi sull’Atlantico, dopo la scoperta delle Americhe. Ma dello sconfinato e meraviglioso mondo orientale ben poco si sapeva. Penso sia quanto mai opportuno cogliere le occasioni per colmare certe lacune.

Trecento anni fa l’imperatore Akbar regnava sul continente indiano, ma non fu mai in grado di conquistare la regione del Bengala. Un giorno il generale in capo Man Shingh disse: “Moharaj (grande re), nel giro di un mese io sono in grado di conquistare la regione del Bengala”. Akbar lo mise in guardia dicendo: “Tu non conosci quel popolo. Finché l’orso non ti assale, tu non capirai quanto terribili siano le sue unghie. Finora quelli che sono andati a disturbarli, non sono tornati indietro senza perdere la faccia”. Man Shingh ribatté: “Ma io non ero ancora diventato generale!” L’imperatore acconsentì dicendo: “D’accordo! Va, sottometti la regione del Bengala e torna indietro, purché non ne vada di mezzo il nostro onore”.

Man Shingh intraprese la spedizione contro il Bengala, ma prima ancora che partisse, il governatore Isa Khan ne era venuto a conoscenza. Egli aveva alcune cornacchie addomesticate. Furono loro a portare la notizia. Tutte le spie che Man Shingh aveva inviato al di qua del confine, erano state tutte catturate come bambini. Man Shingh rimase intrappolato. Con quale strategia assalirà il nemico e qual sia il punto debole dell’esercito di Isa Khan, egli non lo sa. Gli venne in mente un’idea. I contadini stavano tagliando il riso nei campi. Ne chiamò due e disse loro: “Non c’è nessun uomo così codardo come il vostro Isa Khan. Sta fuggendo come uno sciacallo”. Quella stessa notte le parole di Man Shingh giunsero all’orecchio di Isa Khan.

Nel cuore della stessa notte Man Shingh era immerso in un sonno profondo. Ad un certo momento qualcuno lo svegliò. Egli andò per afferrare la spada, ma non la trovò. Quell’uomo disse: “La tua spada è nelle mie mani, prendila! Io sono un messaggero di Isa Khan. Egli mi ha detto di consegnarti questa lettera. Sarà contento se riceverà una risposta”. Man Shingh rimase sorpreso. L’uomo era arrivato passando in mezzo a due sentinelle, sul suo volto non c’era nessun segno di paura e sembrava divertirsi come se guardasse un gioco di bambini… Man Shingh lesse la lettera: “Ti faccio tanti auguri di successo! Io e i miei soldati non siamo codardi, tuttavia se il bisogno non incalza, io non ho nessuna voglia di mettere in pericolo né la mia vita né quella dei miei soldati. Se hai fegato, vieni, combattiamo noi due e chi vince andrà in possesso di questa terra”.

Man Shingh non aveva altra scelta che accettare la sfida. Tre giorni dopo, al cospetto dei due eserciti incominciò il loro duello. Man Shingh esordì: “Forza, fatti avanti!” Isa Khan rispose: “Se uno non mi colpisce per primo, io non lo attacco”. Allora Man Shingh passò all’attacco. Vedendo la straordinaria abilità dei due combattenti tutti rimasero stupefatti. Improvvisamente Isa Khan colpì con tale abilità il nemico da spezzargli la spada. Man Shingh pensò tra sé e sé: “Adesso non c’è via di scampo per me!” Ma Isa Khan, lasciando cadere la propria spada, disse: “Prendi la mia spada, io vado a procurarmene un’altra”. Man Shingh rispose: “Ho visto il Bengala! Questa volta ho potuto conoscere gli uomini del Bengala. No, non combatterò più. Da oggi in poi difenderò la vostra libertà anche a prezzo della vita”.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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