Parco Atto I: Perimetrazione
È questa la prima operazione da fare per dar vita concretamente ad un Parco. Per quello del Matese si è rivelata l’azione di perimetrazione un’elaborazione complessa per tener conto delle diverse istanze provenienti dagli enti locali e dalle associazioni pro o contro al Parco
di Francesco Manfredi-Selvaggi
1 giugno 2021
La Perimetrazione di un Parco è un atto non solo preliminare alla sua concreta attivazione, ma anche fondamentale se si vogliono, come pure si devono, stabilire connessioni con le aree protette contigue. Di questo, però, non si è parlato nel dibattito che vi è stato in riguardo alla Perimetrazione del Parco del Matese. Al di là dell’inclusione o meno di Campitello nel Parco la quale è evidente che sia scontata per cui proposte contrario, quella formulata dalla Giunta Regionale, sono inaccettabili, la discussione ha riguardato esclusivamente l’estensione in senso trasversale del Parco e non in quello longitudinale; cioè se il perimetro, nella direzione nord-sud (approssimativamente), dovesse ricomprendere anche i centri abitati che stanno a valle oppure no, nessuna osservazione, da parte di nessuno, relativamente al limite nella direzione opposta, est-ovest (approssimativamente).
Nel confronto apertosi si è inserito perfino il Comune di S. Giuliano del Sannio il quale sta dall’altro lato della fascia pianeggiante costituita dalla successione delle piane dell’alto Biferno e dell’alto Tammaro, rispetto al massiccio matesino, richiedendo di far parte del Parco. Alcuna perplessità è stata espressa sulle terminazioni verso oriente e verso occidente, eppure quelle cruciali per garantire l’assenza di interruzioni della continuità ecologica della catena appenninica. Il Parco del Matese acquista un senso compiuto se si ricollega al resto dell’Appennino.
Secondo la direttrice appenninica che è poi quella dell’asse principale del complesso montuoso matesino quest’ultimo si presenta molto stretto, molto di più che nell’asse ad esso ortogonale e peraltro la prevalenza di una dimensione sull’altra è caratteristica dell’Appennino. Nel verso corto il Matese si allinea alle porzioni di Appennino contigue. Il meglio sarebbe che tali porzioni si toccassero fra loro, stessero testa a testa o testa-coda e ciò discende dalle decisioni prese in sede di Perimetrazione che quindi costituiscono decisioni davvero decisive. Sono decisioni decisive non solo in un raggio territoriale tutto sommato limitato, riguardante l’Appennino centro-meridionale, in quanto decisive per l’intero sistema ambientale nazionale del quale la dorsale appenninica che va dal Mediterraneo fin quasi alle Alpi costituisce la spina dorsale, un continuum che non va interrotto a causa di lacune; il Parco del Matese nasce proprio per colmare una lacuna.
Non è, comunque, che con ciò si voglia dire che ha scarsa importanza discutere della Perimetrazione anche in riguardo al lato lungo di questa montagna poiché va ricercata in modo esteso la connettività tra gli ambiti a valenza naturalistica. Se si vuole arrivare a configurare una struttura a maglia della natura occorre affiancare ai parchi ora concentrati sui monti, quelli cui siamo abituati, aree protette che ricadono in zone collinari e costiere, auspicabilmente tenute insieme da parchi fluviali, e financo marine, finora sottorappresentate, specie nel Molise dove non vi sono parchi regionali i quali solitamente sono istituiti in territori a quote più basse di quelli statali. In mancanza, così come succede da noi, e, però, non è un ripiego, il Parco va riconnesso specialmente con i Siti di Importanza Comunitaria disposti a rete, appunto Rete Natura 2000, all’intorno, come pure con le zone di carattere seminaturale, tipo i boschi, i corsi d’acqua, ecc.. Si prenda il SIC del Quirino, torrente che nasce sul Matese e va a confluire nel Biferno dopo aver attraversato la vallata di Boiano, il quale, avente forma di striscia, è un canale di transito per la fauna che in dipendenza delle esigenze fenologiche si sposta su e giù, da monte a valle. Quello dei movimenti delle specie faunistiche è un tema “sensibile” non solo perché coinvolge la sopravvivenza di “razze”, quelle della Lista Rossa di interesse europeo delle quali abbiamo la responsabilità della salvaguardia, ma anche perché spinge a ridiscutere l’idea stessa di Parco quale ritaglio territoriale definito. Gli uccelli, per i quali il Matese è stato designato Zona di Protezione Speciale, nella loro vita, nelle diverse stagioni di ciascun anno, frequentano più luoghi, anche più continenti i migratori. I grandi mammiferi hanno bisogno, similmente, di areali ampi essendo capaci in un giorno di compiere decine di chilometri e ci stiamo riferendo in particolare all’orso marsicano, ad evitare l’estinzione del quale concorre la creazione del Parco del Matese che per questi fini può essere considerato un prolungamento del Parco Nazionale d’Abruzzo (il Matese è un ambiente idoneo per tale animale come rivelano i tanti toponimi che ad esso fanno riferimento: Campo dell’Orso, Grotta dell’Orso, ecc.).
La Perimetrazione è un atto che serve a definire i limiti di un Parco, impedendo che rimangano incerti, cosa quest’ultima che, per quanto detto, è auspicabile nel senso che l’Area Protetta deve saper entrare in relazione con il contesto ambientale circostante, proprio per difendere le specie selvatiche che la popolano. Il sistema dei Parchi previsto dalla legge 394 del ’91 è, appunto, un sistema e non una sommatoria di Parchi ognuno dei quali è una monade che vive in una condizione di splendido isolamento; è un fraintendimento del significato di questa operazione intendere la Perimetrazione quale momento in cui si stabilisce chi sta di qua, chi sta di là poiché nel mondo naturale tutto è interconnesso.
Ci soffermiamo in conclusione (precisando, comunque, che non sono le conclusioni dei ragionamenti esposti in precedenza) in quanto attinente al tema della Perimetrazione intesa, si insiste, sbagliando, alla stregua di una recinzione, di un confinamento di un ambito di pregio ambientale, sulla questione dell’obiettivo della percentuale del 17% di Aree Protette sul totale della superficie continentale e, a cascata, nazionale e regionale, fissato dall’Europa. Sembrerebbe prevalere l’aspetto quantitativo piuttosto che quello qualitativo nelle politiche per la conservazione della natura volute dall’Unione per cui, al limite, un Parco va fatto anche lì dove l’assetto ecologico non è di elevatissima pregevolezza. Detto diversamente, si sta andando con la trasformazione di quasi un quinto del territorio regionale in Area Protetta al cambiamento del paradigma per cui i parchi rappresentano delle eccezioni ad una nuova visione in base alla quale essi diventano componenti ordinarie della realtà territoriale. Le Perimetrazioni nello stabilire un ettaro in più o in meno di Parco dovranno confrontarsi con tale rinnovata ottica della tutela della natura.
di Francesco Manfredi-Selvaggi