Corrispondenza epistolare da una amica particolare
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise (fb)
01 marzo 2018
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Quando mi fu comunicata la sua scelta estrema di vita, lei, allegra, saggia e donna avvenente, ne rimasi turbato. Contrariato.
Per un po’ ho rispettato la legge del silenzio e del suo distacco “definitivo dal mondo”, poi ho cominciato a scriverle.
Timidamente, per non turbare il suo silenzio interiore di sepolta viva dietro una grata.
Io, dapprima, per la sua scelta eroica a infonderle coraggio, e lei nel rispondermi, sentirmela ancora più vicina che mai con le sue certezze acquisite.
Eppure la mia amica era rinchiusa nella rigida clausura a far marcire il suo “ io, per rinascere a vita nuova “, scriveva.
Immolatasi per l’ Amore assoluto, che non ammette compromesso alcuno col mondo, sacrificando tutta la sua prepotente carnalità per soddisfare solo la sua anima avida di spiritualità.
Io, nelle mie missive a lei destinate, lasciavo trasparire certo disagio per le mie aspirazioni tendenti a voler vivere l’ideale cristiano e la fatica di essere coerente, e lei nelle risposte a farmi intendere che lentamente aveva raggiunta la vetta dello spirito, seppur nel nascondimento tra aspre tribolazioni.
Io, teso nella lotta perenne con me stesso e schiavo delle mie inquietudini, e lei nel palesarmi che le sue estasi erano tutte d’amore puro, purissimo, favorite dal praticare la povertà assoluta, l’umiltà, la purezza del corpo e la preghiera continua per l’Amato e le sue creature.
Il nostro rapporto epistolare si è diradato lentamente allorquando ho capito che ella viveva il suo rapporto d’amore con Dio, con l’unica disposizione che lo rende pieno, esaltante, appagante,in quanto vissuto nella dimensione dell’oblazione completa. Ormai fuori e lontana dal mondo e sempre più vicina al Cielo.
Troppo distanti le nostre vie di cercare e vivere la fede.
di Vincenzo Colledanchise (fb)