EDIZIONE 1998 – LE IMPRESSIONI DEI MARCIATORI
MA IL MOLISE HA CAMMINATO?
Ho partecipato a “Cammina, Molise!” nel ’96 e nel ’98 con la motivazione principale di testimoniare che non si vive di sola automobile e che c’è un modo di viaggiare più rispettoso dei ritmi umani naturali e delle risorse ambientali e più adatto ad una reale conoscenza del territorio, delle comunità locali, dei beni culturali, storici, archeologici.
Mentre camminavo per sentieri e stradine, in gran parte d’Italia bruciavano dolosamente boschi ed aree protette; anche a Guardiaregia. Le città soffocavano per il caldo innaturale e per gli alti livelli di inquinamento da traffico. Nel Molise si litigava per le poltrone e per i miliardi collegati al Patto per il Matese (proprio dove camminavamo noi). I parlamentari molisani, anche quelli “dei Valori” (ma quali? i miliardi?) chiedevano al Governo autostrade, trafori, nuove Bifernine, superstrade nel Parco d’ Abruzzo. Qualcuno preparava progetti di devastazione definitiva dei tratturi, dopo la diabolica legge regionale che non solo condona gli scempi e gli abusi passati ma autorizza anche la svendita di aree tratturali, con conseguente prevedibile distruzione di quello che pomposamente è stato chiamato “Parco dei Tratturi”. Nei due mesi precedenti la camminata, in quel di Agnone un raduno di fuoristrada passava quasi per giornata ecologica, mentre una vera domenica ecologica a pesca veniva rovinata dall’ ennesimo avvelenamento del Fiume Biferno; una settimana dopo “Cammina, Molise! ’98” il mare di Termoli si riempiva di alghe, vermi bianchi e detriti, a dispetto della bandiera blu. Ancora: quasi tutti i comuni attraversati dalla camminata ’98 non hanno neanche iniziato la raccolta differenziata dei rifiuti e molte discariche sono state ben visibili dal percorso della manifestazione, né a tutt’ oggi Provincia e Regione sembrano intenzionati a risolvere il problema. L’ elenco dei problemi potrebbe continuare.
Camminando, dunque, sempre più mi convincevo che l’ unica modifica della Costituzione dovrebbe essere all’ art. 52: “La difesa dell’ ambiente è sacro dovere del cittadino”. Non bastano le chiacchiere. Qualche sindaco si è imparato persino la celebre frase di un Capo indiano d’ America: “la Terra ci è stata data in prestito per i nostri figli”; ma ha dimenticato che NOI, bianchi europei, abbiamo distrutto il territorio e la grande civiltà ecologica degli indiani; e li abbiamo sterminati; e continuiamo così in tutti gli angoli della Terra, con la presunzione che il nostro modello di pensiero e di vita fondato sui mostri tecnologici sia l’ unico possibile. Basta raccomandare ai cittadini di depositare i rifiuti negli orari stabiliti; guai a dire di ridurre i rifiuti, di recuperare, differenziare, riciclare.
I sindaci (non tutti) ci salutano al passaggio, qualcuno con distrazione e confondendoci con altri, tanto da scoprire lapidi che non ci riguardano; la Regione e la Provincia patrocinano, ma i problemi ambientali si aggravano, perché le vere intenzioni sono altre. Il rumore stabile del cementificio, anche di notte; i corsi d’ acqua inquinati già presso la sorgente; le bottiglie di plastica usa e getta; il prato con i mucchi di rifiuti della serata precedente; incendiare i parchi; aumentare il traffico privato su gomma; le gare di fuoristrada in montagna. Ma quante strutture ricettive sono state attivate dal ’96 ad oggi per accogliere gli appassionati di trekking? Quante nuove autolinee turistiche? Se qualcuno dei 200 partecipanti vuole tornare per conto suo, non nei giorni speciali della manifestazione, che cosa trova? Deve per forza usare la sua macchina?
