• 29 Novembre 2019

Limosano e S. Illuminata

Anche Limosano aveva un castello

di Franco Valente – fb

29 novembre 2019

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Giambattista Masciotta ritiene corretamente che Limosano corrisponda all’antico Musanum richiamato nel Chronicon S. Sophiae di Benevento.

La citazione più antica si ritrova tra i pannelli della porta desideriana di Montecassino dove, nell’elenco dei beni compilato sul bronzo ageminato del 1066 vi si ritrova S(an)c(t)a Illuminata de Musano di cui parla anche Pietro Diacono nel suo Registro con un importante riferimento dell’anno 1109 al Limessani castri domino quando riporta il testo della donazione di quella chiesa all’abbazia di Montecassino da parte di Roberto figlio di Tristaino, alla presenza del vescovo triventino Giovanni:

Sed et Johannes Triventinae Sedis Episcopus, una cum Robberto Filio Tristayni limessani Castri domino optulit huic loco ecclesiam S. Illuminatae infra fines praedicti Castri Limessani, loco ubi dicitur Petra majore cum omnibus ecclesiis, et pertinentiis suis poena indicta centum librarum auri id removere querentibus.

Il Gattola conferma che il documento autografo si trovi ancora nell’archivio di Montecassino, tant’è che ne trascrive il testo dal quale riprendiamo la parte che interessa la definizione di luogo fortificato attribuita all’abitato di Limosano anche per mostrare che viene indifferentemente usato il termine castrum o castellum:

In nomine domini nostri Jesu Christi filii dei aeterni, anno ab incarnatione ejus millesimo centesimo nono, mens junio, Secunda indictione. Ego Robbertus filius cujusdam bonae memoriae domni Trostayni, qui deinutu Limosani castelli sum dominus, declaro, me haberequamdam ecclesiam pertinentem mihi per hereditariam successionem infra fines limosani, quae constructa in loco, ubi dicitur Pesclo majore, in honore sanctae virginis, et martiris Illuminatae.

Questo Roberto, dunque, era figlio di Tristaino il quale, a sua volta, era figlio di Guimondo, fratello di Roberto il Guiscardo: Da qui possiamo capire quale importanza avesse il nostro feudatario.

Un privilegio di papa Anacleto II del 1130, la cui importanza fu evidenziata dal Kehr, attesta che per un breve periodo Limosano fu sede di cattedra vescovile e che S. Maria ne fu la cattedrale.

In questi tempi il potere normanno si era consolidato attraverso una politica di concessioni a favore delle organizzazioni religiose che avevano sostenuto la sua causa.

Una politica di reciproco appoggio che da una parte fece retrocedere le iniziative che avevano portato ad una certa riduzione del rapporto servile nei confronti di chi vi lavorava e dall’altra un conseguente aumento del vassallaggio a favore dei nuovi feudatari in generale e delle abbazie che dipendevano da Montecassino in particolare.

Anacleto II, considerato antipapa di Innocenzo II eletto nel medesimo giorno dalla fazione avversaria, si affrettò a ricambiare il sostegno ai normanni riconoscendo a Ruggero II il Buono il titolo reale sull’Italia meridionale.

Anacleto una volta eletto si preoccupò anche delle terre che erano appartenute ad una scomparsa diocesi di Limosano che egli in pratica rescrivebat, nel senso che la ricostituiva con un suo privilegio.

In questo privilegio si dice che Limosano fuit civitas per cui dobbiamo presumere che avesse un sistema di difesa perlomeno analogo a quelli dei centri della diocesi di importanza sicuramente minori e che proprio per il carattere difensivo vengono definiti Castrum Pinianum, castrum Sancti Angeli, Castellucium de Limosano, Rocca Racini, Castrum Montis Agani, Pretella cum rocca, Castrum de Lino, castra Petra I, castrum Iohannis Fulconis.

Di certo nell’ottobre del 1147 Raynaldus petre habundanti sottoscrive in Limosano una concordia stipulata tra Hugo Marchisius, signore di Lupara e Castelbottaccio, e Giovanni abate di S. Sofia di Benevento, alla presenza di Ugo II di Molise, conte di Boiano, per il tributo che devono pagare gli uomini della chiesa di S. Angelo in Altissimo di Civitacampomarano.

La circostanza ci induce a ritenere che in quell’anno il nucleo urbano fosse dotato sicuramente di un edificio di una certa importanza nel quale convennero personaggi di importanza come Ugo II conte di Molise, accompagnato, come sottolinea il notaio, da baroni, magnati, giudici ed altri gentiluomini (baronibus, magnatibus, iudicibus aliisque suis bonis hominibus) insieme all’abate Giovanni di Benevento che aveva con sé confratelli, procuratori di cose ed uomini della sua chiesa (confratibus et procuratoribus rerum et predicte ecclesie hominum).

In altri termini anche Limosano aveva un castello che sicuramente esisteva in epoca normanna, ma che molto probabilmente ripeteva una fondazione longobarda riferibile all’epoca in cui il nucleo ancora si chiamava Musanum. Un edificio fortificato che corrisponde all’attuale palazzo baronale il cui impianto quadrangolare, come nota Luigi Marino, aderisce nei caratteri generali ai modelli di residenza fortificata che sovente si è innestata, in tarda epoca, su preesistenti impianti fortificati .

Nelle porte di bronzo del duomo di Benevento, della prima metà del XIII secolo, la presenza dell’immagine del vescovo di Limosano in qualche modo conferma che a quell’epoca la diocesi ancora avesse un proprio vescovo o perlomeno una ben precisa definizione territoriale.

Articolo completo con foto

di Franco Valente – fb

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