La vita “normale” di Giulia
Cameriera al McDonald’s che sogna un futuro con Marco
di primonumero.it
2 gennaio 2019
La testimonianza di Giulia di Domenico, 25 anni di Riccia e con la sindrome di down: da quattro anni serve ai tavolini del McDonald’s: “Mi piace lavorare lì, sto a contatto coi bambini e questo mi ha aiutato a socializzare”. La sua esperienza è una di quelle del progetto “Chi trova un lavoro trova un tesoro” presentato in Comune a Campobasso.
Giulia Di Domenico, 25 anni di Riccia, serve ai tavolini del McDonald’s di Campobasso. Lavora lì da quattro anni, ha un fidanzato, Marco, di dieci anni più grande di lei e insieme sognano di poter andare a vivere presto insieme e, perché no, un giorno di sposarsi.
Giulia ha la sindrome di down: è, quello che si dice di solito, una persona speciale. Lei però di essere “speciale” non ne ha poi tanta voglia perché in fondo ciò che ai down manca è la normalità. Di un lavoro, come per tutti, ma anche di acquisire altri diritti come la casa e la famiglia per esempio.
Di tutto questo se ne è parlato il 10 dicembre in Comune dove è stato presentato il progetto “Chi trova un lavoro trova un tesoro” finanziato dal Ministero del lavoro e finalizzato all’inclusione delle persone con sindrome di down.
La testimonianza di Giulia “felice di poter socializzare e di stare a contatto con bambini e famiglie” è stata utile per far capire i vantaggi dell’iniziativa portata avanti dalla sezione molisana dell’Aipd (Associazione italiana persone down). E’ lì che Marco e Giulia, tra un laboratorio e l’altro, si sono conosciuti e innamorati. “E’ il mio ragazzo da quattro anni, abbiamo dei progetti e ci piacerebbe andare a vivere insieme” dice lei tenendosi stretta per mano a causa dell’emozione che Marco tiene a bada incoraggiandola ogni volta che nota un suo tentennamento”.
La presidente dell’associazione Giovanna Grignoli, attiva dell’Aipd da 25 anni, racconta che fin da subito, assieme alle altre madri di ragazzi down, ha messo al centro il concetto di autonomia. “Ci sono voluti anni per far capire alle famiglie che solo l’amore non basta, le paure rallentano il processo di adultità. Diventare autonomi – sebbene sia un percorso che non ha mai fine – deve portare all’acquisizione degli stessi diritti di tutte le altre persone”.
Eppure “proprio a causa di una scarsa informazione” l’inserimento lavorativo delle persone down in Italia è ancora bassissimo, “nonostante ci siano studi che certificano un sensibile miglioramento della salute delle aziende che assumono chi ha questa sindrome”.
Da qui un appello – raccolto anche dalla istituzioni – a rispettare la legge che in Italia già prevede una quota di assunzioni vincolate ai down.
“Non chiediamo agli imprenditori di essere buoni – ha concluso la Grignoli – ma di dare a queste persone una possibilità e contribuire ad essere più attenti alle diversità di tutti”.
Per essere, in fondo, un po’ più uguali.
di primonumero.it