• 11 Febbraio 2020

Recuperare casali abbandonati e restituirli ai cittadini

ReCreo è un progetto portato avanti da una rete di professionisti con l’obiettivo di mappare i casolari italiani e rimetterli a disposizione della comunità attraverso nuove forme di fruizione fondate sulla condivisione

di Francesco Bevilacqua (da italiachecambia.it)

11 febbraio 2020

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Il nostro territorio è pieno di edifici rurali in stato di abbandono, dimenticati, coperti dalle erbacce, spesso diroccati, che aspettano solo di tornare in vita. Ma è anche pieno di persone che desiderano lasciare la città e re Per capire meglio come funziona questo progetto, che dopo una fase preliminare sta entrando nel vivo, abbiamo intervistato i membri del team coordinati da Leonardo Porcelloni, co-founder insieme agli altri tre componenti di ReCreo e geografo con il compito di studiare l’abbandono nelle aree rurali e i fenomeni di ripopolamento delle aree interne. 

Recuperare il legame con il mondo contadino, magari riportando qualcuno di questi immobili alla sua antica funzionalità. ReCreo nasce proprio per unire queste due esigenze. 

Qual è il percorso dei componenti del team di ReCreo?

Il team è composto da quattro ragazzi esperti rispettivamente in relazioni internazionali e project management, ingegneria energetica, architettura e geografia. Si può quindi dire che sia piuttosto eterogeneo, ma tutti accomunati da un percorso universitario presso l’Università di Firenze dove queste discipline e l’esperienza personale ci hanno unito in un interesse per le risorse abbandonate dell’Italia rurale.

Cosa vi ha spinti a ideare e lanciare questo progetto?

Una crescente domanda che trova poche offerte: studiando l’evidente tendenza di abbandono e spopolamento delle aree interne del territorio italiano e, allo stesso tempo, notando un rinnovato interesse per le strutture abbandonate, abbiamo pensato fosse più che logico far incontrare questi andamenti apparentemente contrastanti. Ma, soprattutto, abbiamo notato che sempre più persone sono alla ricerca di una vita fuori dal contesto urbano, che li riporti ad una dimensione meno frenetica e più a contatto con la natura.  Le prime idee di progetto hanno trovato un acceso interesse, prima tra i nostri conoscenti e dopo in un pubblico più esteso. Abbiamo dunque deciso di impegnarci in questo senso anche dal punto di vista professionale sfruttando al massimo le nostre competenze.

In cosa consiste la prima fase di mappatura? Chi può partecipare ai lavori?

La mappatura è il primo passo verso la realizzazione del progetto e chiunque sia interessato può parteciparvi. Questa fase permette di aggregare su una mappa online i dati sull’abbandono nell’Italia rurale: casali, terreni, boschi, coltivazioni, beni storico-culturali e di archeologia industriale. Allo stesso tempo, vogliamo coinvolgere i cittadini in questo processo di identificazione delle risorse abbandonate, per favorire la nascita di una comunità di persone, connesse fra di loro e attente a queste tematiche, che possono segnalare una propria risorsa inutilizzata o quelle abbandonate che conoscono. Questo database geografico sarà disponibile per chi è alla ricerca di una risorsa e vorrà gestirla, quindi rivitalizzarla.

Potete descriverci i dettagli della seconda fase?

In seguito all’individuazione della risorsa in abbandono, ci focalizziamo sul suo recupero funzionale e sul futuro modello gestionale. Il nostro progetto si incentra sul tipico casolare agricolo con terreno annesso, nel quale vediamo lo spazio ideale per implementare il nostro modello d’impresa: l’eCo-Living, uno spazio in cui è possibile vivere esperienze di coabitazione temporanea, di lavoro e formazione in condivisione con altre persone. È il luogo ideale per chi vuole sperimentare nuovi modelli dell’abitare sostenibile, per chi ha bisogno di un luogo diverso dall’ufficio per lavorare, ma anche per facilitare lo sviluppo di un turismo sensibile alla cultura locale. Tramite la nostra piattaforma, sarà possibile mettere in connessione persone o gruppi interessati al recupero e a sperimentare la nostra idea di gestione, permettendo così di creare una rete di rigenerazione rurale.

Oggi esistono diversi progetti e percorsi individuali di ripopolamento dei borghi italiani. È un’inversione di tendenza rispetto all’abbandono? A cosa è dovuta secondo voi?

Non si può negare un nuovo interesse che spinge soprattutto i più giovani a riappropriarsi di quegli spazi che da decine d’anni vengono abbandonati, in alcuni casi dimenticati, nelle aree interne della Penisola. Le esperienze, molto spesso temporanee, volte alla riscoperta di una vita a contatto con la natura, lenta e salubre, sono in crescita. C’è la volontà di riscoprire la terra, le tradizioni, i cibi antichi; ci sono le capacità per applicare tecniche innovative e più produttive in rispetto dell’ambiente. Le terre non più redditizie e quel senso di isolamento tornano a essere di grande valore, sia economico che culturale. Da un lato la società urbana produce conflitti e non soddisfa più le aspettative di tanti giovani, dall’altro lo sfruttamento qualitativo e ricercato delle aree rurali consente modelli di vita più sostenibili e remunerativi. Noi crediamo che sia in atto una tendenza, ma che sia necessario costruire reti fra le esperienze più avanzate.

La condivisione può essere un’arma in più nella riabilitazione del patrimonio rurale italiano? In che modo?

Il termine condivisione è la chiave di volta per sconfiggere il senso di isolamento, che non riguarda solo le aree rurali, ma è preponderante anche nelle città. Gli ambienti condivisi di lavoro, formazione e turismo sono in crescita; ne è una dimostrazione anche la nascita di molti ecovillaggi. Inoltre il moderno ridotto nucleo familiare non è più in grado di “riempire” quei colossali casolari rurali, una volta progettati per famiglie di circa venti individui; e lo stesso riguarda la gestione dei terreni. Perciò sono necessari nuovi modelli di condivisione d’uso e di proprietà. Tuttavia, è anche indispensabile reindirizzare le politiche nazionali a favore dei piccoli centri rurali, dove spesso mancano i servizi primari e i collegamenti restano carenti. Infatti, la maggior parte di questi processi di valorizzazione rurale sono casi bottom-up realizzati dalla determinazione di individui e piccole comunità, che appunto condividono obiettivi e risorse, in un contesto spesso non favorevole.

Che contributo può dare chi legge questo articolo?

Ai lettori diciamo che il contributo che possono offrire è a 360°. ReCreo si rivolge a chi ha a cuore il patrimonio rurale italiano, che è ricco di tradizioni, conoscenze, beni artistico-culturali, ricchezze naturali; una vera e propria icona del nostro paesaggio dove tutto è da riscoprire e salvaguardare. Anzitutto invitiamo i lettori ad accedere al nostro sito, scoprire la mappa e inserire le risorse abbandonate che incontrano nel loro percorso, per aumentare la conoscenza condivisa del nostro patrimonio rurale e offrire la possibilità di recuperare tali risorse a chi le vorrà gestire. Per chi ha una vena più letteraria, sempre dal nostro sito, potrà inviarci le storie inerenti ai luoghi abbandonati, così da poterle pubblicare e condividere. In secondo luogo, invitiamo tutti a seguirci e contattarci per collaborare con noi nell’ottica di una gestione di eColiving o per sperimentarne l’esperienza di coabitazione.

di Francesco Bevilacqua (da italiachecambia.it)

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