La Fine della pineta di Duronia
La mancata cura cadenzale, diradamento e pulizia sottobosco, ha ampliato notevolmente, con la disgrazia dell’incendio, lo stato della pineta
di Alessio Manzo (Studente alla Facoltà di Agraria di CB)
27 febbraio 2018
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Un bosco per crescere ha bisogno di tempo e come un buon vino migliora invecchiando. Al contrario è bastato poco, anzi pochissimo, per attuare un deturpamento indiscriminato.
Chiarisco dicendo che, come per la Civita, anche per la montagnola sia stato commesso a suo tempo un errore nel tipo di intervento forestale con l’impianto inappropriato di essenze arboree non propriamente tipiche.
Sulla Civita vi è un impianto misto di gimnosperme tra cui Pinus nigra, Pinus hybrida, Cupressus arizonica, cupressus sempervirens e cedrus deodara. In località Montagnola invece un impianto prettamente di Pinus nigra. Non essendo autoctone e premettendo che, il sesto d’impianto era stato molto condensato, si sarebbe dovuto operare, moderatamente nel tempo, con operazioni di diradamento selettivo, in modo da permettere una crescita ottimale degli alti fusti.
La mancata cura cadenzale, diradamento e pulizia sottobosco, ha ampliato notevolmente, con la disgrazia dell’incendio, lo stato della pineta. Per intenderci, basta percorrere a piedi la strada che dal colle del tratturo conduce costeggiando la pineta nella direzione delle Cannavine, completamente impraticabile. Alberi caduti ammassati uno sull’altro, per via di venti e nevicate, in questo stato da sempre. Anche l’area interessata dall’incendio, non essendo mai stata “curata” non si trovava in una situazione diversa, agevolando l’avanzare del fuoco.
Io stesso quel giorno mi trovai sfortunatamente li insieme ad altri amici. Fui chiamato in sentenza ad esporre l’accaduto di tale disgrazia dopo che, voci di vianova ci avrebbero incolpato di incendio doloso. La sentenza è stata emessa: “assoluzione di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto”. Per me amante della natura è stato un duro colpo. Chi mi conosce sa il valore ed il legame tra me e questa terra.
Una pineta matura ben tenuta ha un alto valore biologico. I suoi effetti sul paesaggio sono notevoli. Il pino oltre a crescere con vigore, essendo una pianta pioniera, si è anche brillantemente naturalizzato portando avanti generazioni perfettamente in grado di riprodursi ed attecchire nel nostro territorio, (invadendo il tratturo!!!!). A gennaio sono andato a prelevare alcuni campioni di suolo per condurre delle analisi granulometriche, constatando un evoluzione dello strato superficiale organico (tendenzialmente acido) tipico delle conifere e ricco di humus ed acidi fulvici. Il suolo è notevolmente influenzato dal tipo di vegetazione (autoctona o non) ed a sua volta influisce sul tipo di vegetazione attuandone un selettività.
Questa estate ho riscontrato la crescita di diverse piante di castanea sativa (che rubate da qualche ghiandaia in terreni vicini le ha nascoste per l’inverno dimenticandosele) trovando nel suolo acido (specie acidofila) un ottima adattabilità e crescita. Peccato che con le opere di taglio recenti siano state sradicate. Il taglio sconsiderato ha messo alla scoperta il debole suolo e le piante che, crescendo fitte ed alte e con apparati radicali poco sviluppati, non resistono alle raffiche di vento, cadendo inesorabilmente a terra. Proprio quegli alberi che avrebbero dovuto riconvertire la pineta in bosco ceduo, a suon di ruspe, e motoseghe stanno morendo.
Per non parlare della fauna che, tra picchi, scoiattoli, ungulati e rapaci avevano instaurato con questo ecosistema un approccio intimo, molto più del nostro avido di denaro e niente più. Sono già 2 volte che incontro un capriolo li su e non so per quanto ancora ci tornerà a pascolare.
di Alessio Manzo (Studente alla Facoltà di Agraria di CB)