“Wwoofing, la terra ci unisce”
A Ripabottoni chiuso con effetto immediato Xenia, il centro di accoglienza straordinaria aperto un anno e mezzo fa dove vivono oltre 30 profughi integrati nella comunità. Una delegazione a Campobasso per chiedere un ripensamento sulla scelta e consegnare la petizione
da primonumero.it
11 gennaio 2018
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La notizia che la Prefettura ha chiuso il centro di accoglienza straordinaria Xenia di Ripabottoni, che ospita 32 giovani richiedenti asilo, è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Perché, anche se era nell’aria la sua dismissione – dal momento che il piccolo borgo molisano ospita anche uno Sprar e che le due realtà possono entrare in conflitto – si ipotizzava una “morte” lenta e graduale del centro, gestito dalla cooperativa Senis Hospes. A novembre era arrivata la comunicazione del Prefetto: sospesi gli arrivi allo Xenia, con la garanzia che sarebbe rimasto aperto fino a quando tutti gli ospiti fossero entrati in possesso dei documenti.
E invece lunedì scorso la “bomba”. Il viceprefetto vicario ha firmato la nota di dismissione immediata, disponendo il trasferimento “entro e non oltre giovedì 11 gennaio” dei 32 migranti, dirottati tra i centri Eden di Campobasso, il Colle di Petacciato, Il Mirage di Rotello, Roccavivara, Montecilfone, Monte San massimo, Portocannone e Castellino del Biferno. “I responsabili delle strutture di accoglienza – si legge nella nota – sono invitati a raccordarsi per assicurare il trasferimento avendo cura di avvisare i cittadini stranieri interessati e di trasmettere tutta la documentazione amministrativa e socio-sanitaria relativa ai migranti trasferiti”.
Insomma, una chiusura che arriva da un giorno all’altro, e che contrariamente a quanto si potrebbe pensare – e probabilmente caso unico in Italia – ha trovato in totale disaccordo il paese da 500 anime, che in larga parte non ci sta e chiede una “proroga”. Non solo a parole, ma con i fatti. Oggi pomeriggio Ripabottoni ha registrato una protesta pacifica alla quale hanno preso parte i migranti e i residenti, tra i quali si sono create amicizie, intrecciate storie. Come quella della mamma della piccola Maria, nata 8 mesi fa da una giovane africana e battezzata da una operatrice del centro, scelta come madrina. O come le storie dei ragazzi ospiti che cantano nel coro della chiesa, anzi delle chiese. Ce ne sono due, una cattolica e l’altra protestante, e in entrambe si è cementato un legame tra fedeli e stranieri.
C’è perfino una petizione che domani, 10 gennaio, verrà portata al Prefetto per chiedere un “ripensamento” circa la decisione di chiudere Xenia da un giorno all’altro. «In un giorno e mezzo – spiega Domenico Piedimonte, consigliere di minoranza nel borgo – sono state raccolte 150 firme». Un grande risultato, se si pensa che a Ripabottoni abitano nemmeno 500 persone. Persone che non vogliono vedere andare via i loro amici che arrivano da Paesi lontani e sconosciuti. E non vogliono vedere che di colpo 15 persone, cittadini del posto e di paesi vicini, perdono il lavoro. Già, perché chiudere il centro significa privare di una occupazione, per quanto temporanea, gli operatori che lavorano nella struttura, ospitata in un edificio della fondazione Arturo Giovannitti, il cui presidente è l’ex sindaco Michele Frenza.
Corre voce che la Prefettura abbia accelerato la decisione su pressing del primo cittadino Orazio Civetta, che con la fondazione non è esattamente in rapporti idilliaci.
Il sindaco da tempo sostiene la opportunità di chiudere il Cas, acronimo che sta per centro di accoglienza straordinaria. Non sarebbe compatibile con lo Sprar, centro di accoglienza secondario, che pure Ripabottoni ospita.
«Non riusciamo a capire perché nel giro di tre giorni bisogna trasferire tutti i ragazzi» commenta una donna accanto a uno striscione di protesta. «Specialmente – aggiunge – se dietro questa decisione c’è un cortocircuito politico che arriva a pochi mesi dalla campagna elettorale». A maggio si vota per le Amministrative, e Orazio Civetta vuole ricandidarsi alla fascia tricolore.
«Non ci aspettavamo questa forzatura» dice Domenico Piedimonte, sottolineando come «questo paese sta dando un bell’esempio di accoglienza. La consegna degli attestati di primo soccorso ai giovani migranti è una dimostrazione». Sì, perché ai ragazzi del centro che hanno partecipato al corso di pronto intervento oggi pomeriggio sono stati consegnati gli attestati di partecipazione.«Non è giusto che debbano andarsene via così, divisi e smistati in altre strutture» commenta un altro cittadino. Che aggiunge: «Stanno aspettando i documenti, quando li otterranno tutti si chiuderà il centro, che problema c’è? Non sono pacchi postali».
da primonumero.it