• 10 Maggio 2019

La benedizione al divorziato nel giorno sbagliato

I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

10 maggio 2019

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Chi non ricorda l’ardore della battaglia per il referendum sul divorzio che divise l’Italia 45 anni fa, ora viene da sorridere ripensando agli anatemi lanciati dagli antidivorzisti, in modo particolare dagli ecclesiastici, che vedevano in quella legge l’entrata nel mondo degl’inferi, implorando i coniugi in rotta di collisione al sacrificio quotidiano in nome del semplice quieto vivere. 

Ma mio zio, già da parecchio tempo aveva in qualche modo divorziato dalla consorte andando a vivere con una vedova. 

Appena ebbe modo di sistemare tutta la figliolanza, credette opportuno sistemare anche le sue cose. 

Domenica 12 maggio 1974, gli italiani furono chiamati alle urne per votare quello che sarebbe stato il secondo referendum dopo la scelta tra monarchia e repubblica.

Zio Matteo non era più giovane e si sentiva legato alle tradizioni, in specie quelle religiose, perciò chiese ai padri cappuccini dei Monti, dove abitava, se avessero voluto benedire le sue fedi. Con incredibile tempismo, lo zio aveva scelto proprio quel giorno sbagliato per festeggiare religiosamente le sue nuove nozze. 

Fra i pochi invitati, ebbe a salire sui Monti la sorella, mia madre, che gli voleva molto bene. Arrivò all’appuntamento con anticipo e ciò le permise di partecipare alla messa precedente a quella programmata della benedizione degli anelli.

Un vecchio focoso predicatore, appresa la curiosa novità riguardante la pretesa di zio Matteo, incentrò tutta l’omelia di quella domenica sull’ipocrisia di alcuni cristiani, riversando tutta la sua bile sul povero assente rinnegato.

“Voi non immaginate cosa è capace di fare un cristiano sotto gli impulsi del diavolo: addirittura pretende che si benedica il suo grande peccato di traditore della famiglia… ! ”

La povera sorella che attendeva ansiosa l’arrivo degli sposi dovette suo malgrado sorbirsi l’omelia del frate, ma esasperata, appena finì quella dolente messa, si portò in sacrestia e protestò animatamente col frate, giustificando a modo suo la condotta del congiunto.

Quando giunse il nuovo officiante in sacrestia per accingersi a benedire gli anelli di Matteo durante la sua messa, notata la incontrollata e scomposta reazione dell’invitata, unitamente ai mormorii di alcuni fedeli, decise anch’ egli che non era affatto opportuna quella benedizione, seppur la cosa era già stata concordata un mese prima con l’interessato, quando gli animi non erano ancora agitati dalla contesa referendaria.

Quando finalmente giunse radioso lo zio con la sua sposa davanti al sagrato della chiesa, fu diplomaticamente invitato a ridiscendere a valle senza la auspicata benedizione per non turbare la quiete pubblica con la sua provocatoria pretesa di cristiano incoerente. 

Pur senza benedizione delle fedi, quell’unione fu resa felice dalla reciproca perenne fedeltà. 

di Vincenzo Colledanchise

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