Mangiavo carne tutti i giorni
Mangiavo carne tutti i giorni I racconti di Vincenzo
di Vincenzo Colledanchise
27 febbraio 2019
Negli anni Cinquanta non si viveva nell’’agiatezza. La carne si assaggiava non più di una o due volte la settimana. Però a me toccò il privilegio di mangiarne tutti i giorni e più volte al giorno, per un mese intero.
Una volta, mio padre che frequentava le fiere per acquistare e vendere muli e asini, riportò a casa una radio. L’aveva comprata a Campodipietra, in cambio di un asino. Ma per accenderla dovevamo aspettare la sera.
A quei tempi (1959), solo pochi benestanti godevano della luce elettrica “di giorno”. Per averla nelle proprie case, la gran parte della popolazione doveva aspettare che, al tramonto, l’addetto all’illuminazione pubblica azionasse l’interruttore della corrente elettrica “di notte”.
Fu così che una sera mentre la casa era allietata da canzoni napoletane, si sentirono lamenti e urla provenire dalla stalla sottostante.
A mio padre, salito sul soppalco per prendere il foraggio per gli animali, era scivolata di mano la forca che, cadendo giù, ferì mortalmente un mulo. I forti lamenti del quadrupede si erano confusi con gli acuti del tenore, ma poi, quando seguirono le irripetibili imprecazioni di mio padre, capimmo che era accaduto qualcosa di grave.
La bestia fu subito finita e squartata; la carne venduta ai vicini, all’insaputa del veterinario (che magari lo seppe e chiuse gli occhi). A me ragazzo non sembrava vero di poter disporre di tanta buona carne, benché scura e un po’ fibrosa. Ma dopo averne mangiato tre volte al giorno, in capo a una settimana mi venne la nausea. E allora, con dubbio altruismo, donai carne di mulo a tutti i compagni di scuola.
(Foto: mio padre)
di Vincenzo Colledanchise