• 8 Novembre 2018

Migranti molisani

Fu solo dopo la seconda guerra mondiale che il fenomeno emigrazione esplose in tutta la sua drammaticità

di Angelo Sanzò (da lafonte.tv)

8 novembre 2018

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Nel 1924, Padre Giordano Pierro, in Storia di Cercemaggiore, a proposito di emigrazione tra l’altro, scriveva: “La grande miseria, il più ributtante servilismo ai proprietari latifondisti, l’usura, nonché la tendenza a migliorare le proprie condizioni, furono la causa dell’emigrazione in Cercemaggiore, che ebbe inizio fin dal 1880”.

Con l’avvento del fascismo la situazione economico-sociale in Molise, come in tutto il meridione, in particolare nelle aree più interne, si aggravò ulteriormente. I motivi più importanti furono essenzialmente due: il blocco dell’emigrazione e le conseguenze della crisi economica del 1929. È pur vero che non pochi emigrarono, anche in quegli anni, verso le Americhe, clandestinamente con tutti i rischi, non solo economici, che tale decisione comportava. Si partiva, pressoché senza alcuna speranza di ritornare, senza un’idea precisa e senza, in alcuni casi, essersi allontanati mai dal proprio paese. Le condizioni di vita in loco erano tali che per molti non c’era alternativa alcuna, se non quella di essere schiacciati dalla miseria e dalla soffocante situazione generale dominante. A dire il vero qualche altra possibilità, che potremmo considerare di emigrazione interna, c’era e consisteva nel farsi prete o frate o andare in guerra come “volontario”. Per le donne, ugualmente, le strade erano due: farsi monaca o andare a servizio presso le famiglie dei signori, con la sola certezza di non morire di fame. Ma, per quanti potessero essere, questi casi rappresentavano, pur sempre, numeri esigui.

Fu solo dopo la seconda guerra mondiale che il fenomeno emigrazione esplose in tutta la sua drammaticità. Sin dalla fine degli anni ’40, infatti, e per gran parte del decennio successivo, il flusso migratorio si diresse prevalentemente verso le Americhe e l’Australia. Non c’era strumento alcuno atto a valutare, minimamente, qualunque essa fosse, la direzione da prendere e/o la meta da raggiungere, che potesse fornire migliori opportunità di vita. Si partiva, indifferentemente, per l’Argentina o per gli Stati Uniti o per l’Australia, solo e semplicemente perché un amico, un conoscente, un paesano, un lontano parente vi si era già recato e aveva inviato in Italia, all’interessato, il tanto sospirato “Atto di richiamo”.

In subordine e collateralmente al fenomeno migratorio d’oltremare descritto, negli stessi anni, tra la fine dei ’40 e per gran parte del decennio successivo, in particolare da Cercemaggiore, intere famiglie di contadini iniziarono a trasferirsi verso altri comuni del Molise. Furono, infatti, numerosi, i nuclei familiari cercesi che andarono ad occupare le tante aziende agricole, lasciate libere dai migranti, in numerosi comuni molisani, quali Vinchiaturo, Mirabello, Ferrazzano, Campodipietra, Matrice, Campolieto, Casacalenda, Larino, Campomarino e altri, principalmente, della destra del Biferno. In queste zone, dove s’insediarono, i Cercesi diedero, negli anni a seguire, nuovo vigore all’agricoltura del posto, facendola prosperare in modo come non mai prima. Integratisi con le popolazioni locali, in non pochi casi, seppero conquistare significativi ruoli nella vita sociale, economica e politica dei centri che li avevano accolti.

Negli anni ’60, invece, l’affermarsi dell’emigrazione interna, quella, cioè, verso il Nord Italia e gli altri Paesi europei, denominata “America vicina”, permise, senza dubbio alcuno, che si ponessero le basi perché la nostra gente realizzasse un vero e proprio salto di qualità, non solo di natura economica, ma anche e soprattutto sociale e culturale.

Il contatto con altre genti, tradizioni, costumi e culture diverse e le non trascurabili rimesse di denaro, crearono le condizioni perché potessero aumentare, quanto mai prima di allora, la consapevolezza del proprio essere e quella per il futuro dei propri figli

di Angelo Sanzò (da lafonte.tv)

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