• 24 Maggio 2021

I sogni dei nostri ragazzi hanno bisogno di emergere

Ecco come aiutarli: attraverso il progetto Quo Vado, un’associazione bolognese vuole riempire questo vuoto aiutando i giovani a recuperare la capacità di sognare

di Sara Donati

24 maggio 2021

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Anche quando apparentemente siamo poco in movimento, i nostri sogni si muovono e smuovono, plasmano. Plasmano noi, i nostri comportamenti, la realtà. Tuttavia, prima ancora di essere presi in carico con coraggio, i sogni hanno innanzitutto bisogno di essere interrogati, sollevati, interpellati e visti. Le visioni hanno bisogno di essere nutrite con premura, a volte celate e protette, in ogni caso coltivate. Se non ci diamo spazi e tempi per farlo, se diamo per scontato si facciano strada da sè, sogni personali e visioni collettive inaridiranno sotto terra, ancor prima di germogliare e sicuramente prima di contagiare e ispirare altre persone.

Nel migliore dei casi, diciamo pure che ci metteranno molto più tempo per turbare colui che li conserva nel cuore, ignaro o ignara della loro presenza. Rimarranno lì al buio finché, per vie traverse e inedite, spingeranno il loro ospite a urlare, privandolo della capacità di trattenere ancora oltre queste forze che gli si agitano dentro. La vita è certo imprevedibile e pronta a sorprenderci, ma come possiamo facilitare questo processo di emersione e condivisione dei nostri sogni e scenari di futuro? Quali sono i luoghi in cui possiamo dare spazio e tempo a questa opera di ‘giardinaggio collettivo’, fin dalla giovane età?

Notando un vuoto rispetto a questi luoghi e sentendo di volere portare un contributo a riguardo, con Massimo Giorgini de L’Albero Della Vita, stiamo lanciando QUO VADO, un breve ma intenso laboratorio dedicato a giovani ragazze e ragazzi, che da un paio di primavere sperimentiamo con gli studenti e le studentesse degli ultimi anni di una scuola superiore, a Bologna. Abbiamo creato un piccolo spazio dedicato e protetto per lasciare emergere questi temi, proponendo semplicemente ai ragazzi e alle ragazze di concedersi un tempo dedicato alla condivisione e all’ascolto dei loro sogni, delle loro visioni del futuro, dei loro bisogni, delle loro convinzioni sulle proprie capacità.

QUO VADO è uno spazio aperto affinché i ragazzi e le ragazze si possano chiedere cosa vogliono imparare, quali sono i modelli che li influenzano (se sono d’ispirazione o se invece si sentono schiacciati da essi), cosa significa benessere personale e collettivo, che cosa significa lavoro, e ancora per interrogarsi su quali sono le sfide che il mondo propone loro e da quali tra queste sono maggiormente attratti. Questi temi, a detta dei ragazzi e delle ragazze che abbiamo incontrato, hanno tanto bisogno di spazio ma non ne trovano, né nelle loro vite né a scuola.

Una scuola che in generale offre, a maggior ragione con la didattica a distanza, pochi luoghi di apertura al confronto e all’emersione delle loro idee rispetto al futuro e alle loro emozioni rispetto al presente. Al massimo quello di cui si parla sono corsi di orientamento sui possibili corsi offerti dalle Università, mentre non è certo in voga un’educazione al generare possibilità per le loro vite, un orientamento per discernere dove si trovano, cosa sentono e dove vogliono andare (da qui il titolo del laboratorio che proponiamo, QUO VADO).

Questa primavera, durante la nostra esperienza con il laboratorio, abbiamo notato in particolare una grande perdita di abitudine nel condividere, tanti silenzi e poco generosa messa in discussione, nonostante una grande richiesta di far sentire la propria voce. Curioso paradosso negli effetti, ma non nelle cause: è proprio l’assenza di condivisione infatti ad annichilire il muscolo che la consente, perché si impara a partecipare partecipando. Questo vuoto tuttavia, genera contemporaneamente il bisogno di disintorpidire il muscolo non allenato, che, per altro, non è aiutato nella sua ripresa circolatoria, dalla gestione della pandemia attualmente in atto. Anche il muscolo del sogno possibile non sembra essere allenato: non sembra essere lecito o permesso.

