• 1 Febbraio 2018

Manifesto della Cultura per il Futuro del Molise

Conferenza stampa per la presentazione del Manifesto: Venerdì 2 febbraio p.v., alle ore 12, presso la Libreria Mondadori di via Pietrunto a Campobasso

di Uff. St. de “Il Bene Comune”

02 febbraio 2018

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Venerdì 2 febbraio p.v., alle ore 12, presso la Libreria Mondadori di via Pietrunto a Campobasso, avrà luogo una conferenza stampa per la presentazione del Manifesto della cultura per il futuro del Molise, pubblicato sul sito internet della rivista culturale il Bene Comune (https://www.ilbenecomune.it/2018/01/22/leggi-e-sottoscrivi-il-manifesto-della-cultura-per-il-futuro-del-molise/).

Il “Manifesto”, scritto a più mani da accademici, esperti ed operatori culturali che collaborano con il Bene Comune, vuole essere una proposta programmatica articolata e concreta agli schieramenti politici che si contenderanno il governo della Regione. 

All’incontro con la stampa, fra i firmatari, prenderanno parte: 

Bindi Letizia – Antropologa, docente dell’Università del Molise 

Caccia Antonietta – Presidente del Circolo della zampogna di Scapoli

Massullo Gino – storico, direttore di Glocale

Antonio Ruggieri – giornalista, direttore de il Bene Comune

MANIFESTO DELLA CULTURA PER IL FUTURO DEL MOLISE

Lo scenario

La politica, sempre più condizionata dal potere finanziario internazionale, messa in difficoltà dal perduto allineamento tra confini nazionali e quelli dei mercati delle merci, del lavoro, del denaro, della comunicazione, è in crisi evidente in tutto il mondo occidentale, nel quale essa si era finora espressa nelle forme della partecipazione e della democrazia rappresentativa.

I partiti politici, perduta la loro funzione novecentesca di grandi organismi di massa per la partecipazione al potere politico, per la formazione delle élites di governo, per l’organizzazione del consenso e l’esercizio di egemonia nella realizzazione del presente e nella prefigurazione del futuro sulla base della individuazione dei bisogni collettivi, sono ridotti a comitati elettorali.

La rinuncia ad ogni visione prospettica, al compito di produzione di futuro, esime  la classe dirigente da ogni elaborazione intellettuale, da ogni  rapporto con la ricerca scientifica, in nome del sondaggismo sull’umore popolare del momento, del rapporto mediatico privo di approfondimento con il cittadino, complice un sistema della comunicazione di basso profilo anch’esso appiattito sul presente, sull’avvenimento, sul sensazionalismo dell’eterna emergenza. Il risultato è la dimensione populista del rapporto diretto e personale tra leader politico ed elettore.

Una politica senza cultura

Mai nella storia dell’Italia repubblicana più profondo è stato lo iato tra politica e cultura, tra politici e intellettuali. Relegati, questi ultimi, nel migliore dei casi, a compiti di gestione tecnica di servizi culturali, ma più spesso e con maggiore visibilità a quello di animatori del teatrino urlante del più becero talk show televisivo o, magari, all’altro di assennati dispensatori di banali opinioni, prive di approfondimento e complessità. Quelli che si sottraggono alla vetrina massmediatica applicandosi alle fatiche della ricerca per comprendere la complessità del reale nel rifiuto della semplificazione, restano inascoltati.

Con lo sguardo a Sud

Questo iato tra politica e cultura è, se possibile, ancora più evidente in riferimento al Sud del nostro paese, troppo spesso descritto da sedicenti divulgatori, nei termini scientificamente ormai desueti  dei meridionalisti di fine Ottocento, come indifferenziato luogo di arretratezza, di assenza di senso civico, di criminalità; aspetti deteriori spesso attribuiti ad una sorta di atavica, quasi genetica e dunque irredimibile diversità antropologica. I problemi del Mezzogiorno, certo molti e gravissimi, andrebbero letti non in relazione a pretesi retaggi storici plurisecolari di arretratezza, ma ai cambiamenti imposti dalla modernità. Tra i quali, in particolare: il crollo antropologico di una intera società indotto da un’emigrazione forzata dalle dimensioni dell’esodo dalle zone interne dell’”osso” del territorio meridionale verso le aree industriali italiane e internazionali, frutto avvelenato di un modello di sviluppo avviato negli anni Cinquanta e ancora in atto; una politica neocorporativa e clientelare che se ha nei decenni del secondo dopoguerra certo portato il Sud fuori da miseria e arretratezza diffusa, ha comportato il costo pesantissimo dell’affermazione di una “cultura” dell’assistenzialismo clientelare quasi al livello di una mutazione antropologica nella quale l’identità del cliente fruitore di favori ha prevalso su quella del cittadino portatore di diritti; un modello di industrializzazione fatto per “cattedrali nel deserto”, o poli e aree industriali finanziate, progettate e realizzate spesso con gravissimi costi ambientali, alcune mai decollate e altre presto entrate in crisi per i cambiamenti intervenuti sui mercati internazionali; infine, l’ingiustizia delle politiche neoliberiste degli ultimi decenni che hanno approfondito il divario tra ricchezza e povertà tra gli individui, le famiglie, i  territori. Problemi che andrebbero visti e affrontati nella diversificazione spaziale di un Mezzogiorno plurale, come anche alla luce dei dinamismi che sul complesso del territorio meridionale è possibile individuare, delle potenzialità in esso presenti e non valorizzate, nella direzione di uno modello societario e produttivo capace di coniugare sviluppo e diritti, primi fra tutti quello alla tutela ambientale dei territori e quello, connesso, delle nuove generazioni ad avere un futuro.