Allora il nuovo cammino da fare è chiedersi: lo “sviluppo”, che roba è? Vogliamo provare a ragionare senza più distinguere tra sviluppo e tutela? Proviamo a pensare di (ri)costruire un’ economia, un modo di lavorare, una società, a misura di essere umano inserito tra gli altri esseri viventi e sull’ unica Terra che abbiamo, che realizzi un vero benessere fisico e spirituale, per tutto l’ anno e non per una, due o quattro giornate ecologiche.
A mio avviso la scelta da fare è decisamente politica: le associazioni culturali, sportive, ricreative, ambientaliste, ecc. svolgono un ottimo lavoro, ma alla fine dobbiamo decidere chi mandare nelle amministrazioni o al Parlamento e al Governo. E allora è importante sapere chi è dichiaratamente contrario alla difesa dell’ ambiente in nome di questo “sviluppo” insensato, chi fa il doppio gioco o l’ eco-furbo, chi cerca il compromesso (un po’ di parchi qua e un po’ di colate di cemento là, sempre in nome dello “sviluppo”) e chi invece porta avanti in tutti i settori proposte politiche economiche culturali decisamente ambientaliste, che sono ormai vitali, indispensabili se vogliamo vivere, lasciar vivere e lavorare con dignità nel rispetto di tutti; se non vogliamo, tra qualche anno, camminare in un torrido deserto, sentendo i rumori e respirando i fumi di un’ autostrada o di un aeroporto o di nuove fabbriche. E non è un caso che alla fine, in una manifestazione dichiaratamente non partitica, si sia scelto il colore verde per le magliette…
Per “Cammina, Molise! ’99” proporrei un più aperto confronto su questi problemi con gli amministratori che ci ospitano, con la gente che incontriamo, e anche tra di noi. Facciamo tappe più brevi, dormiamo sul posto di arrivo, fermiamoci più a lungo per conoscere a fondo i luoghi e le persone; partecipiamo alle manifestazionilocali. Non rischiamo di saltare le visite programmate o i percorsi prestabiliti per stanchezza o perché è tardi. Camminiamo più piano, per far camminare più in fretta il Molise e l’ Italia rimasti indietro, altrimenti ricadiamo nella schiavitù devastante e stressante del vivere di corsa di tutti i giorni, e diventa un controsenso camminare a piedi.
Piergiorgio Acquistapace – Portavoce provinciale dei Verdi
IL MOLISE FORTE E GENTILE
TANTE COSE MI SONO MANCATE
Cari amici,
la mia partenza da Duronia è stata una specie di fuga, imposta dalla necessità di raggiungere l’autobus per Termoli e complicata da piccoli contrattempi che solo la buona volontà di alcuni di voi ha permesso di superare. Non ho potuto, così, salutare il gruppo che era ancora impegnato a conquistare la rocca di Duronia. Per questo, mi sembra doveroso farmi viva ora, allo scopo di ringraziarvi e di rinnovarvi la mia espressione di amicizia. Approfitto di questo per fare alcune considerazioni, che sono dettate dalla simpatia che nutro per voi e per la vostra “causa”, e che dovete comunque prendere per quello che sono: una voce fra tante, una voce non qualificata che, per giunta, viene da lontano, in senso geografico e anagrafico.
Dico subito che quest’anno la camminata mi ha coinvolto, emotivamente, meno di quella dell’anno scorso. Ho avuto la gioia di ritrovare persone amiche e di risentimenti in sintonia con loro; ho goduto della pace di luoghi lontani dal “rumore” quotidiano (in tutte le sue accezioni). Ma tante cose mi sono mancate: le faggete e le abetaie, i sentieri ombrosi nei boschi, il piacere del cammino come momento comunitario e comunicativo, i canti dei ragazzi e le loro entrate nei paesi a passo di carica, la dolce sera di Agnone, la conclusione corale nello struggente tramonto di Duronia. Alcuni elementi che mi hanno disturbato sono riconducibili alla sfera puramente soggettiva, al modo personale di vivere, di sentire, di valutare l’esperienza, e non metto conto di parlarne. Piuttosto, dirò che ho rivelato come una caduta di tono rispetto alla camminata dell’anno scorso. Quest’anno “Cammina, Molise!” mi è sembrato un ibrido tra la gita scolastica, l’itinerario gastronomico, il giro turistico, il pellegrinaggio parrocchiale e l’escursione del CAI. Ed ho sentito via via affievolirsi dentro di me la curiosità, l’interesse, la partecipazione. Solo le parole del sindaco di Pesche e alcuni interventi di Rocco Cirino hanno creato dei momenti di tensione ideale, in cui mi sono sentita parte di un progetto e di una testimonianza.
