• 22 Gennaio 2019

La famiglia e le relazioni educative

Proviamo a ragionare su come la ricostruzione di un’etica condivisa nella società contemporanea ha la possibilità di realizzarsi 

di Umberto Berardo

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In un nostro precedente articolo avevamo preannunciato che ci saremmo occupati del ruolo che la famiglia può avere nella ricostruzione di un’etica condivisa nella società contemporanea..

Proviamo a ragionare su come tale funzione ha la possibilità di realizzarsi.

Nella società contadina la famiglia aveva un ruolo importante nel processo educativo.

Con l’espandersi dell’economia industriale prima e di quella dei servizi e della rivoluzione informatica poi tale funzione è stata sempre più delegata ad altre agenzie quali le istituzioni scolastiche, le associazioni religiose ed infine  è stata lasciata ai mass media ed agli strumenti telematici. 

La famiglia vive oggi una crisi profonda di ordine antropologico, affettivo, etico, culturale, relazionale, esperienziale che la porta di frequente a chiudersi in una privatizzazione dove si lascia prevalere la ricerca individuale del piacere in una gratificazione di tipo sentimentale, edonistico, sessuale, legata per lo più al raggiungimento del benessere e della ricchezza mentre la cultura dominante sembra escludere sempre più il legame stabile del matrimonio, la gratuità del dono dell’amore, la genitorialità con la cura e l’educazione dei figli che dovrebbero essere al contrario delle prospettive fondamentali dei coniugi insieme alla felicità di tutti i membri del nucleo familiare e della comunità allargata.

La colpa più grande della famiglia è probabilmente l’indifferenza verso la problematicità della vita e le diverse dipendenze che rendono schiavi gli esseri umani di nuovi feticci come l’arricchimento, la competizione, la prepotenza, la sopraffazione.

Oggi essa appare del tutto inadeguata ad esercitare il ruolo educativo non solo per una scelta di disimpegno al riguardo ma anche per impreparazione di natura psicologica, pedagogica, metodologica e tecnico-operativa.

Nonostante tali cambiamenti, nel vissuto e nelle relazioni occorre promuovere una cultura del dialogo coniugale, parentale ed intergenerazionale sul quale si può costruire un processo educativo fondato non sulla tentazione di possedere l’altro, ma sulla necessità di guidare percorsi di liberazione, di coscientizzazione e di promozione umana, culturale ed affettiva che sicuramente hanno diversi animatori nel corso della vita di una persona, ma devono veder tornare la famiglia in primo piano mentre in vario modo si sta cercando di distruggere una delle istituzioni che ha avuto per secoli la funzione di prospettare alle nuove generazioni criteri di riferimento sul piano comportamentale.

Per acquisire autonomia decisionale ed operativa nel percorso esistenziale ogni essere umano ha bisogno di un processo di crescita che ne maturi potenzialità, libertà e spirito critico.

Le neuroscienze ci dicono con chiarezza che la plasticità cerebrale ed i collegamenti neuronali si formano soprattutto nell’infanzia attraverso le interconnessioni con l’ambiente e le persone con cui si entra in relazione.

La stessa Costituzione Italiana, consapevole che la famiglia costituisce il punto d’incontro tra l’individuo e le istituzioni pubbliche, nell’articolo 30 afferma: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”.

Il passaggio da un modello gerarchizzato ad uno egalitario di famiglia può aiutare tale processo educativo perché facilita relazioni bidirezionali importanti e democratiche purché la giusta rinuncia all’autoritarismo non porti i genitori ad assecondare tutte le richieste dei figli trasformandoli, come sostiene Paolo Crepet, in “piccoli Budda” incapaci di fare le esperienze dell’impegno e della conquista per la realizzazione dei giusti desideri ed il raggiungimento degli obiettivi auspicati.

Nonostante le difficoltà ed i problemi che molti coniugi vivono, se essi saranno capaci di mantenere in ogni caso la funzione educativa, molto probabilmente eviteremo le forme di devianza che portano tanti ragazzi verso l’alcol, la droga e soprattutto la violenza.

I gravi episodi di cronaca che ormai quotidianamente coinvolgono i giovani e li vedono sempre più schiavizzati da una cultura mercificata e selvaggia non devono solo indignarci rispetto all’inumanità incarnata in alcuni esseri umani, ma imporci una profonda riflessione su quanto sta accadendo ed una riconsiderazione  sulle funzioni della famiglia in ordine al processo di crescita e di maturazione dei figli. 

La genitorialità comporta necessariamente l’assunzione di molte responsabilità del padre e della madre nella crescita della prole tra cui in modo prioritario la condivisione di un progetto educativo.

Nulla al riguardo è facile in un mondo globalizzato in cui le competenze richieste sono sempre più allargate e specializzate; dunque è importante che la società si faccia carico di iniziative sul piano dell’istruzione e dell’educazione permanenti volte a preparare e poi sostenere i genitori professionalizzandoli nei compiti loro richiesti.

Esistono ambiti di natura istruttiva e di trasmissione del sapere nei quali evidentemente la famiglia ha bisogno di altre agenzie formative con le quali tuttavia è importante che essa rimanga in dialogo attraverso un confronto accorto, utile e costruttivo.

Ciò che è davvero inaccettabile è la rinuncia di molti genitori al ruolo educativo nel quale al contrario essi devono assumere un’importanza fondamentale soprattutto in ordine al dovere di dare ai figli una maturazione affettiva,  la capacità di osservare e leggere le mappe del mondo complesso nel quale sono chiamati a vivere, di valutarne le fondamenta antropologiche ed etiche, di acquisire le abilità mentali e le competenze operative per orientarsi tra i modi di pensare e di vivere mediando razionalmente aspirazioni e desideri, facendo scelte autonome e responsabili per raggiungere una cittadinanza matura, libera ed utile alla collettività.

Essendo un’istituzione in cui qualsiasi bene viene trasmesso secondo i paradigmi della gratuità e dell’amore, la famiglia non solo può aiutare la costruzione di regole etiche condivise, ma può giocare un ruolo fondamentale nell’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile perché l’insegnamento al riguardo non ha come fondamento solo la trasmissione del sapere, ma si manifesta soprattutto con l’esempio di vita che riesce meglio di qualunque altra cosa a dare significato all’esperienza personale maturata con conoscenze e competenze di tipo giuridico e politico, con l’interiorizzazione delle regole democratiche e dei diritti umani e con l’acquisizione delle competenze di tipo decisionale e partecipativo alla vita della società. 

Tale funzione è esercitabile solo se i genitori sono capaci di autorevolezza, di relazioni costruttive con le altre agenzie educative e di dedizione incondizionata nei confronti dei figli dedicando loro tutto il tempo necessario per far crescere in modo pieno ogni aspetto della personalità.

In tale direzione, soprattutto sul piano dell’educazione permanente, occorrono politiche di sostegno alla famiglia che oggi in Italia sono davvero molto carenti.

Si tratta in particolare di un’erogazione di servizi alle persone che intorno a noi, soprattutto in alcuni territori, lasciano molto a desiderare specialmente nelle fasi iniziali e terminali dell’esistenza.

È anche in tal modo che lo Stato permette alla famiglia di assolvere in modo sereno e competente il ruolo educativo che le compete.

di Umberto Berardo

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