La diversità è un valore, la lezione di Matera
La città dovrebbe diventare capitale dei luoghi che non vogliono omologarsi
di Franco Arminio (da corriere.it)
21 gennaio 2019
Appena arrivo a Matera incontro una persona del mio paese che si mostra stupito della città. Matera piace agli intellettuali e alle persone comuni. Difficile rimanere delusi dai Sassi. Il loro segreto è che sono unici e noi abbiamo sete di cose uniche. L’Italia deve capire che Matera ci offre una lezione: se contieni una diversità contieni un valore. E l’Italia è piena di diversità che non deve cancellare, molto è stato già fatto da questo punto di vista, abbiamo perduto grandi patrimoni sotto la spinta a cancellare le nostre tracce per prenderne altre che ci sembravano più nobili. Matera non si è conservata per lungimiranza, è accaduto per caso. Ora questa ricchezza figlia della miseria va amministrata con attenzione. Matera ha già fatto il meritato salto nelle mete turistiche più ambite. Non ha bisogno di diventare un luogo di divertimento. Matera deve preservare la sua differenza, deve farsi capitale dei luoghi che non vogliono omologarsi. Questo ruolo è importante specialmente per i paesi lucani e per le piccole città del Sud. Cosenza ha un bellissimo centro storico, ma quanti lo conoscono? Gli italiani hanno molti pregiudizi, forse è il caso di perderne qualcuno. Tutti sanno delle bellezza di Lecce, ma il centro storico di Taranto andrebbe inserito tra i patrimoni dell’Unesco. C’è un’Italia che deve prendere fiducia in se stessa, senza darsi alla vanagloria, ovviamente. I luoghi autentici sono una grande risorsa della nostra penisola. L’Italia ha una straordinaria vitalità culturale diffusa nella popolazione proprio grazie alla varietà di lingue e tradizioni locali. Dante è uscito da quella Toscana lì e la pizzica non si può ballare a Trento, Palladio non poteva nascere a San Giorgio a Cremano e Massimo Troisi a Padova. Matera non deve parlare in inglese, deve partire da una strada che è solamente sua. La festa che comincia domani bisogna ricordarsi che viene da contadini e pastori che hanno fatto un miracolo di architettura. Matera non l’hanno costruita i creativi, ma i contadini. E mentre costruivano la città andavano nei campi a lavorare. E bisogna ricordarsi prima di tutto chi lo ha cantato quel mondo. Penso a Carlo Levi, a Rocco Scotellaro. La Lucania più che mai deve ricordare queste figure. Dicendo questo non ho nostalgia per la fame e per il lutto: la mortalità infantile si portava via un bambino su due, le persone a quarant’anni avevano l’aspetto che adesso abbiamo a ottanta.
La lezione in questo caso è tradire un certo vittimismo meridionale che ci vede affezionati alle sconfitte più che alle vittorie. Il 2019 sarà un anno gioioso e che sia una gioia per tutti. Non tiriamo fuori il cartellino per ammonire gli organizzatori se c’è un evento piuttosto che un altro. Che gioia sia, senza iscriverci al partito dei diffidenti, senza andare a cercare il pelo nell’uovo. Matera e il Sud meritano di avere più turisti, meritano strade e ferrovie e una lotta vera alla criminalità. Ci vogliono anche le industrie, ma non quelle che portano più inquinamento che ricchezza. Bisogna aggiungere al tesoro dei Sassi l’attenzione alla terra. Sulla Murgia materana sono scomparse le vacche. Ecco, per ogni mille turisti che arrivano ci vorrebbe una vacca podolica che torna a pascolare quelle terre. Chi viene a Matera deve mangiare in primo luogo i prodotti della Lucania. Allora non è una faccenda di spettacoli da consumare, ma di semi e di piante sane. Le sculture di Dalì disseminate nella città non contrastano con i peperoni di Senise. Bisogna aprirsi all’impensato, praticare la fedeltà e l’avventura, la forza del passato e la sagra del futuro.
Appena arrivo a Matera incontro una persona del mio paese che si mostra stupito della città. Matera piace agli intellettuali e alle persone comuni. Difficile rimanere delusi dai Sassi. Il loro segreto è che sono unici e noi abbiamo sete di cose uniche. L’Italia deve capire che Matera ci offre una lezione: se contieni una diversità contieni un valore. E l’Italia è piena di diversità che non deve cancellare, molto è stato già fatto da questo punto di vista, abbiamo perduto grandi patrimoni sotto la spinta a cancellare le nostre tracce per prenderne altre che ci sembravano più nobili. Matera non si è conservata per lungimiranza, è accaduto per caso. Ora questa ricchezza figlia della miseria va amministrata con attenzione. Matera ha già fatto il meritato salto nelle mete turistiche più ambite. Non ha bisogno di diventare un luogo di divertimento. Matera deve preservare la sua differenza, deve farsi capitale dei luoghi che non vogliono omologarsi. Questo ruolo è importante specialmente per i paesi lucani e per le piccole città del Sud. Cosenza ha un bellissimo centro storico, ma quanti lo conoscono? Gli italiani hanno molti pregiudizi, forse è il caso di perderne qualcuno. Tutti sanno delle bellezza di Lecce, ma il centro storico di Taranto andrebbe inserito tra i patrimoni dell’Unesco. C’è un’Italia che deve prendere fiducia in se stessa, senza darsi alla vanagloria, ovviamente. I luoghi autentici sono una grande risorsa della nostra penisola. L’Italia ha una straordinaria vitalità culturale diffusa nella popolazione proprio grazie alla varietà di lingue e tradizioni locali. Dante è uscito da quella Toscana lì e la pizzica non si può ballare a Trento, Palladio non poteva nascere a San Giorgio a Cremano e Massimo Troisi a Padova. Matera non deve parlare in inglese, deve partire da una strada che è solamente sua. La festa che comincia domani bisogna ricordarsi che viene da contadini e pastori che hanno fatto un miracolo di architettura. Matera non l’hanno costruita i creativi, ma i contadini. E mentre costruivano la città andavano nei campi a lavorare. E bisogna ricordarsi prima di tutto chi lo ha cantato quel mondo. Penso a Carlo Levi, a Rocco Scotellaro. La Lucania più che mai deve ricordare queste figure. Dicendo questo non ho nostalgia per la fame e per il lutto: la mortalità infantile si portava via un bambino su due, le persone a quarant’anni avevano l’aspetto che adesso abbiamo a ottanta.