Nella nostra epoca contemporanea il futuro è dipinto come incerto e fuggevole più che possibile e perciò non invoglia a investire le proprie energie in progettualità a lungo termine, come dice la sociologa Carmen Leccardi in Sociologie del tempo (2009). Il futuro ha perso terreno, lasciando in prima linea solo uno stentato presente, fatto di espedienti per cavarsela al meglio, magari sgomitando per rispettare le aspettative che altri proiettano su di noi. A maggior ragione, con l’influenza della narrazione mediatica della pandemia, abbiamo notato quanto i ragazzi e le ragazze che abbiamo conosciuto siano schiacciati e schiacciate da un eterno presente, ora  a maggior ragione nero, di impossibilità e fatica, di blocco, di imposizione e ostacolo.

D’altronde, questa è la retorica tossica che tutte e tutti noi subiamo continuamente, da ogni parte ci giriamo. Il fatto che la crisi chiami cambiamento, non è altrettanto sponsorizzato come motto. Il fatto che se c’è un problema, si debbano ricercare le cause di tale problema e solo da lì si possano trovare soluzioni, sembra essere solo una dimenticata possibilità. Anzi, le parole di sconforto e rassegnazione sono state assorbite dai ragazzi che abbiamo incontrato, oscurando quasi totalmente possibilità nuove o anche solo l’opportunità di farsi domande e darsi la possibilità di alternative non preconfezionate, di passione e non solo di dovere. Anche questa dicotomia non viene messa in discussione, e secondo noi non ci porta ad impegnare le nostre energie al meglio e al servizio di ciò che crediamo. No, preferiamo accontentarci del tempo libero per vivere, mentre la vita passa in attività che non ci corrispondono.

Ecco che la nostra proposta di laboratorio parte dal riflettere su chi siamo, per capire poi con quali strumenti (attività, professione, energia) vogliamo esprimere quella vocazione, quella spinta vitale che caratterizza in modo unico e irripetibile ciascuno e ciascuna di noi. Cos’è lavoro? Che rapporto ha con ciò che sono e voglio portare al mondo? Che rapporto ha con ciò che mi piace e appassiona, e con ciò che penso il mondo necessiti in questa epoca storica?

Crediamo fermamente che sia necessario dare spazio a queste domande, perché seguendone la direzione possiamo rivoluzionare la rotta che abbiamo preso come individui e umanità. Possiamo cambiare rotta attingendo semplicemente alle nostre ritrovate intuizioni e motivazioni, più potenti che mai se permettiamo loro di essere ascoltate e poi di guidarci. Possiamo approfittare (mi chiedo: se non ora quando?) di questo momento storico per danzare sorprendenti vie o spolverare arcaici sogni.

I sogni dei ragazzi e delle ragazze che abbiamo incontrato? Sono ingombranti. Sono rumorosi nel loro silenzio. Hanno bisogno di spazio, ascolto, fiducia per emergere. Pensiamo serva farsi domande insieme, domande condivise e generative di possibilità inesplorate, che facciano poi i conti con la realtà. Pensiamo ne valga la pena, perché sono queste le domande che plasmano il futuro, che già ora, minuto per minuto, tutti e tutte noi stiamo contribuendo a creare. Basta con la retorica della gioventù bruciata o, al contrario, dei giovani che salveranno il mondo…non ha funzionato per unire, ma per dividere le generazioni. Serve agire insieme ed aprire spazi di ascolto, confronto e sostegno paziente e reciproco. Noi siamo pronti, e voi?

di Sara Donati (da italiachecambia.org)

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