Senza cultura la vita è più dura…e anche più triste
Editoriale del numero di maggio 2017 de “Il Bene Comune”
di Antonio Ruggieri (da “Il Bene Comune” di maggio 2017)
19 giugno 2017
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Non è solo più dura la vita senza cultura, come “strilliamo” in copertina… è anche più triste.
E noi, nel piccolo, tenero e marginale lembo di terra che abitiamo, lo sappiamo bene. Viviamo con un profilo basso, ammorbati da un provincialismo nemico della felicità, che ha fatto della grossolanità la sua cifra distintiva e che per irradiarsi così pervasivamente come s’irradia, ha bisogno del collateralismo complice d’insegnanti a mezzo servizio, d’intellettuali da social network, ma, innanzitutto, di Amministratori incravattati che girano senza sosta fra conferenze, convegni, cene conviviali e inaugurazioni, essi lautamente retribuiti, a spiegare ai nostri giovani affamati di reddito e di futuro, che le risorse sono poche, ma che arriveranno tempi migliori se ci affi deremo a loro, mani e piedi legati.
Così, con un impatto a bassa intensità, si alimenta il disincanto e l’apatia e, addirittura senza intenzione, si diffonde la tristezza; per sé medesimi, per la propria condizione e per la comunità alla quale si appartiene. La cultura è un settore produttivo che da parte Pubblica andrebbe trattata come gli altri, come l’edilizia o la metalmeccanica; e come desterebbe scandalo che gli edifici fossero costruiti da muratori alle prime armi e senza salario o che le automobili fossero prodotte da operai amatoriali, lo stesso dovrebbe accadere per il vilipendio reiterato perpetrato ai danni della professionalità e del decoro degli artisti e dei lavoratori dello spettacolo di questa povera regione (la maiuscola ci va “a piacere”). Da noi è subdolamente impossibile fare l’attore, il musicista o il pittore di professione, anche a dispetto dei titoli accademici esibiti e delle capacità riconosciute, in alcuni e clamorosi casi, ben oltre gli angusti confini regionali.
La programmazione strategica delle politiche culturali deve avere come obiettivo la tutela e la valorizzazione del lavoro di chi opera in questo settore, invece che l’imbonimento, il foraggiamento mirato o l’allestimento del colpo a sorpresa, come succede. I lavoratori della cultura hanno bisogno di tutela sindacale e di considerazione politica. Sono molti meno dei lavoratori della GAM o della Ittierre, è vero, ma maneggiano una materia che, se adoperata con perizia, li aiuta a ricostruire la loro prospettiva offuscata, addirittura quella lavorativa. Su questo fronte, mettendo in campo ogni nostra possibilità, in questi mesi, abbiamo avviato una vera e propria vertenza nei confronti dei decisori politici regionali: Frattura, Ioffredi, Presutti, Mogavero e Fratangelo, per non rimanere nel vago. Il 31 maggio si è chiuso l’appello che abbiamo promosso a sostegno del Teatro del Loto che, inopinatamente nella ricorrenza del decennale dalla sua fondazione, rischia di chiudere i battenti.
E poi, il 14 giugno, ancora evocativamente al Loto di Ferrazzano, saremo a fi anco di Federcultura di Confcooperative Molise, per dar forza alla sua proposta di riforma delle politiche culturali, imperniata su tre punti fondamentali.
Uno: varare una legge di settore che valorizzi e qualifichi le attività sui territori, tuteli i lavoratori che le mettono in opera e faccia ordine fra i tanti soggetti, pubblici e privati, che operano in quest’ambito.
Due: trasformare la Fondazione Molise Cultura in house della Regione, cioè da soggetto con personalità giuridica privatistica ma finanziato esclusivamente dal pubblico, che non consente nella sua compagine l’ingresso di altri, in una “fondazione di partecipazione” aperta al contributo, anche economico, di Enti pubblici e di soggetti privati; innanzitutto a quello delle nostre istituzioni di alta formazione, l’Università e il Conservatorio.
Tre: riabilitare e rilanciare il ruolo e la funzione dell’Assessorato regionale alla cultura, come spazio pubblico e partecipato per l’elaborazione delle politiche culturali.
Dell’esito di questo sforzo progettuale che stiamo producendo in questi giorni in collaborazione con diversi altri soggetti, vi daremo conto nel prossimo numero.
di Antonio Ruggieri (da “Il Bene Comune” di maggio 2017)