Il paese inesistente
“Metto qui il pezzo che ho scritto per il Corriere della Sera. Se volete aiutarmi a farlo girare mandatemi mail di persone che secondo voi potrebbero essere interessate. Non basta scrivere, bisogna anche combattere e io non mi arrenderò mai (ho pure la grande fortuna di non avere padroni) – arminio17@gmail.com
di Franco Arminio – fb
21 gennaio 2021
Quando ci fu il terremoto ogni sera stavamo in televisione, e questo ci sembrava strano. C’era quasi un senso di contentezza: finalmente si occupano di noi. In Italia i paesi esistono come luogo della sciagura, il paese è semplicemente lo sfondo. La loro vita quotidiana non interessa a nessuno, a cominciare da chi li abita. Questo volevo dire quando ho scritto: qui se ne sono andati tutti, specialmente chi è rimasto.
In questi giorni ho ascoltato in Parlamento i discorsi fatti dai parlamentari che dovevano decidere se dare o meno la fiducia al Governo Conte. Sono state due giornate dedicate all’aritmetica, non potevo aspettarmi attenzione per l’orografia. E infatti nessuno ha parlato di montagne. A un certo punto qualcuno ha citato Taranto. Non mi pare di aver sentito altri nomi di luoghi, sicuramente non ho sentito nomi di paesi o di zone geografiche: mi sarebbe piaciuto che qualcuno citasse la Barbagia o l’Aspromonte, le valli bresciane o le colline marchigiane. Niente, le persone che parlano in Parlamento sembrano venire tutte dallo stesso luogo, una città senza nome e senza lingua: la città della politica. Il futuro della politica è coniugare la cura del mondo e la cura dei luoghi. Il pianeta e il piccolo paese. Vorrei capire dove sono nate e dove vivono le persone che ho ascoltato in Parlamento nel gennaio 2021, nei giorni in cui le persone non si possono baciare, non si possono stringere la mano. Se qualcuno di loro è nato o vive in un paese se lo è sicuramente scordato. Se la politica deve rappresentare le persone e i loro problemi perché nessuno rappresenta le persone i problemi dei paesi? Andare in Parlamento significa occultare la propria paesanità? Ma se è così è un atteggiamento provinciale. Se uno pensa che citare l’America sia più importante che citare le valli di Comacchio non ha capito niente del futuro che ci aspetta.
La modernità non sarà mai più la fuga dall’arcaico, ma un sapiente intreccio di quello che siamo stati e di quello che vorremo diventare. E questo intreccio in ogni luogo assume un colore diverso. Ai politici di governo e di opposizione bisogna ricordare che i soldi da spendere per fronteggiare la crisi pandemica non si spenderanno in astratto, nella città astratta della politica, ma in posti che hanno storie diverse e che sono abitati da persone e da piante e da animali. Sono terre dove non sappiamo se può piovere a oltranza per tre giorni o per trenta giorni, sono luoghi dove bisogna valutare lo stato delle acque e della terra. La terra è un’altra cosa di cui si parla poco in Parlamento, come se fossimo tutti avvocati e architetti. Il formaggio, la farina, l’insalata, le uova: nessuno le ha sentite queste parole nei giorni della fiducia al governo.
Forse l’oggetto della fiducia dovrebbe essere la realtà, ci vorrebbe un patto per la realtà, un bene in cui siamo immersi e che sta velocemente evaporando, come se tutti stessimo traslocando nell’irreale. Perfino la pandemia, con le dolorose conseguenze che produce, rischia di diventare uno sfondo a cui ormai ci siamo abituati e qualcuno potrebbe avere la tentazione di non rimuoverlo più questo sfondo, magari ne viene qualche guadagno alla propria carriera. L’irrealtà è il grande cancro dello spirito con cui ci troviamo tutti a combattere.
Nominare i luoghi è un esercizio fondamentale non solo per i politici. Come è bello dire Luca, Carmela, Antonio, Patrizia, così è importante dire Roghudi, Senerchia, Perugia, Biella. Solo qui sappiamo nominare le cose, non su Marte, non sul pianeta parlamentare.
di Franco Arminio – fb