• 30 Maggio 2019

Tutti i veleni tossici del “Molise oscuro” 

Un rapporto denuncia anni di inquinamento e di ecomafie

di Agostina Delli Compagni (da lastampa.it) 

30 maggio 2019

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Migliaia di tonnellate di rifiuti, con arsenico, solfuri, mercurio, cromo, rame, piombo e reflui ad altissima tossicità, scaricati dai trafficanti nel litorale molisano tra Termoli e Campobasso per smaltire rifiuti speciali provenienti da diverse aziende del nord Italia. Un rapporto denuncia anni di inquinamento e di ecomafie

«Ricordo i camion che andavano a scaricare, passavano sulla strada. Portavano una terra nera e fumante, ancora bollente. Scaricavano in continuazione, mi ricordo tutto». Solo alcune delle testimonianze raccolte nel report 2014 “Molise oscuro”. Un susseguirsi continuo di immagini mortali davanti agli occhi di molti cittadini molisani. E le conseguenze sulla loro salute non si sono fatte attendere. 

In un lavoro congiunto tra la Commissione Regionale Anticorruzione del Molise, il Comitato di Difesa della Salute Pubblica e l’associazione Mamme per la Salute di Venafro, “Molise oscuro” affronta il problema dei rifiuti e della tutela ambientale. Come l’operazione Mosca, condotta nel 2004 dai Carabinieri del Ros, del Comando Tutela dell’Ambiente e dei Comandi provinciali di Campobasso e Isernia. «I rifiuti, complessivamente alcune migliaia di tonnellate, contenevano arsenico, solfuri, mercurio, cromo, rame, piombo e reflui ad altissima tossicità. I trafficanti avevano scelto il litorale molisano tra Termoli e Campobasso per smaltire rifiuti speciali provenienti da diverse aziende del nord Italia» illustra Vincenzo Musacchio, presidente della Commissione Regionale Anticorruzione del Molise, associazione nata nel 2012 come risposta all’emergenza rifiuti tossici, in difesa dell’ambiente e degli abitanti molisani. «Sette ordinanze di custodia cautelare in carcere, quattordici indagati e cinquanta perquisizioni in nove regioni italiane. Il reato contestato –continua Musacchio- fu di associazione per delinquere finalizzata all’illecita gestione e al traffico di rifiuti pericolosi. E l’attualità dell’argomento è rappresentata dalla mancanza di notizie riguardanti l’urgente bonifica dell’area».

La lista dei terreni al veleno non si ferma qui. C’è Venafro, la discarica di Montagano, contrada Fragnete (Isernia) e Castelmauro. «Quest’ultima viene definita la “piccola Cernobyl”. La storia – spiega Musacchio – ha ufficialmente inizio il 19 dicembre 1979, quando il fisico nucleare Quintino De Notaris ottiene il nulla osta provvisorio dal medico provinciale di Campobasso Ermanno Sabatini alla detenzione di sostanze radioattive. Si tratta di rifiuti provenienti da attività industriali, mediche e di ricerca scientifica custoditi in una privata abitazione. Vi sono poi i “pozzi di Cercemaggiore”. Acque reflue immesse nei pozzi dimessi (circa trenta anni fa) del giacimento petrolifero. Si trattò, verosimilmente, di immissioni di sostanze, non ben definite, in pozzi della profondità di oltre 3.000 metri». 

Senza dimenticare una delle aree più inquinate e tossiche d’Italia: i sei ettari in prossimità al centro di Guglionesi. Con i suoi metalli pesanti, cromo, mercurio e piombo. «Negli anni Novanta –racconta Musacchio- è diventata deposito di scarti industriali i quali, invece di essere smaltiti secondo dei criteri regolari, hanno avvelenato la campagna molisana, proprio come in Gomorra. Tale area, denominata “Guglionesi II”, rimane tutt’oggi un’opera incompiuta nonostante l’impennata di malattie neoplastiche nei dintorni». 

Da una prima analisi dei dati dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano e del Ministero della Salute sui tumori maligni in Molise dal 1970 al 2010, l’associazione conferma che, a fronte di una diminuzione della popolazione da 320.515 a 310.003, la mortalità per anno in termini assoluti nella regione Molise è passata da 453 (141,34 morti ogni 100.000) a 659 (212,58 morti ogni 100.000). E così la frequenza di tumori ogni anno (incidenza) è raddoppiata da 596 a 1245 e la proporzione di individui colpita da tale malattia ogni anno (prevalenza) è passata da 1700 a 7782. «Dati –commenta Musacchio- di certo degni di approfondimento ma che già preoccupano». 

Dalle associazioni sono molteplici le proposte per fronteggiare l’emergenza rifiuti tossici. «Innanzitutto – dice Musacchio – bisogna istituire al più presto i registri riguardanti le neoplasie (tumori, mortalità, mesoteliomi e epidemiologico), un osservatorio permanente per il controllo sugli alimenti e sugli animali, un sistema stabile di controllo del territorio, le operazioni di bonifica di siti accertati come altamente tossici per la salute dei cittadini, un divieto assoluto di produrre anche un solo filo di erba nei terreni accertati come pericolosi e un monitoraggio in modo permanente l’aria e le acque territoriali. E inoltre cominciare ad adottare il principio: chi inquina paga. Esporre una popolazione al rischio di sostanze nocive alla salute umana è contro il diritto alla vita e contro l’eguaglianza tra gli individui, sanciti dalla Costituzione. I bambini dei territori soggetti a rischio hanno diritto al proprio futuro, è quindi più che mai necessario adottare il principio di precauzione. Prevenire è meglio che curare».

di Agostina Delli Compagni (da lastampa.it) 

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