Il “rientro” al paese
Riflessioni condivisibili, estendibili a tutti i paesi molisani
di Rossella Ciaccia (Da moliseweb.it)
17 febbraio 2021
“Tornate al vostro paese, non c’è luogo più vasto. Tornate presto, non pensate se è conveniente per la vostra vita. Cominciate la grande migrazione al contrario. Avete una casa vuota che vi aspetta, la casa che vostro nonno ha costruito con i soldi dell’emigrazione: voi qui potete accendere la vita, altrove al massimo potete tirare avanti la vita. Tornate, non dovete fare altro. Qui se ne sono andati tutti, specialmente chi è rimasto.”
Voglio iniziare il mio articolo così. Con questa frase che ho letto qualche tempo fa girando su Internet. Mi ha colpito, mi è piaciuta così tanto che ho deciso di salvarla sul cellulare perché prima o poi l’avrei usata.
Ed ecco qui. È capitata l’occasione.
Ho voluto iniziare con questa frase perché qualche articolo fa, mio padre, torese doc. mi ha detto ”Ma perché parli sempre di Campobasso e mai di Toro? In fondo qui al paese si vive bene!” Oggi allora voglio accontentare anche lui. In fondo la realtà molisana è fatta anche di questo. Soprattutto di questo. Di paesini, più o meno piccoli, più o meno abitati. Paesi da cui qualcuno non vede l’ora di scappare, e paesi in cui, invece, qualcuno non sogna altro che di tornarci. Paesi in cui chi è andato via ha lasciato un pò tutto, la casa, gli affetti, il cuore… e chi invece è rimasto ed è felice di averlo fatto. O chi spera sempre di andare via da quel paese che ormai gli sta stretto.
Perché diciamo la verità, i paesi sono forse quanto di più bello la nostra regione possa paesaggisticamente offrire, ma non offrono molto futuro, molti sogni, molte speranze.
Sono sicura che un po’ tutti, soprattutto chi ha sempre vissuto in piccoli paesini, ha visto giorno dopo giorno, anno dopo anno, svuotarsi strade, case, bar… Ha visto interi paesi quasi abbandonati a loro stessi, se non fosse per qualche anziano che ancora passeggia per le stradine e qualche bar che ha resistito al tempo e all’abbandono. Ovviamente fatta eccezione per Toro, che come dico sempre, ha forse più bar che abitanti.
Quella dei piccoli paesini è una realtà diversa da quella delle grandi “metropoli” come Campobasso, Isernia o anche Termoli. È una realtà più affascinante, più pittoresca. Nei paesi tutti si fidano di tutti. Basti pensare alle chiavi lasciate attaccate fuori dalla porta di casa, perché tanto sai che è sicuro, oppure le birre prese al bar, che “ora non mi trovo soldi in tasca. Dopo passo e te la pago” e dopo la birra la paghi davvero, se non te la offre prima qualcuno. Si perché anche questa è un’altra caratteristica dei paesini che, dal canto mio, amo molto: la generosità.
Quando ero più piccola, e mi capitava di andare al paese la domenica, d’estate, o nei giorni di festa di “San Giuseppe o San Mercurio”, ricordo l’aria che si respirava. Il corso del paese sempre pieno, i bambini che giocavano per le strade, i bar sempre pieni che servivano aperitivi prima del pranzo, le donne che cantavano in processione. Ma era tanto tempo fa.
Ci sono tornata, quest’estate, al paese, dopo alcuni anni che mancavo, ma era tutto diverso, tutto cambiato. Ho trovato una realtà completamente diversa da quella che avevo lasciato anni fa. I bambini che fino a qualche anno fa si rincorrevano per strada giocando ed urlando allegramente, ora sono diventati adulti. La maggior parte di loro sono andati via. Si sono laureati, hanno trovato lavoro fuori da questa terra, altri invece si sono sposati, hanno avuto figli e hanno scelto di rimanere, così quei bimbi che qualche anno fa passeggiavano per il corso del paese ora per quello stesso corso vedono passeggiarci i loro figli. Ho visto case abbandonate dal tempo con il cartello “vendesi” che probabilmente resterà attaccato lì per sempre. Case che nessuno comprerà mai, che resteranno chiuse per sempre, perché in fondo, se già il Molise è una terra che di per sè non offre nulla, che futuro può offrire un minuscolo paese di una regione sconosciuta?
Ho trovato un paese ancora più vuoto di come lo avevo lasciato. Giovani che hanno scelto di andare via, e che tornano al paese solo d’estate o a Natale.
E poi però, mi sono fermata un attimo a riflettere… e sai cosa? c’è una cosa che mi ha sempre affascinato dei paesi. Che puoi andare via, mancare per mesi, per anni, ma quando torni, a parte un po di vuoto in più, trovi tutto uguale, identico a come lo avevi lasciato. Quasi come in una fotografia. Le stesse identiche persone sedute allo stesso identico bar. Al loro solito posto, con la loro solita birra, solo un pò più invecchiati. Le stesse identiche signore sedute davanti l’uscio delle loro case a fare l’uncinetto. Proprio come le avevo lasciate. E anche questa volta aspettano,non aspettano più i loro figli, ma i loro nipoti. Partiti dopo il diploma per andare a cercare fortuna.
E allora mi sono fermata a pensare che forse il destino dei piccoli paesi, di Toro e di tanti altri è proprio questo. Svuotarsi, riempirsi in estate per poi tornare a svuotarsi di nuovo a Settembre. Aspettare il ritorno dei propri figli, mentre la vita continua a scorrere come sempre. Lenta, monotona, con il suono delle campane che scandiscono il mezzogiorno e la messa le Domeniche.
I paesi si svuotano, le persone invecchiano, a vita va avanti, ma quel paese sarà sempre lì pronto ad accogliere a braccia aperte i propri figli.
E lo stesso vale anche per quello che è un pò anche il mio paese, che quando capita di andare e di camminare per le stradine ormai vuote, tra un dolce ricordo di quando ci passeggiavo da bambina e mio nonno mi mostrava tutte le case a chi appartenevano, e un saluto ad un’anziana signora che incuriosita domanda alla vicina “ma a chi è figlia ‘sta uagliona?”, mi capita di vedere l’anziana che aspetta dietro la finestra il ritorno dei nipoti, e la giovane donna, invece, che passeggia per il corso del paese con un bimbo in braccio, simbolo che forse, finché ci sarà anche un solo nuovo bambino, il paese è ancora destinato a vivere. E mi capita di vedere anziani che giocano a carte ai tavolini di un bar e ragazzi che con la loro birra, si ritrovano al bar un paio di metri più avanti (l’ho già detto che a Toro ci sono più bar che persone?).
E poi se che tra una passeggiata e l’altra, tra un ricordo e un profumo che ti riporta all’infanzia, capita di pensare che puoi scegliere di andare in qualunque parte del mondo, di fare qualunque lavoro, di diventare la persona più importante al mondo, puoi avere dieci lauree, puoi scegliere di andare via per qualunque motivo al mondo, ma quando penserai a casa tua, alla tua comfort zone, quando sentirai un profumo di caffè o indosserai una maglia di lana fatta a mano, tornerai sempre al tuo paese. Dove forse non ci sarà lavoro, ma c’è il cuore.
di Rossella Ciaccia (Da moliseweb.it)