Primato per una dottoressa molisana
Valeria Tromba: prima donna pediatria in Italia ad applicare un sensore sottocutaneo per il monitoraggio della glicemia
di Moliseweb.it
05 gennaio 2018
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Il padre voleva che diventasse un chirurgo ma lei, Valeria Tromba, desiderava svolgere un’attività “legata alla medicina generale ma che, allo stesso tempo, riguardasse l’infanzia” e, dunque, quale scelta migliore se non quella di diventare pediatra? Una decisione sicura che si discosta da quella iniziale di voler frequentare la facoltà di medicina “la mia non è stata una di quelle passioni lampanti. Terminato il Liceo Classico di Campobasso, infatti, ero indecisa se fare l’avvocato o il dottore. Due professioni, quindi, totalmente diverse ma poi ho iniziato a frequentare medicina e mi è piaciuto. La passione, quindi, più che essere alta fin dall’inizio è aumentata strada facendo”.
E bene non potremmo mai sapere come sarebbe stata Valeria avvocato, ma sicuramente con la scelta di girare in corsia ha fatto canestro. La molisana, infatti, da qualche mese non indossa “solo” un camice bianco ma anche un primato “mi occupo, da alcuni anni, di diabetologia pediatrica con il gruppo del Policlinco Umberto I di Roma diretto dal prof. Francesco Costantino. Lo scorso novembre sono stata la prima donna pediatria in Italia ad applicare chirurgicamente un sensore sottocutaneo per il monitoraggio in continuo della glicemia. Bisogna sottolineare che questo tipo di sensore nasce per persone che hanno superato la maggiore età e, infatti, noi abbiamo svolto l’ operazione su quattro diciottenni, perchè, essendo il diabete una malattia cronica, seguiamo i pazienti da quando sono bambini fino a circa 25 anni. Il grande vantaggio del sensore sottocutaneo è che, a differenza di quelli esterni, dura per ora tre mesi e che sopra ad esso viene posto un trasmettitore in grado di comunicare con il cellulare dei pazienti. I soggetti, così, possono vedere, a differenza di ciò che accade quando viene misurata sul dito, la situazione della glicemia in ogni momento oppure il trend dell’ intera giornata. Il trasmettitore, inoltre, attraverso una vibrazione comunica se la glicemia è troppo alta o bassa e, quindi, se il paziente deve fare l’ insulina o mangiare. Noi medici in aggiunta, attraverso il computer, possiamo controllare in tempo reale la glicemia del paziente”.
Con estrema naturalezza e semplicità disarmante Valeria entra nel vivo dell’argomento “il diabete è la malattia cronico metabolica più frequente in età pediatrica. In Italia, infatti, ci sono circa 20 mila bambini, sotto i 14 anni, che hanno il diabete e non quello alimentare, di tipo 2, ma quello di tipo 1. Si tratta di una malattia autoimmune ed, in pratica, nei bambini affetti non c’è più la produzione di insulina, per cui, deve essere somministrata dall’ esterno. Negli ultimi anni nel campo della diabetologia pediatrica ci sono stati grandi progressi perché si è partiti dalle classiche iniezioni con la siringa a quelle, molto più agevoli, con le penne, fino ai microinfusori, strumenti che si applicano sul corpo e danno l’ insulina, e ai sensori che, misurando la glicemia, permettono al paziente di non dover effetture tante misurazioni sul dito”. Parole tecniche che forse perchè pronunciate con voce calma o con una postura molto delicata lasciano intravedere in Valeria una bella umanità, la stessa venuta alla luce quando le chiedo di raccontarmi un episodio che le sta a cuore “un mese dopo la specializzazione ho iniziato a lavorare in pronto soccorso.
Un giorno, mentre stava volgendo a termine un turno di notte terribile, arrivò una mamma con un bimbo di due anni che aveva la febbre da un’ora e pensai subito che il comportamento della donna fosse eccessivo ma appena spogliai il paziente notai delle macchie scure sul corpo. Lo abbiamo ripreso per i capelli perchè aveva una Sepsi Meningococcica, malattia caratterizzata da un altissimo tasso di mortalità. Mentre chiamavo aiuto il bambino ha perso conoscenza tra le mie mani e lo abbiamo ripreso letteralmente per i capelli. Un episodio che mi ha insegnato a non partire mai con un atteggiamento sbagliato”. Un grande esempio di buona sanità e professionalità, dopo il quale, i genitori del bambino hanno deciso di creare un Associazione chiamata Gli amici di Alessandro. “I medici, a dispetto dei pochi mezzi che hanno, fanno del loro meglio”. Tanti tasselli, quindi, che però da Valeria non sono visti come un punto di arrivo “due cose, soprattutto, mi sono mancate: il non aver fatto esperienza di perfezionamento all’estero e il non essere andata in Africa a svolgere attività di volontariato tra i bambini del Togo. Ma non è detto che non possa succedere in futuro”.
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