• 30 Gennaio 2020

Dall’asino al computer 

I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

5 febbraio 2020

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Il 6 febbraio 1952 veniva incoronata la Regina d’Inghilterra, nel contempo venivo al mondo grazie all’ immolazione di un gallo, che mi strappava alla morte subito dopo nato.

Sono grato alla Fortuna per aver goduto il più lungo periodo di pace mai avutosi in Europa.

Erodoto asseriva che “In pace i figli seppelliscono i padri, mentre in guerra sono i padri a seppellire i figli.”

Sono nato nel tempo in cui l’Italia era povera, quando l’economia della nazione era a trazione prevalentemente agricola.

Sono stato segnato dall’esperienza vissuta tra i campi, che i miei coltivavano grazie all’ausilio di un asino, nel tempo in cui la vita era meno frenetica ma molto più faticosa di oggi, vivendo in stretto connubio con la natura, vera maestra di vita e di Bellezza.

Ho potuto così cogliere gli ultimi anni della civiltà contadina durante i quali ho attinto l’acqua dai pozzi, ho visto l’acqua purissima del fiume (dove la mamma lavava i panni), ho apprezzato il pane fatto in casa, che veniva consumato con parsimonia e conservato per diversi giorni. 

Ora non si conserva nulla, il nostro tempo è quello guidato dell’economia dei consumi e in poche generazioni abbiamo divorato, come cavallette, più di quanto ci necessitava, lasciando un territorio contaminato per sempre.

Ora che quel mondo di stenti e di fatica e di bellezza è finito, sento il rimpianto per tutto ciò che con esso si è perduto: la libertà con la goffaggine che ci animava, i valori che ha espresso e coniugato nella solidarietà vera tra poveri, senza competizione e finzione alcuna, perchè accomunati da pezze e pizze. 

Ho conservato la memoria emozionale di quel tempo duro, ma foriero di grandi valori e di forte aggregazione sociale, ricordi scaturiti non solo dalla mia inguaribile nostalgia, ma dal mio animo rimasto profondamente contadino, mai piegatosi ai canoni dell’attuale società, che ci rende ingranaggi anonimi di un meccanismo senza futuro, incentrato sul materialismo e sull’ individualità, generando il più terribile dei mali, l’indifferenza.

di Vincenzo Colledanchise

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