Eppure, l’idea che è sottesa alla vostra iniziativa è grande, è originale, è splendida, e non deve disperdersi, non deve scadere nella banalità e nell’ovvietà. “Cammina, Molise!” deve continuare ad affermarsi come momento alto e significativo di partecipazione e di rivendicazione, riducendo al minimo gli inevitabili inconvenienti del suo tradursi in realtà. Io mi permetto di esprimere sulla carta alcune indicazioni che l’esperienza di quest’anno mi suggerisce, e che sono del tutto personali e contingenti.
Le tappe dovrebbero essere più brevi. I percorsi potrebbero essere differenziati (un percorso per i “maratoneti” e uno per quelli che arrancano), ma con momenti comuni.
Bisognerebbe partire presto al mattino e arrivare la sera non oltre le diciannove, Per consentire a tutti di rinfrescarsi e riordinarsi prima di cena. Ci sarebbe la possibilità di stare insieme dopo cena e magari, una volta, di approfondire insieme qualche aspetto di fondo dell’iniziativa a cui si partecipa (il programma iniziale prevede sempre dibattiti e incontri, che poi non si effettuano mai).
Bisognerebbe spiegare con chiarezza, magari la sera precedente, le caratteristiche e i tempi del percorso giornaliero. L’anno scorso ci avete dato un bel pieghevole con dei chiari profili altimetrici e delle brevi spiegazioni; perché quest’anno solo gli insignificanti pallini sulla cartina verde?
Bisognerebbe attenersi al programma prefissato ed evitare estemporaneità e improvvisazioni. Certo, la vostra iniziativa non si può basare su una rigida disciplina, e trova anzi uno dei suoi valori proprio nell’elasticità di comportamento, nella capacità di adattarsi alle esigenze delle persone e dei luoghi, nella opportunità di sfruttare le situazioni che essa stessa viene creando (e poi, voi siete dei ”buoni”, e non vi vedo proprio nel ruolo di “duri”); ma senza il rispetto di qualche regola si rischia lo sbando.
Last but not least. Bisogna chiarire con evidenza il significato e lo scopo della camminata e creare le opportunità perché lo stare insieme sia veramente un momento di incontro, di conoscenza, di comunicazione, diventi una presa di coscienza della realtà locale, si affermi come testimonianza di una volontà comune. Bisogna che “Cammina, Molise!” non si esaurisca in una parata spettacolare, ma riesca ad incidere davvero nella realtà del territorio. Io penso che ora dovrebbe crescere arrivando anche a proporre qualcosa di tangibile, di concreto, che resti come inizio di un progetto da continuare, sul piano istituzionale e/o individuale: che so? Ripristinare un sentiero, mettere dei cartelli esplicativi, pulire un bosco…
Scusate se mi sono lasciata trascinare a dare dei suggerimenti, io che non amo e non so dare consigli e che, in questa circostanza, sono la meno adatta a darne. In realtà mi piacciono troppo la vostra passione civile e il vostro modo di stare insieme, e le mie riflessioni vogliono essere solo una forma di partecipazione, di collaborazione, di comunione ideale
Grazie per avermi dato una nuova occasione per stare con voi. Saluto in particolare Giovanni, Silvana, Costantino, Rocco, Claudio, Alfredo, Michele Manzo, Franca e il marito bergamasco, il caro Domenico, che ci ha accompagnato all’autobus sorbendosi i nostri piagnistei, Elio Germano, a cui auguro un soddisfacente anno scolastico e una brillante maturità.
