Gl’ Cierv
La tradizione carnevalesca di Castelnuovo al Volturno
di Domenico Pio Abiuso
10 febbraio 2020
A Castelnuovo al Volturno, frazione di Rocchetta al Volturno in provincia di Isernia, c’è una tradizione carnevalesca che si ripete l’ultima domenica di carnevale (quest’anno l’11 febbraio): l’Uomo Cervo o, come viene pronunciato in dialetto rocchettano, Gl’ Cierv. Coperto da pelli di capra, con mani e volto tinti di nero, il Cervo indossa un cappuccio di pelle nera, corna e campanacci. Attorno a lui ruotano altre figure: la Cerva, il Martino, le Janare, il Maone e il Cacciatore.
Il Cervo si muove e si lamenta, rotolandosi a terra e spaventando la gente insieme alla sua compagna, la Cerva. Il Martino è rappresentato da una persona vestita di bianco, con le guance dipinte di rosso, un cappello a forma di cono e ai piedi delle ciabatte particolari chiamate in dialetto “zampitt”. La sua funzione è quella di arginare, dopo una faticosa lotta, il Cervo e la Cerva con una fune e un bastone.
Le Janare sono streghe orribili nell’aspetto, hanno capelli lunghi, terrificanti maschere e ballano una danza dai ritmi frenetici. Il loro ingresso, annunciato dal Maone, è caratterizzato da una corsa sfrenata con urla intorno a un falò, dove eseguono un rito malefico accompagnato dal suono dei tamburi. Il Maone è un personaggio ricoperto di pelli di capra e lunghe chiome, porta un bastone e guida la danza delle Janare. Il Cacciatore, infine, ha un doppio ruolo: togliere la vita al Cervo e alla Cerva sparandogli con il fucile e restituirgliela, soffiando loro nelle orecchie.
Gl’ Cierv ha assunto vari significati nel tempo, a volte contrastanti. È stato paragonato a un animale sacro, al rinnovamento nel ciclo della vita, al risveglio nella stagione primaverile, alla fertilità, alla luce e alla prudenza.
di Domenico Pio Abiuso