• 7 Novembre 2018

Curiamo la natura o l’allerta meteo non servirà mai a nulla

Dobbiamo capire che molte delle nostre azioni ossessive incentrate sul consumare e produrre stanno modificando e recidendo reti biologiche millenarie e planetarie

di Franco Arminio (da corriere.it)

7 novembre 2018

Back 

Quando piove l’Italia è un posto pericoloso. Siamo tanti in poco spazio. E siamo alloggiati male. Ci sono zone in cui la densità di popolazione è altissima e altre in cui è molto bassa. E ora c’è l’agguato del clima. Il clima è nervoso, va avanti ad eccessi, eccessi di pioggia, di vento, di sole. È come se il termostato fosse rotto. E noi dobbiamo riprendere a pensare che siamo natura, che siamo animali nell’aria e stiamo insieme al muso dei conigli e agli aghi di pino, ci sono le nostre rughe e gli anelli degli alberi, ognuno sulle sue cellule raccoglie firme del tempo che passa. 

Staccarci dal contingente

Nessuna creatura è un caso a parte. L’aria è il respiro della foresta che va avanti da milioni di anni. E le piante sono figure del respiro, incarnazioni provvisorie delle sostanze che vagano nell’aria. C’è il carbonio e il lampo degli elettroni e c’è la donna, il gatto, la formica. Ognuno di noi è un aggregato effimero fatto con i mattoni della vita: più che di un amplesso, siamo figli della conversazione tra le cose. E noi esseri umani dovremmo aver cura di questa trama delicatissima che sembra esserci solo qui sulla piccola Terra tonda. E allora quando accadono tragedie come quelle di questi giorni, quando gli alberi ci cadono in testa, dovremmo staccarci per un attimo dal contingente e riconsiderare il nostro modo di abitare i luoghi. 

La fragilità degli alberi

Non serve a niente l’allerta meteo se poi le persone non sanno più cosa sia l’attenzione. Gli alberi non sono uguali. Alcuni sono più fragili di altri. E bisogna sapere dove li piantiamo, bisogna sapere che ledere le radici è una ferita che non vediamo, ma loro la sentono benissimo. E lo stesso quando li potiamo in maniera scriteriata. Bisogna sapere di più degli alberi. Non servono solo a darci frutta o legna o ombra. Gli alberi cantano, gli alberi hanno a che fare con noi ma anche con batteri, insetti, uccelli. Pensate agli ulivi del Salento, alla malattia che li sta uccidendo. E pensate al fuoco dell’estate 2017, un’estate in cui abbiamo mandato al rogo tanti alberi e ogni albero era un po’ come Giordano Bruno. Ma ancora prima bisogna pensare alle tante persone morte in questi anni nelle giornate di maltempo. 

I morti

Chi si ricorda dei morti di Sarno e dei tanti paesi spaccati dalle frane? Bisogna pensare al padre che ha perso il figlio schiacciato da una quercia, alla sua pena magari nel vedere una quercia. Bisogna pensare alla madre affogata nella sua macchina in un sottopassaggio mentre andava a prendere il figlio a scuola. Le strade e le case sono state costruite in un tempo in cui avevamo un’euforia che ci ha fatto trascurare la potenza della natura. Siamo nella rete della vita e quando piove e tira vento dovremmo ricordarcelo ancora di più. Facciamo parte di questa avventura sulla Terra che gira. Dobbiamo capire che le apparteniamo, non ne siamo i padroni. 

Cambiare stile

E dobbiamo capire che molte delle nostre azioni ossessive incentrate sul consumare e produrre stanno modificando e recidendo reti biologiche millenarie e planetarie: la globalizzazione in natura c’è sempre stata. Ascoltare gli alberi, prima che le previsioni del tempo. Sentire il canto delle cose che ci circondano. Stiamo diventando sordi e ciechi. E gli animali sordi e ciechi fanno una brutta fine. Il mondo è sempre stato un posto pericoloso. Non c’è modo di metterci in sicurezza. L’unica strada possibile è creare una nuova alleanza con gli animali e le piante. Usare le nostre invenzioni tecnologiche non per isolarci dalla natura, ma per abitarla meglio. Abbiamo bisogno di un’umanità nuova e antica, capace di riconoscere che la pluralità e la relazione sono il cuore di ogni vita. Un bacio su una guancia fa un bel suono, come la goccia d’acqua che cade su una foglia.

di Franco Arminio (da corriere.it)

Back