Matrimonio per procura della cugina
I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre
di Vincenzo Colledanchise
8 aprile 2019
Nel 1959 mia cugina ci invitò alle sue nozze e la festa si tenne nella stessa casa dove abitava.
Fu procurata una breccia tra una camera e l´altra, onde permettere che tutti gli invitati consumassero il pranzo insieme.
Avevo sette anni e rimasi stupito quando mamma mi disse che lo sposo che stava al fianco della sposa non sarebbe stato il marito di costei, perché quell’uomo era solo il fratello dello sposo, che da quest’ultimo aveva ricevuto delega a rappresentarlo nella cerimonia matrimoniale.
Come poteva essere? Tutti gridavano “viva gli sposi”, e poi, li avevo visti con i miei occhi inginocchiati insieme davanti all’altare e il prete benedirli. Anche lo sposo rispondeva al saluto e agli auguri della gente quando veniva inondato di riso e monete!
Ci capii qualcosa in più all’indomani, quando la mamma mi disse che sarebbe andata ad accompagnare sua nipote al porto di Napoli perché doveva raggiungere il marito in Venezuela, che aveva sposato per procura il giorno prima di imbarcarsi.
Mia cugina conobbe personalmente il marito solo quando arrivò venti giorni dopo in Venezuela. Rimase colpita dalla statura dell´uomo, più bassa del fratello. Si, è pur vero che avevano tenuto per un anno una corrispondenza epistolare, avevano reciprocamente scambiato diverse foto, ma in effetti non si erano mai visti.
Eppure, il giorno stesso che si incontrarono dovettero verificare la reciproca statura, corporatura, parlata, ecc. e in serata ritrovarsi a letto per consumare il loro matrimonio celebrato venti giorni prima.
(Foto: La sposa accompagnata dai parenti al porto di Napoli per imbarcarsi per il Sud America, mia madre all’estrema destra nella foto, la sposa al centro, accovacciata)
di Vincenzo Colledanchise