• 18 Febbraio 2020

Il Molise delle origini

Dalle chiese scavate nella roccia ai 9 abitati rupestri

di primonumero.it

18 febbraio 2020

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Il Molise è una terra ancora da scoprire. Non è una frase fatta ma ciò che emerge dagli scavi e dai ritrovamenti che nel corso degli anni riportano alla luce usi, costumi, modi di vivere. Ed edifici rupestri. È proprio questo il tema che verrà trattato in questa sede. Innanzitutto, rupestre si riferisce alla roccia: si parla di chiese o abitazioni scavate direttamente in essa. Matera ne è piena, soprattutto di chiese, ma pure da noi ci sono cose interessanti.

I territori nostrani solo da poco hanno preso posto nel dibattito sul cosiddetto habitat rupestre e l’hanno fatto grazie e soprattutto al ruolo dell’Università degli Studi del Molise che “ha intrapreso diverse ricerche e si è scoperto che esistono molte chiese e diversi abitati rupestri” spiega il professor Carlo Ebanista nella sua prolusione su ‘L’Archeologia medievale e gli usi antropici delle cavità’ in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. 

Un viaggio nel tempo affascinante, che prende il via dalla chiesa semirupestre di Sant’Antonio Abate nella celeberrima Morgia di Pietracupa: “Un luogo di culto scavato in parte nella roccia e poi completato da paramenti murari. Strutture di completamento che vengono riscontrate anche in altre antichissime chiese a ridosso di grotte: Sant’Erasmo a Isernia, Madonna dell’Alto Piede a Longano, Sant’Angelo in Grotte, Madonna delle Grotte a Rocchetta e l’eremo di San Michele a Foce nei pressi di Castel San Vincenzo” spiega il docente.

C’è poi un mondo ‘sommerso’ di abitati veri e propri: in Molise ne sono stati ritrovati ben nove che affondano le proprie radici nel Medioevo. Le ricerche sono ancora in corso. Si può già dire che questi insediamenti siano collocati per lo più in Basso Molise e nell’area del Fortore. Mentre i luoghi di culto si collocano maggiormente nella zona interna dell’isernino. Ebanista spiega anche l’origine di alcuni toponimi: “Spesso si tratta di nuclei scavati all’interno di massicce rocce definite morge, da qui i vari Pietracatella, Pietracupa, Pietravalle e Pietra Giannizzera (queste ultime in territorio di Salcito)”.

La presenza dell’uomo nei rupi di Pietracupa e Pietracatella è attestata almeno dal 1100 e nel corso dei secoli la frequentazione del posto è confermata da fonti scritte relative alla presenza di ‘fuochi’. A Salcito si riconoscono ancora l’abitazione, la cantina, la stalla, il camino, una mangiatoia, un abbeveratoio e due vasche per la produzione del vino collegati da un sistema di canalizzazione. Luoghi utilizzati addirittura fino al secolo scorso.

Esiste un’altra tipologia di insediamenti rupestri: “Si tratta di cavità isolate o di piccoli gruppi sparsi sul territorio – continua il professore dell’Unimol – che caratterizzano la media valle del Fortore nei comuni di Gambatesa, Sant’Elia a Pianisi, Pietracatella e Macchia Valfortore. Oltre a nuclei con un numero inferiore di cavità presenti a Montenero di Bisaccia, Larino e San Giacomo degli Schiavoni”. Ma a cosa servivano questi insediamenti? “Sicuramente per uso abitativo, stagionale o duraturo, ma anche per la sistemazione degli animali. Oltre all’immagazzinamento dei cereali”.

Ebanista conclude con lo stato attuale dei lavori e le prospettive: “L’habitat rupestre del Molise sta regalando una grande quantità di informazioni che necessitano però delle opportune verifiche anche grazie all’apporto delle moderne tecnologie. Le ricerche ruotano attorno al Laboratorio di Archeologia. L’utilizzo di droni consentirà di arrivare in posizioni che non sono ancora state oggetto di studio. Indagini già programmate che daranno un quadro organico delle unità rupestri. Una sfida che presuppone un grosso impegno per l’immediato futuro e che favorirà la tutela e la valorizzazione del ricco patrimonio culturale del Molise”.   

di primonumero.it

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