Vi abbraccio con affetto
Francesca Fonio – Termoli
UN PARCO PER IL MATESE
Quest’anno “Il Cammina, Molise! ‘98”, un trekking di carattere naturalistico e socio culturale (e secondo me anche di carattere gastronomico) si è svolto in gran parte sulle pendici del Matese, uno dei più importanti complessi montuosi del Centro – Sud, stupendo per paesaggi, boschi e vallate.
Forse quattro giorni (quelli del trekking) non sono sufficienti per accostarsi ad una realtà complessa come il Matese ed il suo comprensorio, ma alcune idee me le sono fatte ed ho voglia di esporle qui di seguito.
Cominciamo con le impressioni private all’arrivo a Campitello Matese la sera del 7 agosto ’98. Le ombre scolpite dalla luce del crepuscolo davano un senso di solennità e di mistero alle imponenti cime calcaree e lo sguardo spaziando nell’ampio pianoro alpestre si compiaceva nell’ammirare i prati e le chiome scure dei faggi.
Tutto bello allora a Campitello Matese in quella afosa serata estiva di agosto? Purtroppo no. Non c’è bisogno di essere dotati di una particolare sensibilità ambientalista per capire che alberghi dallo stile veramente tirolese e “residences”, che sarebbe meglio definire falansteri, hanno deturpato irrimediabilmente una località di rara bellezza paesaggistica. Non mi è dato conoscere il numero delle presenze registrate annualmente in queste strutture, ma, in ogni caso, non penso che questa sia la risposta alle esigenze di sviluppo e di crescita economica del comprensorio matesino.
Non mi attardò oltre su Campitello, perché mi sembra più utile spendere qualche parola per i paesi che abbiamo attraversato: Guardiaregia, Campochiaro, S. Polo Matese e Roccamandolfi.
Questi paesi, circondati dai boschi, avvolti in un silenzio ed in una pace, insoliti altrove nel periodo ferragostano, mi sono sembrati come sospesi in una dimensione senza tempo.
Eppure, a pochi chilometri di distanza, nella pianura intorno a Boiano fioriscono le attività tradizionali, quali la pastorizia e l’agricoltura, ma anche autentici attentati alla loro integrità ambientale; valga per tutti la diga di Arcichiaro sul torrente Quirino, a monte di Guardiaregia, che rappresenta una ferita, non facilmente rimarginabile, inferta allo stesso Matese.
E veniamo ad un’altra risorsa della zona, a mio giudizio non ancora sufficientemente valorizzata: i siti archeologici.
In questo caso il pensiero corre subito a “Saepinum”, il municipio di epoca romana sul tratturo Pescasseroli – Candela.
“Saepinum” per la monumentalità dei reperti ed il loro grado di conservazione avrebbe meritato da parte dei “marciatori” una sosta più lunga ed una visita più articolata.
Il fatto è che abbiamo dovuto fare i conti con il caldo davvero insopportabile, i tempi organizzativi e la lamentata assenza di una guida da parte della Soprintendenza; la guida, pur richiesta per iscritto, è stata attesa invano.
L’elenco delle impressioni e delle osservazioni potrebbe continuare, ma ritengo opportuno fermarmi e pormi alcune domande.
Perché il Matese non trova ancora un’adeguata e complessiva tutela, che ne preservi gli aspetti naturalistici, paesaggistici ed archeologici e ne possa avviare il rilancio dal punto di vista turistico?