La lezione in questo caso è tradire un certo vittimismo meridionale che ci vede affezionati alle sconfitte più che alle vittorie. Il 2019 sarà un anno gioioso e che sia una gioia per tutti. Non tiriamo fuori il cartellino per ammonire gli organizzatori se c’è un evento piuttosto che un altro. Che gioia sia, senza iscriverci al partito dei diffidenti, senza andare a cercare il pelo nell’uovo. Matera e il Sud meritano di avere più turisti, meritano strade e ferrovie e una lotta vera alla criminalità. Ci vogliono anche le industrie, ma non quelle che portano più inquinamento che ricchezza. Bisogna aggiungere al tesoro dei Sassi l’attenzione alla terra. Sulla Murgia materana sono scomparse le vacche. Ecco, per ogni mille turisti che arrivano ci vorrebbe una vacca podolica che torna a pascolare quelle terre. Chi viene a Matera deve mangiare in primo luogo i prodotti della Lucania. Allora non è una faccenda di spettacoli da consumare, ma di semi e di piante sane. Le sculture di Dalì disseminate nella città non contrastano con i peperoni di Senise. Bisogna aprirsi all’impensato, praticare la fedeltà e l’avventura, la forza del passato e la sagra del futuro.
Appena arrivo a Matera incontro una persona del mio paese che si mostra stupito della città. Matera piace agli intellettuali e alle persone comuni. Difficile rimanere delusi dai Sassi. Il loro segreto è che sono unici e noi abbiamo sete di cose uniche. L’Italia deve capire che Matera ci offre una lezione: se contieni una diversità contieni un valore. E l’Italia è piena di diversità che non deve cancellare, molto è stato già fatto da questo punto di vista, abbiamo perduto grandi patrimoni sotto la spinta a cancellare le nostre tracce per prenderne altre che ci sembravano più nobili. Matera non si è conservata per lungimiranza, è accaduto per caso. Ora questa ricchezza figlia della miseria va amministrata con attenzione. Matera ha già fatto il meritato salto nelle mete turistiche più ambite. Non ha bisogno di diventare un luogo di divertimento. Matera deve preservare la sua differenza, deve farsi capitale dei luoghi che non vogliono omologarsi. Questo ruolo è importante specialmente per i paesi lucani e per le piccole città del Sud. Cosenza ha un bellissimo centro storico, ma quanti lo conoscono? Gli italiani hanno molti pregiudizi, forse è il caso di perderne qualcuno. Tutti sanno delle bellezza di Lecce, ma il centro storico di Taranto andrebbe inserito tra i patrimoni dell’Unesco. C’è un’Italia che deve prendere fiducia in se stessa, senza darsi alla vanagloria, ovviamente. I luoghi autentici sono una grande risorsa della nostra penisola. L’Italia ha una straordinaria vitalità culturale diffusa nella popolazione proprio grazie alla varietà di lingue e tradizioni locali. Dante è uscito da quella Toscana lì e la pizzica non si può ballare a Trento, Palladio non poteva nascere a San Giorgio a Cremano e Massimo Troisi a Padova. Matera non deve parlare in inglese, deve partire da una strada che è solamente sua. La festa che comincia domani bisogna ricordarsi che viene da contadini e pastori che hanno fatto un miracolo di architettura. Matera non l’hanno costruita i creativi, ma i contadini. E mentre costruivano la città andavano nei campi a lavorare. E bisogna ricordarsi prima di tutto chi lo ha cantato quel mondo. Penso a Carlo Levi, a Rocco Scotellaro. La Lucania più che mai deve ricordare queste figure. Dicendo questo non ho nostalgia per la fame e per il lutto: la mortalità infantile si portava via un bambino su due, le persone a quarant’anni avevano l’aspetto che adesso abbiamo a ottanta.
La lezione in questo caso è tradire un certo vittimismo meridionale che ci vede affezionati alle sconfitte più che alle vittorie. Il 2019 sarà un anno gioioso e che sia una gioia per tutti. Non tiriamo fuori il cartellino per ammonire gli organizzatori se c’è un evento piuttosto che un altro. Che gioia sia, senza iscriverci al partito dei diffidenti, senza andare a cercare il pelo nell’uovo. Matera e il Sud meritano di avere più turisti, meritano strade e ferrovie e una lotta vera alla criminalità. Ci vogliono anche le industrie, ma non quelle che portano più inquinamento che ricchezza. Bisogna aggiungere al tesoro dei Sassi l’attenzione alla terra. Sulla Murgia materana sono scomparse le vacche. Ecco, per ogni mille turisti che arrivano ci vorrebbe una vacca podolica che torna a pascolare quelle terre. Chi viene a Matera deve mangiare in primo luogo i prodotti della Lucania. Allora non è una faccenda di spettacoli da consumare, ma di semi e di piante sane. Le sculture di Dalì disseminate nella città non contrastano con i peperoni di Senise. Bisogna aprirsi all’impensato, praticare la fedeltà e l’avventura, la forza del passato e la sagra del futuro.
di Franco Arminio (da corriere.it)