• 9 Settembre 2019

Tratturi

L’importanza dei cammini nelle progettazioni relative al fondo per lo “Sviluppo turistico lungo i tratturi” articolato nel “recupero e valorizzazione del percorso tratturale” e nella “incentivazione e potenziamento dell’offerta turistica” (€ 129.391.270,50) conferito al Molise dal CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo) 

di Letizia Bindi (da lafonte.tv)

9 settembre 2019

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In questi mesi estivi e nella primavera scorsa si è assistito ad un fiorire di iniziative, convegni, cammini e passeggiate dedicati alla tutela, riscoperta e valorizzazione dei tratturi in Molise e non solo; un’attenzione insolita e sicuramente in controtendenza rispetto alla relativa distrazione degli ultimi anni, alle mere evocazioni del tema, ai fondi riservati ad azioni e progetti relativi che puntualmente si sono conclusi senza che un monitoraggio completo, una prospettiva integrata di intervento per la conservazione e valorizzazione di questo importante patrimonio bio-culturale venissero articolati compiutamente.

Si sono scritti progetti di legge, si sono costituiti uffici regionali dedicati, si sono dedicati, a fasi alterne, fondi del PSR e di altre misure di aiuto allo sviluppo locale – come ad esempio i finanziamenti dei GAL – dichiarando di voler fare dei tratturi e della transumanza una chiave di volta nella promozione dei territori in passato caratterizzati da questa pratica e dall’insieme di saperi e conoscenze connessi al pastoralismo vagante.

Oggi ci ritroviamo dinanzi a questa improvvisa e nuova visibilità, ma soprattutto assistiamo ad una nuova, importante linea di investimento pubblico in questo ambito attraverso il CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo, presentato da Invitalia nel luglio scorso) che conferisce al Molise un fondo importante per lo “Sviluppo turistico lungo i tratturi” articolato nel “recupero e valorizzazione del percorso tratturale” e nella “incentivazione e potenziamento dell’offerta turistica” (€ 129.391.270,50).

Il progetto, con capo fila il comune di Campodipietra e basato su un consorzio di 61 comuni molisani, si articola per lo più in interventi strutturali, in recuperi edilizi, restauri, messe in sicurezza, intervenendo lungo le vie tratturali che, c’è da dire, per il Molise possono considerarsi pressoché coestensive del territorio regionale tout court, essendo ogni parte del Molise attraversata da tratturi regi e da tratturelli, da bracci, defènze, stazzi e luoghi in cui si svolgevano fiere e mercati del bestiame e dei prodotti connessi alla pastorizia, dove si lavoravano la lana così come i formaggi e le carni.

La leadership regionale ha molto insistito nella sua comunicazione pubblica sui tratturi e la transumanza come opportunità di sviluppo e di ripensamento complessivi dell’ offerta turistica e di promozione dei prodotti artigianali e delle filiere agro-alimentari connesse, ma la sensazione che ne otteniamo per adesso è che il processo, che pure viene da una rete di Comuni e dichiara la sua vocazione trasversale e partecipativa, debba consolidare una prospettiva strategica di salvaguardia e valorizzazione, promuovendo un quadro integrato di interventi e un nuovo approccio culturale alla questione.

Nell’attesa della risoluzione del board internazionale UNESCO che nell’ autunno prossimo deciderà in merito alla candidatura di rete internazionale della Civiltà dei tratturi e della transumanza (insieme con la Grecia e l’Austria, presentata dal MIPAAF), il tema viene continuamente evocato e promosso come panacea contro ogni spopolamento, come argine a ogni crisi produttiva, come garanzia contro la progressiva perdita di suolo e di biodiversità, come elemento identitario cruciale per l’intera comunità regionale.

Molto si dice, molto si racconta, molto si cammina e molto si assapora.

Da qualche anno, con il Centro BIOCULT per il patrimonio bio-culturale dell’Università degli Studi del Molise, riteniamo che il tema dei tratturi e della transumanza sia un tema tutt’altro che passatista, atavico e inquadrabile in quella ‘nostalgia strutturale’ per il passato e le radici agro-pastorali che un grande antropologo contemporaneo, Michael Herzfeld, ha attribuito alle culture contemporanee. Pensiamo, infatti, che parlare di tratturi voglia dire occuparsi con grande attenzione del sistema delle concessioni agrarie che hanno di fatto continuato, nonostante la presenza del vincolo della Soprintendenza sul tratturo già dal 1939, a destrutturare il sistema di attraversamenti che consentivano lo spostamento di greggi e animali e con essi le reti di idee, relazioni, artigianato, parole, affetti, rituali, saperi tradizionali, conoscenze ambientali. Pensiamo che occuparci di pastorizia significhi interrogarsi sullo spopolamento delle aree interne della dorsale appenninica, combattere la marginalizzazione progressiva, un’idea retriva dell’essere pastore che oggi invece può tingersi di aspetti e aspettative nuove. Al tempo stesso il tema della pastorizia transumante pone temi urgentissimi e legati alle più nuove sensibilità come quello della conservazione della biodiversità e dei paesaggi legati a questi cammini, delle pratiche artigianali connesse a questa attività produttiva tradizionale, della tutela di un maggiore benessere animale.

I processi di tutela e valorizzazione dei tratturi e della transumanza ci appaiono un oggetto politico eccellente, in quanto capaci di condensare problemi e temi della tutela ambientale e paesaggistica. Necessitano, infatti, di vigilanza sui processi decisionali, sui livelli di governance del territorio, sul controllo locale che si esercitano a partire proprio dalle scelte sulle destinazioni d’uso dei terreni così come nell’incentivo reale, o meno, garantito a certi tipi di attività ed iniziative private.

Personalmente, però, ritengo che i tratturi e le transumanze siano anche e soprattutto un cammino culturale attraverso il quale le comunità vengano ad essere pienamente coinvolte nel processo di patrimonializzazione e di progettazione dello sviluppo territoriale.

>Può essere, quella dei cammini, una via straordinaria di conoscenza, approfondimento culturale relativo al pastoralismo tradizionale, capace di mobilitare una multidisciplinarietà radicale e per ciò stesso di dialogare e di renderci pienamente comprensibili i saperi e le pratiche locali e farcene apprezzare l’interesse economico, il valore patrimoniale e la straordinaria bellezza.

Per fare questo ci vuole un intreccio sapiente e leale tra governance, comunità e competenze esperte, sapendo che solo attraverso una franca cooperazione tra queste diverse componenti sarà possibile dare alle comunità di queste aree l’orgoglio della loro appartenenza e al tempo stesso la forza aperta della mobilità storicamente connessa al camminare lungo i tratturi, al cuore stesso di un progetto nuovo di sviluppo agro-pastorale, turistico e culturale di queste aree 

di Letizia Bindi (da lafonte.tv)

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