Il turismo delle radici
Il 2023 dovrebbe essere l’anno del turismo delle radici, che può diventare l’idea vincente per il rilancio italiano post-Covid
di Riccardo Giumelli (da lavocedinewyork.com)
5 febbraio 2021
Partirono da Napoli, Genova, Palermo, approdarono in ogni angolo delle Americhe: dalla baia di New York a Boston, San Francisco, New Orleans, nel Rio de la Plata. In Brasile, in Cile, in Perù. Fondarono città, costruirono ponti, dighe, grattacieli. Furono gli emigranti italiani dal 1860 ai primi anni del 1900. Una marea umana (si calcola intorno ai cinque milioni). Un esodo: la diaspora italiana nel mondo. Tanti, circa la metà, decisero dopo qualche anno di rientrare. Altri restarono e l’inizio fu durissimo. Ostilità culturali, linguistiche, religiose rallentarono l’ascesa sociale.
La determinazione di riuscire era tanta. E riuscirono. Professarono lealtà al nuovo paese che li aveva accolti, ma molti ricordi sbiadirono: il paese natio, le tradizioni alimentari, i canti, la fede religiosa. Quella fu trasferita nel nuovo mondo. E’ continuata. Negli anni e con determinazione occuparono ogni tassello della vita pubblica: giudici, architetti, banchieri, professori, medici e, ahi noi, anche malavitosi esaltati dalla grande industria Hollywoodiana. Il paese dal quale partirono rimase nel cuore. L’Italia, mai dimenticata, vissuta con nostalgia, arte, musica.
Un grande progetto del MAECI ha strutturato e reso globale questo alle radici anche alla luce della grande richiesta di riacquisto della cittadinanza e del passaporto italiano per orgoglio, convenienza opportunità. Un affetto ritrovato verso l’Italia. La piattaforma culturale digitale Stroncature, nella sezione TransAtlantica curata da Vincenzo Pascale (NGO Migrantes ONU), ha ospitato un webinar sul progetto Turismo delle Radici presentato dal Ministro Luigi Maria Vignali, Direttore Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie e Presidente del Circolo degli Esteri di Roma. Un progetto ambizioso, pronto ad accogliere le centinaia di migliaia di migranti pronti s visitare i luoghi dei loro avi. Il webinar, introdotto e moderato da Vincenzo Pascale, ha avuto un notevole successo. Oltre 100 i registrati e diverse le domande poste dai collegati.
Qual è la grande novità? A pochi giorni da un nostro articolo su La Voce di New York il tema è nell’agenda delle istituzioni italiane.
Abbiamo iniziato usando il condizionale, perché la variale indipendente pandemia non ci lascia certi di quello che accadrà. La certezza è che il turismo delle radici sarà un tema di grande prospettiva. Siamo fiduciosi che il 2023 possa essere l’anno simbolo, “l’Anno delle Radici italiane”.
Vignali ha spiegato che il Ministero è impegnato nella promozione e gestione di questo turismo. L’obiettivo e fare in modo che non sia soggetto a iniziative isolate, frammentate senza un coordinamento organico e diffuso sul territorio italiano. Per questo, sono stati presentati i progetti, anche sotto la guida di Giovanni De Vita, consigliere della Direzione Generale Italiani nel Mondo, intrapresi in questi anni.
Il punto di partenza è che il turismo delle radici rappresenta: “Un’idea vincente per il rilancio italiano post-Covid”. Poiché il target è potenzialmente enorme, si tratta di costruire un’offerta turistica strutturata con adeguate strategie comunicative. Fare in modo che il turista delle radici sappia che è un turista “speciale” e che le sue domande di scoperta delle origini possano trovare delle risposte chiare attraverso un’offerta ad hoc.
Un tema ricordato più volte è quello dell’importanza dei piccoli borghi. Il turismo delle radici non è tanto quello delle grandi mete classiche, ma proprio di quei luoghi, spesso piccoli paesi, comuni o frazioni degli stessi dai quali molti italiani sono partiti nel corso dei secoli scorsi.
Ad esempio, se dico Recanati a cosa pensiamo? Subito a Leopardi, chiaro. Eppure, all’inizio del secolo scorso partì il bisnonno di un certo Messi. Non è necessario aggiungere altro per capire come questi luoghi possano trarre vantaggio dal diventare luoghi delle radici.
Il problema, piuttosto, è quello di rendere i luoghi ricettivi, capaci di rispondere alle aspettative. Per quello è importante il coinvolgimento delle amministrazioni locali.
Infatti, una delle prime attività intraprese dalla DGIT è stata quella di un tavolo tecnico, partire dal 2018, con scadenza annuale a fine maggio, al quale partecipano attori pubblici e privati.
Poi la guida delle radici, ad opera dell’Associazione Raiz, che nel 2019 ha riguardato Puglia, Basilicata, Abruzzo ed Emilia-Romagna e a breve la nuova, con Lombardia, Sicilia, Calabria, Molise e Lazio. In concomitanza è stato proposto un video (inserire link), definito emozionale, per entrare meglio nel tema. Poi c’è la ricerca condotta dall’Osservatorio permanente sulle Radici Italiane (ORI) dell’Associazione AsSud, intitolata “Scoprirsi italiani: i viaggi delle radici in Italia” , per capire chi è e cosa vuole il turista delle radici.
C’è anche un Master, presso l’Università della Calabria, con l’obbiettivo di creare ricercatori, tecnici, manager e funzionari nella promozione turistica, con particolare attenzione a quella delle radici.
C’è il passaporto delle radici, che permette di accedere a dei servizi particolari oltre a mostrare di essere un turista “privilegiato”.
Vignali ha ricordato che la presenza di questi turisti metterebbe in moto tutta un’altra serie di attività, a partire da possibili finanziamenti, ristrutturazioni degli immobili. E poi ne risentirebbe positivamente anche il turismo enogastromico. Il turista delle radici vuole conoscere cosa offre il suo territorio di origine.
Insomma, ci stiamo preparando, per un futuro all’insegna del turismo delle radici. Il 2023 arriverà in un attimo e noi ci faremo trovare pronti.
di Riccardo Giumelli (da lavocedinewyork.com)