Mistero della Tavola Osca, nuove indagini
Il Molise presto al British Museum per il confronto
di Maurizio Cavaliere (da primonumero.it)
17 gennaio 2020
Entrai per la prima volta al British Museum nell’estate del 1992. Poco più che un ragazzo agitato da comuni passioni giovanili.
Solo ma felice, macchina fotografica da battaglia e, ovviamente, visti i tempi, niente cellulare. Tra le mani una guida di famiglia del Touring Club. L’ideale per esplorare un museo fantastico che, ora come allora, è a ingresso libero. Avevo segnato un po’ di cose da vedere per bene. Una era la Stele di Rosetta, il blocco nero di roccia granitica, trovato nell’omonima città egizia, che ha contribuito in maniera decisiva alla comprensione dei geroglifici ovvero quei segni della scrittura pittografica egizia, di cui avevo un’immagine precisa dalle elementari.
Nelle mie manie snob, esterofile, rockettare e para culturali, ero totalmente ignaro dell’esistenza di un ‘reperto molisano’ in mostra a poca distanza dall’imponente stele egizia. Me ne accorsi prendendo un corridoio per raggiungere un altro spazio aperto del Museo, forse al piano superiore. Nei flashback di quel giorno lontano, ricordo di aver letto il nome ‘Pietrabbondante’ ma è improbabile che sia andata così visto che la targa che oggi descrive il cimelio riporta solo due luoghi: Agnone e Capracotta.
Sussultai felice alla vista della Tavola Osca, di cui oggi conosco alcuni aspetti, compreso il probabilissimo riferimento al Tempio italico di Pietrabbondante (scherzi della memoria…) ma che allora fu per me una sensazionale scoperta, un punto di partenza nel processo di approfondimento delle radici.
Un quarto di secolo dopo, rivedo quell’esperienza vissuta in solitaria con un intatto senso di tenerezza. La Tavola Osca sarebbe tornata più volte a occupare la mia fantasia: attraverso le gite su e giù per il Molise, per via dell’omonimo gruppo pop di Agnone; ne ho perfino regalato una copia della Pontificia Fonderia Marinelli ai miei genitori appassionati di storia, perché quella in esame non è una comune lastra di bronzo ma è un’importante testimonianza dell’estinto idioma degli Osci, popolazione italica che, nell’attuale Molise, finì con il fondersi con i Sanniti.
Con stupore interessato scopro oggi che, quel prezioso cimelio esposto a migliaia di chilometri dal luogo in cui è stato trovato, potrebbe non essere l’unica versione del documento storico che, secondo gli esperti, indica le cerimonie che avevano luogo in un recinto sacro a Kerres (dea madre della vita vegetale e non solo) e agli dei ad essa sottoposti.
In realtà parte tutto nel 2013, su segnalazione di Giuseppe Ciaramella, giovane avvocato di origine campobassana, che scopre un dossier sepolto dell’archivio storico della Soprintendenza archeologica di Napoli: una cartella contenente un centinaio di documenti fra lettere, verbali e fotografie, riguardanti una tavola di bronzo con iscrizione osca prima sequestrata poi restituita a una famiglia di origine agnonese, gli Amicarelli-D’Onofrio. Il reperto, che secondo una prima versione fornita dal proprietario di allora, era stato trovato da alcuni pastori sul Monte della Macchia, vicino Agnone, sarebbe identico a quello ammirato a Londra. Unica differenza immediatamente visibile: la mancanza nella ‘nuova Tavola’ dell’accrocco in ferro utilizzato per fissarla alla parete.
Il caso appassiona archeologi e altri esperti. La lastra di bronzo è di data incerta e avvolta inizialmente da una patina verde oltre che da una spessa coltre di mistero. Una poderosa onda da cavalcare per storici e ricercatori.
Bisogna indagare a fondo. E per fortuna c’è chi si mette subito al lavoro. E’ l’agnonese Nicola Mastronardi, studioso, scrittore e autore di programmi tv, cui si deve in gran parte il merito di aver riacceso l’interesse sul mistero segnalato per primo (nel 1930) dal Soprintendente campano Amedeo Maiuri.
Quest’ultimo, per un’analisi accurata, aveva sequestrato la ‘nuova Tavola Osca’ successivamente restituita al ragioniere di origine agnonese, Erasmo Amicarelli, legittimo possessore.
Da alcuni documenti contenuti nel dossier, si evince che la ‘Tavola Osca gemella’ potrebbe essere stata prodotta da Vincenzo Paolo D’Onofrio, nonno della moglie di Amicarelli, la signora Ersilia. Potrebbe essere stato lui a incidere il ‘pezzo’ nel laboratorio orafo di famiglia. La casa di D’Onofrio è la stessa dalla quale proveniva la lastra di bronzo originale trovata fra Capracotta e Agnone, in località Fonte del Romito, nella metà dell’800 e poi nel 1873, venduta dal collezionista Alessandro Castellani al British Museum. Era proprio quella la Tavola autentica? E la ‘nuova lastra’ era una copia o un altro originale?
I dubbi s’insinuano e non solo perché il Maiuri, in una lettera inviata al Ministero, scrive della ‘Tavola gemella’ in questi termini: “Da un esame preliminare della tavoletta io traggo la quasi certezza della sua autenticità”.
Oggi come allora è necessario un confronto diretto fra i due reperti, cosa mai avvenuta perché ‘esportare un pezzo’ dal British Museum è opera complicata e assai costosa.