Il minaccioso orizzonte molisano

Quello che vale in generale per il Sud vale per il nostro Molise. In esso anzi, in relazione alla sua stessa storia economica, sociale, politica e amministrativa, le contraddizioni e i problemi a cui abbiamo accennato, in particolare il crollo demografico, la forte dipendenza dalla spesa pubblica del processo locale di modernizzazione, le carenze infrastrutturali, i limiti strategici del movimento regionalista, quelli di un ceto politico soprattutto intento alla propria riproduzione, appaiono ancora più evidenti e drammatici. Le risposte che si intravedono nel dibattito politico mediatico locale risultano pressoché unicamente improntate all’ingegneria amministrativa e a quella elettorale. Si discute di nuova dimensione regionale giocando alla roulette di fantasiosi accorpamenti territoriali. Si ipotizzano collegi elettorali più o meno utili in termini di seggi da acquisire da parte di questo o quel raggruppamento politico.

Non si discute mai, o comunque troppo poco e superficialmente, di contenuti, di programmi politico-amministrativi per un nuovo modello di sviluppo locale, delle alleanze sociali che possano sostenere quel modello e inverarlo. Al contrario, di fronte alla crisi evidente del blocco sociale conservatore fondato sul sottosviluppo assistito, oggi non più sostenibile per il ridimensionamento dei trasferimenti economici nazionali ed europei e per l’ancora persistente e strutturale crisi economica, è assolutamente necessario individuare un nuovo modello di sviluppo locale autopropulsivo ed ecosostenibile capace, interagendo con la dimensione globale, di valorizzare le risorse antropologiche, naturalistiche, ambientali, energetiche e culturali del Molise. Su questo piano un contributo sostanzioso potrebbe e dovrebbe darlo la Chiesa, con la sua radicata e pervasiva presenza territoriale, oltretutto ottemperando alla prospettiva analitica, programmatica e spirituale contenuta nell’enciclica “Laudato sì” di papa Francesco. Solo in relazione a questo nuovo modello di sviluppo – sia detto per inciso – ha senso ipotizzare una struttura territoriale molisana finalmente davvero integrata mediante strutturate gerarchie territoriali, adeguati poli direzionali, funzionali direttrici di viabilità, prima ancora di decidere in quale nuova compagine amministrativa regionale il Molise dovrà trovare eventualmente posto. È necessario essere capaci di aggregare intorno ad un nuovo originale modello di sviluppo locale un altrettanto nuovo blocco sociale guardando, senza pregiudiziali preclusioni, a tutti i settori sociali che compongono la società molisana; da quelli più immediatamente interessati e coinvolti nelle ipotesi, nelle sperimentazioni già in atto per una nuova economia che, guardando alla qualità dello sviluppo e non soltanto alla quantità di una crescita fine a se stessa, sia capace di superare la doppia crisi economica ed ambientale in atto, a quelli ancora coinvolti, in forma subalterna, nel tradizionale modello economico e di costruzione del consenso che la politica in forme a volte rinnovate sostanzialmente ancora perpetua, non riuscendo però a garantire più a loro e in prospettiva ai loro figli lavoro e welfare, neppure nella poco dignitosa ed esiziale forma dell’assistenzialismo clientelare. Per riuscire in questo difficile compito è necessario in via prioritaria riconnettere la politica – restituita alla sua più alta funzione di governo della complessità e di progettazione per la trasformazione della società – alla cultura, anch’essa ricollocata nella sua funzione sociale. È necessario far interloquire, nel merito delle questioni all’ordine del giorno, politici e intellettuali. Dal canto loro gli intellettuali e gli operatori culturali a vario titolo impegnati nella società – rifuggendo dalla tentazione ricorrente, pure forte e comprensibile, di chiusura in una nuova “Società degli Apoti” – debbono assumere il ruolo di forze al servizio della collettività nell’esercizio di quella visione prospettica che al momento alla politica manca, che la politica  non riesce ad esprimere. Gli intellettuali recuperando l’accumulazione scientifica già esistente e producendo ulteriore ricerca, possono elaborare un circostanziato progetto di sviluppo locale nella direzione del miglioramento della qualità della vita dei singoli, della collettività, della valorizzazione dei luoghi e dei territori, nel rispetto della natura e della vita stessa del pianeta. Debbono proporre la loro elaborazione alla discussione pubblica e alla politica.

