Autobiografie politiche
Lo spericolato caso Romagnuolo
di Giuseppe Tabasso (da ilbenecomune.it)
16 febbraio 2018
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Gli autori di autobiografie sono sempre indulgenti e generosi con se stessi, sotto le elezioni poi, manco a parlarne. Del resto, siamo onesti, nessuno che cercasse voti, o magari un lavoro, diffonderebbe aspetti della propria vita che non fossero edificanti.
Grosso modo potremmo dividere Le biografie in due contrastanti tipologie: le Cronologiche (che elencano studi, incarichi, competenze, onorificenze, ecc.) e le Storytelling (che alla freddezza delle prime conferiscono il calore di un referenziale amor proprio). A quest’ultima categoria, non immune da pulsioni mitomaniche, appartiene l’unica autobiografia finora reperibile dell’aspirante deputata Aida Romagnuolo. Siamo perciò lieti di riportarne alcuni imperdibili stralci che l’esponente del Carroccio molisano consegna ai posteri e alla storia del Molise biografandosi pudicamente in terza persona.
“Aida è l’atomica del movimento sportivo molisano, nazionale ed internazionale, è il “generatore di corrente” delle più belle manifestazioni sportive. A Siofok sul lago Balaton, in Ungheria, una volta fulminò con lo sguardo il vice ministro degli interni, un tale Attila, che gli aveva pestato un piede”. (Nota: fulminare, sia pure con lo sguardo, uno di nome Attila è già rivelazione di una forte vocazione salvinista.)
La narrazione di Aida prosegue con la narcisistica confessione di essere “una casinista che in gioventù ha bloccato una superstrada, ha interrotto al teatro Savoia di Campobasso un Convegno mondiale sul turismo, ha inscenato una protesta coi fiocchi a Isernia con un Presidente della Camera dei Deputati”. E non ha remore a dipingersi così: “E’ l’Erinne del Molise, la Pasionaria del Molise, come ebbero a definirla giornali di spessore nazionale”. (Altro che giornaletti molisani senza spessore.)
Attila Romagnuolo ha poi un vanto: “Conosce politici potentissimi e artisti famosi e ha un’invidiabile collezione di foto”. (Chi può escludere che l’invidiabilità delle foto dipenda dall’essere compromettenti?)
Racconta più avanti: “Si è candidata per ben due volte come Sindaco del suo paese ma non è riuscita nell’intento. E sapete – si chiede – per quale turpe motivo?”. Risposta: “L’invidia delle zitelle!”. Una turpitudine da inserire nella storia delle trombature politiche. Ed eccoci al colpo di scena: “Adesso, ha chiuso definitivamente con la politica… forse. » Questo “forse” confligge con “definitivamente” ma attenzione a quei tre puntini: sono il “pizzino” inviato alle “invidiose zitelle”. (Dalle Erinni, personificazioni della vendetta, c’è da aspettarsi di tutto.)
Ma veniamo alla formazione di Attila Romagnuolo: cosa legge? La sua risposta è senza alternative: “Legge solo la Fallaci”.
Ci si aspetterebbe qualche lettura in più da chi aspira a rappresentare i propri corregionali al Parlamento però, con tutte le “Mein kampf” in circolazione, meglio accontentarsi. In verità lo storytelling autobiografico di Aida tralascia particolari troppo identificativi, come la data di nascita (forse perché cade il 25 aprile e coincide con un evento poco empatico tra file leghiste), in compenso però fornisce temerarie rivelazioni su come la Nostra si mantiene. Scrive di suo pugno: “Nella vita, la “nostra” fa la giornalista di professione. E’ capo ufficio stampa in un Ente pubblico, è Direttore Responsabile di un paio di mensili”.
Un paio di mensili? Caspita! Ce n’è da far scattare in noi poveri scribacchini precari invidie da “zitelle”. Quali mensili, di che genere, dove si pubblicano? Non è dato saperlo. Ma che storytelling sarebbe se circostanziasse certe futilità!
Una spiegazione però si può tentare: leggere solo e sempre la Fallaci può farti cadere in transfert fallaci. E ci si crede giornaliste.
di Giuseppe Tabasso (da ilbenecomune.it)