Riscoprirsi comunità
Una grande scommessa del Vescovo quella di presentare il progetto di unificare l’attività parrocchiale della comunità larinese
di Maurizio Corbo (da lafonte.tv)
30 ottobre 2019
Scusate il ritardo è un film del 1983 interpretato e diretto da Massimo Troisi con un cast di tutto rispetto (Lello Arena, Giuliana De Sio, ecc.). Il film racconta la storia di un giovane disoccupato (Vincenzo) la cui esistenza è priva di stimoli, dettata dalla pigrizia, dalla noia e dall’ipocondria. A differenza della madre Assunta, impegnata da quelle faccende domestiche che lo scocciano perennemente, della sorella Patrizia, sposata e con figlia a carico, e del fratello Alfredo, attore sempre in giro nei suoi spettacoli teatrali, Vincenzo sfugge a qualsiasi tipo di compito o responsabilità, anche a livello umano. Quest’ultimo aspetto si manifesta particolarmente nei confronti del suo amico Tonino (Lello Arena), che cerca in lui una spalla sulla quale piangere dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, ricevendo però soltanto risposte banali e indecise, e un’apparente compassione che a malapena cela l’indifferenza.
L’occasione di una svolta per Vincenzo potrebbe arrivare dall’incontro con Anna, una vecchia compagna di scuola di Patrizia, conosciuta in occasione del funerale di un loro parente. Dopo un timido approccio tra i due incomincia una relazione nella quale tuttavia chi sembra gettarsi più a capofitto è lei, desiderosa di amore e dolcezza dopo un’esperienza sentimentale finita male. Vincenzo, al contrario, non pare vivere la storia con lo stesso coinvolgimento passionale della ragazza, proprio perché non cancella i suoi cronici difetti. E si mostra scontroso e indolente agli occhi di Anna in una varietà di situazioni, specie quando Tonino, sempre più depresso, nasconde a stento le sue intenzioni suicide recandosi a tarda sera in una stazione ferroviaria nella quale rimane sotto la pioggia pensando al gesto estremo di buttarsi sotto un treno.
Anna comincia a non sopportare la mancanza di attenzione e di premure di Vincenzo nei suoi confronti, si sente priva di comprensione, non vede complicità. L’acme viene raggiunto quando una domenica pomeriggio, mentre i due sono a letto, lui accende casualmente la radio e, alla notizia calcistica del clamoroso vantaggio del Cesena sul Napoli, sembra mostrare più interesse per la sua squadra del cuore che non per le perplessità che Anna sta esprimendogli sulla loro relazione. La giovane decide così di lasciarlo, e di lasciare anche Napoli per tornare a lavorare a Perugia. Resosi conto per la prima volta di cosa stia davvero perdendo, Vincenzo cerca di impedire quella fine, sicché Anna gli propone una pausa di riflessione di un mese. Mentre lui cade in preda allo sconforto, Tonino appare miracolosamente rinfrancato dall’aver trovato una nuova ragazza. E, mostrando molta più umanità di quanta ne abbia avuta a suo tempo l’amico, sarà proprio lui a convincere Anna a tornare da Vincenzo, il quale, malgrado senza alcuna convinzione, chiede ad Anna di restare nella sua vita.
L’epilogo è molto bello e di questa trama mi piace sottolineare questo: “Scusate il ritardo”, premesso dal nostro vescovo nel presentare il progetto (una grande scommessa) di unificare l’attività parrocchiale della comunità larinese. Non più Larino centro storico e Larino piano San Leonardo ma Larino dove tutti si sentano fedeli di un’unica realtà. Come sottolineato dal vescovo, il larinese vive già una certa libertà nel fruire i “servizi” che la comunità religiosa offre. Ecco allora la svolta: provare a dare corpo a quel progetto di unificazione, partito almeno dieci anni fa, ma che non è mai arrivato. Certo, tentativi se ne sono fatti ma, ahimè, senza grandi risultati. I cittadini di Larino hanno sempre vissuto una dicotomia identitaria e oggi, finalmente, si riparte con un progetto, palesato a tutti, in cui la chiesa larinese è una sola: quella che, nel nome di Cristo, si fa prossimo al fratello, che cammina verso una maturità di fede certa, e che può e deve diventare un modello per le altre chiese particolari della nostra diocesi. Obiettivi comuni, per crescere e non lasciare nessuno indietro. Un modello di chiesa riscoperto che potrebbe dare uno scossone anche alla vita politica della comunità. Riscoprirsi comunità a 360 gradi, dove diventerà facile stare insieme nei momenti ludici ma anche nella vita produttiva (le cooperative nel nostro territorio sono sempre state delle meteore). Non il mio orticello, ma il nostro campo, dove ognuno mette del proprio perché si produca tanto e bene. La chiesa, con ritardo dichiarato, ci sta provando e sono sicuro riuscirà nell’intento e il mondo civile di questa comunità che vuole fare? Vogliamo cominciare un cammino strutturato diversamente o vogliamo continuare a coltivare l’orto del suicidio?
Inevitabilmente in campagna elettorale i propositi sono alti e generosi ma poi si finisce sempre nel gestire l’ordinaria amministrazione. Dovremmo cominciare, tutti, a dire “scusate il ritardo” perché da oggi si deve cambiare registro ed essere non più indifferenti, come Vincenzo nel film, ma propositivi ed appassionati della nostra storia.
di Maurizio Corbo (da lafonte.tv)