L’”intellettuale collettivo” di cui abbiamo bisogno

Da queste ragioni scaturisce questo Manifesto della cultura per il futuro del Molise da sottoporre ai cittadini perché lo discutano e lo sottoscrivano. Un Manifesto da portare poi al confronto pubblico con la politica. Un Manifesto non per un nuovo partito sia chiaro, ma come servizio alla società per l’individuazione e la condivisione di contenuti programmatici analiticamente descritti per ogni settore della vita del cittadino, da quelli della produzione e del lavoro, della demografia e della mobilità territoriale, delle reti infrastrutturali, del welfare, della sanità, delle politiche culturali, a quelli della valorizzazione del patrimonio antropologico culturale, dell’istruzione e della formazione, del rilancio della aree interne, dello sviluppo di un turismo ecocompatibile, degli assetti urbanistici, delle politiche culturali e della comunicazione. Un Manifesto punto di avvio di un’auspicata, e quanto mai necessaria, riconnessione tra società, cultura e politica, rinnovata ed originale forma dell’ ”intellettuale collettivo” di cui questa regione ha impellente necessità.

SOMMARIO

1. URBANISTICA, TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO 

2. IL MOLISE DELLE AREE INTERNE E DEI PAESI 

3. SVILUPPO PRODUTTIVO 

4. MOLISE, TERRA DI COOPERAZIONE 

5. VIABILITA’, TRASPORTI E RETI 

6. L’APPORTO DEI MIGRANTI ALLA TENUTA E ALLA RIPRESA DELLA SOCIETA’ REGIONALE 

7. TURISMO (MITIGATO) 

8. POLITICHE SOCIALI E SANITA’ 

9. SALUTE, AMBIENTE E TERRITORIO 

10. LE POLITICHE IN FAVORE DELLA CULTURA MOLISANA 

11. ISTRUZIONE E FORMAZIONE 

12. TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE 

13. UNA NUOVA COMUNICAZIONE PER UN NUOVO MOLISE

I primi firmatari:

1. Aslan Hikmet – presidente dell’Associazione “primo marzo”

2. Astorri Isabella – presidente della Società Italiana per i Beni Culturali

3. Bavaro Angelo – statistico

4. Bindi Letizia – antropologa, Università del Molise

5. Caccia Antonietta – presidente del Circolo della zampogna di Scapoli (IS)

6. Calleo Domenico – presidente di Confcooperative Molise

7. Colucci Marco – insegnante

8. D’Alessandro Alessia – cantautrice

9. De Socio Paolo – dipendente Università del Molise

10. Di Lella Paolo – giornalista, redattore de il Bene Comune

11. Di Pietro Giuseppe – giornalista

12. Florio Diego – attore

13. Germano Giovanni – architetto, presidente dell’ass. culturale “la Terra”

14. Giorgio Pierluigi – attore e regista

15. Lombardi Norberto – storico dell’emigrazione

16. Lombardi Vincenzo – polo museale del Molise del MIBACT

17. Mainelli Alfonso – avvocato

18. Massullo Gino – storico, condirettore di Glocale

19. Mastropaolo Carmine – ferroviere, redattore de il Bene Comune

20. Natarelli Emilio – architetto

21. Pastore Lucio – medico

22. Pazzagli Rossano – Università del Molise, condirettore di Glocale

23. Prosperi Luca – giornalista

24. Ruggieri Antonio – giornalista, direttore de il Bene Comune

25. Sabelli Stefano – attore e regista, direttore artistico del Teatro del Loto

26. Spallone Gianni – docente universitario

27. Tabasso Giuseppe – giornalista e scrittore

28. Terzano Leo – medico, presidente regionale ISDE, medici per l’ambiente

di Uff. St. de “Il Bene Comune”

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