Resilienza
Il cambiamento è prima di tutto una presa di coscienza corale, può essere rivoluzionario ma mai volgare o offensivo
di Tina De Michele (da lafonte.tv)
29 gennaio 2019
L’inclusione ha come presupposto indefettibile il principio di uguaglianza. Se non si parte dalla naturale premessa che tutti gli individui sono uguali nei diritti, tutto il resto è approssimazione e pietismo. Il pietismo altro non è che una forma edulcorata di discriminazione, è una falsa solidarietà fatta solo di parole sterili.
Troppo spesso la società viene letta soltanto in termini di rapporto forza/debolezza, per cui una persona con disabilità che ce l’ha fatta ad emergere diventa facilmente un eroe, un individuo dotato di specialità a dispetto della sua condizione iniziale; un povero, che si rimbocca le maniche per emergere nonostante le difficoltà, diviene l’emblema del riscatto sociale; il migrante, che compie una buona azione, diviene un eroe nazionale a dispetto di tanti che stano a spasso. In ognuna di queste situazioni si tende a trovare un “debole che diventa forte” e si dimentica una delle caratteristiche umane fondamentali che è la resilienza, ossia la capacità di assorbire gli urti e i traumi della vita.
Siamo tutti deboli ed esposti agli urti; spesso i traumi ci accadono quando meno ce lo aspettiamo, quando le giravolte della vita ci hanno fatto persino dimenticare che possa esistere un mondo sommerso dal caos del dolore, ed è proprio in quel momento che possiamo cadere. Bello sarebbe se avessimo una rete di protezione, che è tessuta delle maglie dell’impegno che ognuno di noi può fare per l’altro: un tappeto di sicurezza, che ci ammortizzi le cadute e ci renda più facile rimetterci in piedi. In fondo è a questo che dovrebbe servire l’impegno politico, a realizzare quella solidarietà sociale che permetta di sostenerci nelle difficoltà.
La verità è che difficilmente qualcuno può resistere da solo, senza aiuti attorno, a cominciare dalla propria famiglia a finire a quella società civile di cui facciamo parte, e nella quale abbiamo senso soltanto come individui “vivi” e pronti a seminare per gli altri.
Il progresso del resto è tale, soltanto se accessibile a tutti: non ha senso inaugurare nuove strade se non possono essere percorse da tutti i cittadini; non ha senso produrre divisioni ed iniquità, perché l’ingiustizia si propaga molto più velocemente della giustizia: dove c’è sperpero di denaro pubblico c’è disservizio per tutti, ed un mondo socialmente iniquo non produce ricchezza per nessuno. La resilienza nasce e cresce dalla solidarietà e dalla condivisione.
Sarà per questo che il Molise è destinato ed essere tra le regioni fanalino di coda, perché non ha quasi mai avuto uno spirito unitario e solidale? È inutile nascondersi, troppo spesso le dinamiche politiche della nostra regione sono state decise dai clientelismi, e le ultime elezioni politiche ne sono stata la drammatica testimonianza.
C’è un’inerzia di fondo che ripropone gli stessi schemi e le stesse sovrastrutture, sotto casacche diverse e colori diversi si nascondono le stesse figure e gli stessi centri di interesse e potere. Di fronte a tutto questo assistiamo inermi allo sgretolarsi dei nostri paesi, delle nostre strade e continuiamo a viaggiare a velocità ridotta. Il cambiamento certamente non viene fuori da solo, perché non ci sarà nessun salvatore che ci porterà fuori dal pantano con la sola forza delle sue idee e della sue convinzioni.
Il cambiamento è prima di tutto una presa di coscienza corale, può essere rivoluzionario ma mai volgare o offensivo. Se diventa forte non lo fa mai per distruggere un avversario, ma per prenderlo per mano e condurlo in posti dove non avrebbe mai sognato di andare per dimostragli che esiste un panorama più grande.
di Tina De Michele (da lafonte.tv)