Ragioni di Stato e nuove verità sul caso Moro
Riflessioni sull’interessante incontro culturale organizzato dalla Caritas Diocesana e dalla Scuola di Formazione all’impegno sociale e politico “Paolo Borsellino” a Trivento
di Umberto Berardo
13 maggio 2019
Il 10 maggio a Trivento (CB), presso la sala del seminario vescovile, si è tenuto un interessante incontro culturale organizzato dalla Caritas Diocesana e dalla Scuola di Formazione all’impegno sociale e politico “Paolo Borsellino”.
Un evento dovuto e importante a quarantuno anni dalla strage di via Fani e dal rapimento e dalla morte di Aldo Moro, grande statista e politico italiano.
Giuseppe Fioroni, deputato per diverse legislature, ministro della pubblica istruzione nel governo Prodi e Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, ha presentato il volume “Moro. Il caso non è chiuso. La verità non detta”, edito da Lindau, di cui è coautore con Maria Antonietta Calabrò.
Dopo l’appassionata e interessante introduzione di don Alberto Conti, direttore della Caritas Diocesana di Trivento, Fioroni ha illustrato il lavoro d’indagine condotto con la coautrice per superare le cosiddette “verità accettabili” per gli apparati della Stato e per i brigatisti giungendo così alle verità emerse dai lavori della “Commissione d’inchiesta Moro2” in cui affiorano dati sconcertanti non solo sui momenti del sequestro e dell’omicidio della statista democristiano, ma anche sul ruolo di organizzazioni internazionali il cui coinvolgimento nella vicenda è stato sempre negato dalle Brigate Rosse.
Il libro attraverso un’analisi accurata di documenti e testimonianze cerca d’individuare con obiettività cause, influenze e responsabilità dei poteri forti nella nascita della lotta armata e nel caso Moro.
Più che di nuove verità esplicitamente affermate, si tratta dell’individuazione di nuovi percorsi su possibili complicità e responsabilità intraviste nelle nuove documentazioni desecretate.
Si evidenzia così come le Brigate Rosse operassero per destabilizzare lo Stato e spingerlo al collasso, ma anche che dietro il loro progetto ci fosse uno scenario di poteri internazionali che operavano per impedire, come aveva intuito Mino Pecorelli già dal maggio 1978, che la partecipazione del P.C.I. al governo del Paese potesse portare al superamento della logica di Yalta con la costruzione di una diversa posizione geo-strategica dell’Italia, di un nuovo assetto internazionale, di nuovi equilibri e di una coesistenza pacifica tra i popoli.
Moro lo scollamento tra i cittadini e una politica in forte crisi di consenso e sosteneva con forza l’idea di una democrazia reale e il progetto della creazione degli Stati Uniti d’Europa per vincere gli egoismi nazionali.
La stessa visione di un’Italia autonoma dai blocchi contrapposti e aperta a rapporti diplomatici sempre più stretti con i Paesi dell’Europa e dell’area mediterranea era alquanto difficile da gestire per la netta opposizione delle grandi superpotenze.
Secondo Fioroni e Calabrò era questo in estrema sintesi il progetto politico di Aldo Moro e per tale ragione era considerato ingombrante; perciò fu sequestrato e ucciso.
L’indagine sulla vicenda di quei tragici cinquantacinque giorni del rapimento e dell’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana fa emergere in modo sconcertante operazioni e trattative politiche tra istituzioni e terroristi che gettano sulla questione una luce su patti e personaggi finora rimasti ai margini.
Ora è sicuramente più chiaro quell’episodio che tenne in ansia l’intera popolazione italiana e che si può oggi definire un vero e proprio complotto per bloccare i nuovi orizzonti di una politica che mirava a diventare sempre più autentica ed autonoma.
Occorre a tale proposito ricordare che il caso Moro si compone della strage di via Fani come del sequestro e dell’omicidio dello statista.
È dimostrato che le Brigate Rosse non avevano né la capacità e tantomeno i mezzi per un simile attentato; erano in effetti il braccio di una mente che risiedeva altrove e che mirava a bloccare il rinnovamento della politica mantenendo lo status quo in Europa.
Nel volume in questione si pone in luce come l’operazione del sequestro potrebbe essere avvenuta grazie alla capacità militare della Rote Armee Fraktion tedesca, ai servizi della Germania dell’Est e del Kgb oltre alla complicità di gruppi dell’estremismo palestinese, ma si evidenzia anche la funzione di uno stabile di proprietà dello IOR alla Balduina come primo possibile luogo di prigione di Moro.
Resta ancora oggi da spiegare quella linea della cosiddetta fermezza dettata in qualche modo dai principali organi d’informazione e dalla maggior parte delle forze politiche, mentre leaders socialisti e radicali cercarono di avanzare ipotesi di trattative per salvare Aldo Moro.
Altro elemento che emerge è la trattativa del Vaticano su un possibile pagamento di riscatto di dieci miliardi di lire messi a disposizione dall’imprenditore israeliano Flatto-sharom.
Da chiarire è anche l’attuale protezione sandinista del latitante Alessio Casimirri, figlio di un addetto della sala stampa della Santa Sede, già condannato a sei ergastoli e che oggi vive indisturbato nel Nicaragua.
Fioroni nel suo intervento ha affermato che la ricerca sulla verità relativa al caso Moro, spesso affogata dai depistaggi, sta avanzando, ma è anche necessario che chi sa, a partire dai brigatisti, sempre più reticenti, parli e contribuisca a rendere i fatti sempre più chiari.
Come è avvenuto anche in sala a Trivento in un dibattito aperto e partecipato, il caso Moro ha fatto e continua a far discutere in maniera sofferta e animata tra congetture, supposizioni e verità forse ancora non completamente rivelate.
Di recente è stato condotto un sondaggio su undicimila studenti tra i quali il 35% ignorerebbe chi sia Aldo Moro.
È un dato sconfortante che conferma la necessità di dare più importanza nelle scuole alla storia contemporanea.
Il lavoro della “Commissione d’inchiesta Moro2” ha avuto un buon riscontro a livello parlamentare, ma non è stato veicolato adeguatamente dai mass-media.
Utile davvero pertanto il volume “Moro. Il caso non è chiuso. La verità non detta” di Fioroni e Calabrò perché è uno strumento fondamentale per la ricerca della verità su uno degli episodi più inquietanti della storia del Novecento italiano.
A Trivento Fioroni non solo ha tenuto un’ampia relazione sul tema, ma ha dialogato successivamente con il numeroso pubblico presente che ha cercato in più interventi di approfondire gli elementi emersi dalla sua presentazione del saggio.
La serata si è conclusa con l’intervento di Mons. Claudio Palumbo, vescovo di Trivento, che ha ringraziato Giuseppe Fioroni per la sua preziosa presenza sul nostro territorio ed ha sollecitato la Caritas Diocesana e la Scuola di Formazione all’impegno sociale e politico “Paolo Borsellino” a continuare la preziosa attività culturale promossa in diocesi da oltre venticinque anni stimolando i giovani a lavorare con un impegno attivo perché possa essere sempre affermata la verità e garantita la dignità ad ogni persona.
di Umberto Berardo