Il cane pastorale
Ogni gregge dovrebbe avere una dotazione di quattro o cinque esemplari di cui almeno una femmina
di Paolo BREBER
1 aprile 2019
Il cane da pecora abruzzese serve esclusivamente a difendere il gregge dall’aggressione dei predatori ed in modo particolare del lupo.
Quando un lupo o un orso cerca di assalire il gregge il cane pastorale gli si pone dinnanzi e gli impedisce di avvicinarsi; però, affinché la sua azione difensiva sia veramente efficace, deve poter agire di squadra. Ogni gregge dovrebbe, quindi, avere una dotazione di quattro o cinque esemplari di cui almeno una femmina.
Il cane pastorale deve fiutare da lontano il nemico, e con il suo abbaiare fargli capire di non avvicinarsi. Se poi la minaccia si fa seria la squadra esperta entra in allarme rosso e fa la “ruota”, cioè circonda il gregge in modo da coprire ogni possibile lato d’attacco. Il lupo, vista la situazione, evita il confronto e se ne va via; ma i cani non devono lasciare il gregge per inseguirlo.
Quando il gregge è fermo i cani si posizionano in modo da dominare il territorio circostante. Se le pecore sono in cammino c’è il cane che va in avanscoperta per prevenire qualche agguato, c’è quello che resta in coda per coprire le spalle, c’è poi il cane che sta in mezzo alle pecore per tranquillizzarle. Se una pecora rimane indietro per qualche motivo (parto, azzoppata, etc.) uno dei cani resta con lei per proteggerla.
Un aspetto fondamentale del comportamento del cane pastorale è questo assoluto attaccamento alle sue pecore. Il pastore non staccherebbe mai il cane dal suo gregge. Il pastore sa che se si assenta i cani resteranno fedeli al loro posto. A questo forte legame si accompagna un rispetto assoluto. Il cane da pecora abruzzese può essere lasciato da solo con la certezza che mai infastidirà o assalirà gli animali che gli sono stati affidati. Dato il modo con cui il cane pastorale espleta la sua funzione è necessario che sia sempre libero, senza essere limitato da museruola, guinzaglio, catena o recinto.
Come si educa al lavoro il cane pastorale?
I comportamenti sopra descritti hanno una base ereditaria i quali emergono spontanei purché il soggetto sia stato condizionato correttamente nella sua prima infanzia. L’Abruzzese non si addestra, quindi, nel modo con cui normalmente avviene per un cane che deve svolgere un lavoro come, ad esempio, si fa con l’altro cane della pastorizia, il toccatore.
Un pastore che non conosce il cane pastorale abruzzese ma che ora ne sente il bisogno a causa dell’arrivo del lupo nella sua zona, come sta succedendo nelle Alpi, in quale modo deve procedere per corredarsi del necessario? La prima cosa è trovare una azienda ovina in una zona ad alta frequenza lupina di modo che avrà cani efficaci per assoluta necessità. In teoria, la soluzione più ovvia è di procurarsi dei soggetti adulti già perfettamente inquadrati e tra di loro affiatati; si adatterebbero subito al nuovo gregge. Ma molto difficilmente un pastore darà via dei soggetti che già lavorano. Un cucciolo appena svezzato è una promessa, un esemplare adulto è una certezza, e per questo ci vorrebbe una cifra molto alta per convincere il pastore a cederlo, sempre che si convinca. Avere dei cuccioli, invece, è molto più facile ma qui al principiante si presenterebbe poi il problema di come educarli. Per ottenere la massima funzionalità dai suoi cani pastorali egli dovrebbe procedere nel modo seguente.
Dalla prima cucciolata disponibile il principiante si farà dare dal pastore esperto tre o quattro fratelli appena svezzati. Mai prendere un cucciolo da solo. A questi maschi andrebbe quanto prima aggiunta una femmina coetanea o poco più vecchia, ma non così strettamente imparentata come potrebbe essere una loro sorella piena. Appena ottenuti vanno subito portati senza soste intermedie nella nuova azienda ovina. Lì vanno tenuti per tre o quattro giorni in un piccolo recinto all’interno dell’ovile dove prenderanno l’odore dell’azienda e conosceranno le loro pecore, così come queste avranno possibilità di conoscere i loro nuovi protettori.
Il futuro comportamento corretto del cane si decide tutto in queste poche settimane dopo lo svezzamento. Tolti dal piccolo recinto di primo ambientamento e lasciati liberi, si vedranno ora i cuccioli aggregarsi subito alle pecore e mai più lasciarle. Se le pecore vanno al pascolo i cuccioli le seguiranno tutto il giorno senza stancarsi sebbene non abbiano ancora due mesi. In queste settimane iniziali l’uomo deve astenersi da qualsiasi familiarità con i cuccioli finché non sia certo che il legame con la pecora sia ben consolidato ed irreversibile. Il concetto di base di tutto il discorso sta nella iniziale socializzazione con la pecora; la socializzazione coll’uomo potrà poi essere recuperata in un momento successivo per quel tanto necessario in un contesto di lavoro. In pratica ciò significa che il cane preferirà stare più con le pecore che con gli esseri umani. La presenza di donne e bambini in questo periodo cruciale è pericolosissima perché mai si riuscirà a trattenerli dal vezzeggiare, coccolare e giocare con questi “adorabili batuffoli”. Se questo succede, la socializzazione coll’uomo prevarrà su quella per la pecora e così vedremo i nostri mastini gironzolare intorno a casa invece di starsene col gregge al pascolo. Il legame e il rispetto per la pecora si manifestano sin dalla più tenera età; anche l’istinto protettivo è molto precoce ma per mettere in soggezione il lupo bisognerà ovviamente attendere che il cane acquisisca la grinta della piena maturità.
di Paolo BREBER