Come la protezione di montagne come la Maiella ed il Gran Sasso è stata affidata alla costruzione di un parco naturale, mentre questa soluzione e questa prospettiva per il Matese rimane ancora lontana e nebulosa? Che cosa aspettano i Molisani dal momento che logiche speculative (come quelle di Campitello Matese) oggi non sono più riproponibili a creare un parco regionale, che migliori il patrimonio boschivo, promuova l’attività zootecnica e recuperi il patrimonio monumentale ed archeologico, che, è bene precisarlo non consiste solo in “Saepinum”? Queste domande rischiano di rimanere senza risposta perché da tempo si parla (e si scrive) di un futuro parco del Matese, ma nessuna concreta iniziativa fino ad oggi è stata realizzata. D’altra parte l’area matesina si avvia ad un processo (irreversibile?) di desertificazione graduale; si pone pertanto l’inquietante prospettiva di una popolazione attiva, interessata alla creazione del parco sia sempre più ridotta. Ed inoltre coniugare sviluppo economico e tutela, o meglio sviluppo economico attraverso la tutela è impresa del tutto ardua, che richiede una cultura ambientalista oggi in Molise piuttosto carente.
Silvio Vitone – Roma
LA PIU’ BELLA VACANZA DEI NOSTRI 60 ANNI
Quest’estate abbiamo trascorso la più bella vacanza dei nostri sessant’anni. Un nostro carissimo amico, il signor Pietro, ci ha infatti invitato alla scoperta del raduno di “cammina, Molese!” e durante questi cinque giorni trascorsi nel Molise siamo rimasti incantati dai paesaggi incontrati camminando tra i boschi, monti e pianure.
Abbiamo avuto l’opportunità di visitare paesi a noi del tutto sconosciuti i cui abitanti ci hanno accolto con grande calore ed ospitalità facendoci degustare le specialità locali.
In noi c’è la speranza che il prossimo anno si possa organizzare nuovamente questo splendido raduno perché è stata un’esperienza istruttiva e che ci ha fatto stare a contatto con la natura.
Ringraziamo ancora tutta l’organizzazione.
di PASCQUALUCCI Bruno e Franca
Anguillara Sabazia -RM-
LA “CAMMINATA” E’ DIVENTATA PARTE DI ME
Caro Coordinatore,
eccomi di nuovo a ringraziarla per il “Cammina Molise” di quest’anno.
E’ stata una magnifica occasione per rivederci, visitare altri paesi del Molise e per trascorrere camminando, un po’ di giorni insieme.
I paesi visitati ed i percorsi fatti sono sempre molto interessanti, la gente locale sempre molto gentile ed ospitale ed i sindaci o chi per loro, molto preparati nel fornirci notizie sui luoghi di propria competenza.
Questo tipo di turismo mi piace molto, perché coniuga libertà, panorami infiniti, cavalli, tratturi e soprattutto semplicità. Ne sono davvero entusiasta ed anzi la “Camminata” l’ho fatta mia e non ne posso fare più a meno.
Desidero però offrire il mio contributo, qualora ce ne fosse bisogno, per la preparazione e per l’organizzazione.
Insomma la “Camminata” deve andare sempre meglio. Una piccola idea in questo momento: qualche incontro serale per scambiarsi pareri e conoscersi meglio, non sarebbe male.
La saluto insieme a tutti gli amici che ha modo di vedere.
Angiolina Giuditta
LA POESIA
Il Cammina Molise,
è la gioia di ogni paese.
La grande e famosa ritrovata,
è la più bella e ricca passeggiata.
Tutti i paesi aspettano i marciatori,
>abbracciandoli con tanti onori.
Con piaceri e assai contenti,
incontrando amici e parenti.
La grande via dei Tratturi,
ci si cammina tranquilli e sicuri.
E ci riduce stanchezza e lontananza,
si arriva prima alla Transumanza.
Ogni e paese ha le sue pietanze.
E noi con rispetti e dovere,
le accettiamo allegramente con piacere.
Finalmente il turismo del Molise,
ha superato le regioni di tutto il paese.
Vi prego rinforziamo la vianova,
se la perdiamo mai più si ritrova.
Per natura tutti vogliamo sapere le novità,
basta un piccolo sforzo e un po’ di volontà.
Col sviluppo del nostro Matese,
diventa la regione più ricca del paese.
Manzo Giuseppe (Classe 1913) Roma