Tra speranze e incertezze la ricerca avanza, anche se a piccoli passi. Prove a favore ce ne sono, così come elementi che non convincono. Siamo ancora nella fase in cui tutto e il contrario di tutto fanno parte dello stesso variegato meccanismo di verifica che porterà a risolvere l’enigma.
Tre le ipotesi: originale quella del British Museum e copia quella ‘gemella’; originale la Tavola trovata successivamente e copia quella venduta ai londinesi (sai che beffa…); oppure originali entrambe le lastre.
La comparazione tra i due cimeli dovrebbe avvenire con un confronto ‘faccia a faccia’, come in Tribunale. Sotto la stessa lente d’ingrandimento. Lo auspica, prudente, dal primo momento in cui ha potuto esaminare da vicino la ‘seconda tavola’, anche il noto archeologo Adriano La Regina, che conosce la storia del Molise come pochi.
Il quadro è nebuloso, ma Nicola Mastronardi, che in una mostra del 2015 ha portato la ‘Tavola gemella’ all’osservazione di tutti, non si è stancato di approfondire. Tutt’altro. “Abbiamo una certezza – spiega – come già affermato nel dossier Maiuri: le due tavole sono l’una il calco dell’altra. Bisogna vedere qual è la… mamma. Finora non abbiamo potuto procedere alla comparazione diretta. Abbiamo invece confrontato le misure dei reperti. Quelle della Tavola esposta a Londra, sono di poco più grandi di quelle della Tavola trovata in un secondo momento. Ciò confermerebbe che l’originale è al ‘British’, e di questo, sarebbe stata realizzata una copia. Ma ci sono anche ‘prove’ o meglio indizi che fanno pensare al contrario: dunque è chiaro che fino a quando le due lastre non saranno collocate l’una accanto all’altra – dice Mastronardi – non potremo dare risposte certe, nemmeno se verificassimo con esattezza, come abbiamo già fatto, la sovrapposizione dei caratteri in lingua osca, che presenta aspetti altrettanto rilevanti”. Si tratta di piccole differenze nell’incisione e in alcuni segni.
Le ricerche proseguono: quella della composizione dei metalli, l’esame ai raggi x, la scansione di foto ad altissima risoluzione. “E’ fondamentale – riprende il giornalista agnonese – esaminare il contenuto della patina in cui è ricoperta la ‘seconda Tavola’. Capiremo da questo se la lastra è rimasta sotto terra per pochi anni o per più di due millenni”. Differenza sostanziale.
Il Dipartimento Tecnologie applicate ai Beni Culturali del Cnr di Roma ha messo i suoi laboratori al servizio della scoperta della verità. Mentre l’archeologa Rosa Cannavacciuolo, dottoranda presso l’Università del Molise, è stata chiamata da Mastronardi ad occuparsi dei contatti con altri laboratori specializzati in tutta Italia. Ecco il suo aggiornamento: “In queste settimane – spiega – faremo delle analisi chimiche sul metallo della tavola per avere notizie della sua composizione, in particolare è importante conoscere il dato sulla quantità di piombo presente nella lega. Così avremo indicazioni sulla provenienza certa della lastra. Personalmente sto cercando anche di capire se al British Museum siano stati effettuati esami specifici sulla Tavola Osca lì esposta. Potrebbero essere negli archivi, anche se nella bibliografia edita non ci sono notizie. E’ chiaro che da quando, negli anni ’30, si è diffusa la notizia di una nuova Tavola trovata ad Agnone, ci si sarà posto il problema di fare delle verifiche – continua l’archeologa – In passato la lastra del ‘British’ è stata ritirata dall’esposizione e possiamo pensare che in quel periodo siano stati fatti dei rilievi”.
Il gigantesco Museo di Bloomsbury, nel cuore di Londra, sarà la destinazione del viaggio che, presto, il team composto da Nicola Mastronardi, Rosa Cannavacciuolo e altri esperti, organizzeranno per la comparazione dei due reperti. Non prima che le nuove indagini sulla ‘Tavola gemella’ siamo ultimate. Molto atteso l’esame chimico che, come ci annuncia l’archeologa Unimol: “Sarà effettuato nei Laboratori di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, nei sotterranei del Gran Sasso”. Nel famoso Laboratorio ci si occupa infatti anche di archeometria, cioè dello studio scientifico dei materiali di cui i beni di interesse storico, archeologico, artistico e architettonico sono costituiti e dei contesti naturali in cui questi reperti si sono ritrovati nel tempo.
C’è ancora da attendere, ma troppo però, per avere la ‘sentenza’ sullo status della ‘Tavola gemella’ di quella del British Museum. “Manca poco alla risposta definitiva – riprende Mastronardi – Ne parlerò, riportando la storia delle due Tavole, in un saggio dedicato alla lastra trovata ad Agnone, da scrivere con la Cannavacciuolo quando avremo un quadro nitido della vicenda”. Un altro ‘scritto’ di Mastronardi, dopo ‘Viteliù – Il nome della libertà’ romanzo storico di successo che ha interessato più di uno studioso della storia d’Italia e del Molise.
“Avremo le risposte degli esperti e, se non ce la dovessimo fare a breve – conclude Mastronardi più scaltro e lucido di un sannita alle ‘Forche Caudine’ – coinvolgeremo tutto il mondo scientifico”. In fondo, anche questa è una storia di rapporti di forze che si affrontano. Grandi contro piccoli. Davide e Golia che si sfidano sui monti dell’Alto Molise. Invasori inglesi avidi di tesori e molisani che resistono in trincea.
di Maurizio Cavaliere (da primonumero.it)