Il progetto ForAlps
L’immigrazione come opportunità per i paesi di montagna
di Antonio Massariolo (da ilbolive.unipd.it)
6 febbraio 2019
Quando si parla di migranti bisogna farlo sempre con attenzione. I media hanno un’enorme responsabilità su come può essere percepita l’immigrazione tra i propri lettori. A volte quindi ci può stare anche fare autocritica e dire che il fenomeno delle migrazioni non può essere risolto solamente in poche righe.
Questa premessa per dire che, se ancora ce ne fosse il bisogno, parlare di migranti significa parlare di persone, con le loro relazioni sociali, i loro sentimenti e le loro capacità.
Spesso associamo il termine migrante alle immagini di persone stipate in barche fatiscenti che cercando una via d’uscita da una situazione per loro tragica. Queste sono le immagini che colpiscono la mente ma queste persone una volta giunte a terra non devono diventare invisibili.
C’è un progetto che cerca di fare proprio questo, analizzando come gli stranieri si inseriscono nei nostri territori montuosi. Il progetto si chiama ForAlps che è l’acronimo di Foreing Immigration in the Alps, cioè l’immigrazione straniera nelle Alpi. È un network di ricercatori e soggetti direttamente attivi in sistemi di accoglienza dei migranti. ForAlps si è costituito nel 2015 e comprende persone che vengono da tutti i Paesi dell’Arco Alpino, dalla Francia fino alla Slovenia.
L’obiettivo del progetto è quindi quello di analizzare come la presenza dell’immigrazione straniera in questi contesti aiuti lo sviluppo.
“Assieme all’Associazione dislivelli abbiamo fatto una ricerca – ha dichiarato Andrea Membretti, ricercatore dell’università di Pavia e mente del progetto ForAlps – 140mila circa erano i richiedenti asilo ospitati nei Cas o negli Sprar e circa il 40% erano in zone montane, tra le Alpi e gli Appennini. Questo significa che quasi una persona su due è in zone montane”.
“Per quanto riguarda i migranti economici invece, nell’arco Alpino abbiamo circa 400mila residenti regolari. Quindi stiamo parlando di numeri significativi e in alcuni contesti l’accoglienza di migranti nelle zone alte ha significato un’occasione di sviluppo delle economie locali perché sono arrivati flussi economici, la possibilità di creare dei posti di lavoro, si sono riattivare delle economie legate alla filiera del legno, alle economie di montagna al recupero della sentieristica. Noi abbiamo trovato molte situazioni che sono meno sotto l’occhio dei media dove la presenza straniera ha fatto la differenza, ha permesso di sopravvivere di territori e comunità”.
“Ora sta impattando il decreto sicurezza – ha concluso Andrea Membretti – e quindi le cose cambieranno. Ma ci sono posti, come il Cas presente nelle montagne del biellese e gestito dall’associazione Pace e Futuro, che con circa 100 persone ospitate all’anno ha riattivato l’economia di un paese che era in forte crisi”.
Molte di queste storie, oltre ad avercele raccontate nell’intervista di cui sopra fatta ad Andrea Membretti, sono raccolte nel volume “Montanari per forza” che è il risultato di una ricerca condotta dall’Associazione Dislivelli sui territori montani di Piemonte e Liguria per raccontare come questi ultimi si sono organizzati nel gestire l’ospitalità di rifugiati e richiedenti asilo.
Un modo di analizzare l’immigrazione partendo dalle opportunità che proprio gli stranieri possono offrire all’Italia, per far capire ancora una volta che il nostro Paese potrebbe trarre un grande beneficio da un sistema di integrazione gestito bene.
di Antonio Massariolo (da ilbolive.unipd.it)