Il pezzo basso della Campobasso del basso medioevo
Si descrive la fascia meno acclive del centro storico la quale, comunque, rappresenta quasi la metà dell’abitato
di Francesco Manfredi-Selvaggi
17 giugno 2021
Si descrive la fascia meno acclive del centro storico la quale, comunque, rappresenta quasi la metà dell’abitato. È una zona a sé che segue un proprio schema urbanistico, differente da quello dell’aggregato edilizio soprastante. L’impianto è centrato su un grande asse viario che va da un capo all’altro del borgo e che nel suo incedere cambia nome, passando da quello di via S. Antonio Abate a via Ziccardi e ciò avviene in piazza S. Leonardo.
Sono due strade distinte ma in effetti sono specularmente uguali S. Antonio Abate e via Ziccardi. Il raggio di curvatura che seguono entrambe è identico, seppure con andamento ribaltato. Un connotato comune, altamente caratterizzante, è la continuità dei fronti edificati in ambedue questi assi viari (oppure segmenti viari di un unico asse); ciò è dovuto al fatto che, per quanto riguarda il lato più esterno del percorso, quello che coincide con il perimetro della cerchia muraria, vi sono poche interruzioni nell’edificazione che perciò si presenta serrata.
Sono solo 6 (se si esclude il vicolo della “portella”) lungo l’intero circuito stradale, il quale è molto esteso, le cesure che spezzano la compattezza della massa edificata che prospetta su ciascuna di queste vie e coincidono con le traverse che conducono alle 6 porte urbiche. In verità, dovremmo escludere dal presente conteggio le due porte S. Antonio Abate e S. Paolo essendo poste all’inizio e alla fine della fortificazione per cui non possono essere considerate elementi di divisione delle mura.
Osservando la mappa della città si coglie che non vi è uno stringente parallelismo tra il semianello viario che corre tangendo il sedime dell’antica murazione all’interno del borgo e quello che sta al di fuori dell’insediamento medioevale, composto dalle vie Marconi, Orefici e Viale del Castello. Vi è una lieve divergenza che man mano sia accentua procedendo verso la parte mediana della cinta in cui lo scostamento tra le due linee che demarcano l’ambito occupato dalle opere difensive, l’una che segue via S. Antonio Abate e via Ziccardi e l’altra le vie Marconi, Orefici e del Castello, si fa notevole.
Qui lo spessore del costruito aumenta e ciò avviene in maniera identica sia, muovendosi dalla zona centrale che è piazza S. Leonardo, andando sia in direzione di porta S. Paolo che di porta S. Antonio A. Si constata, ancora una volta, una certa simmetria in quanto alla estensione superiore di via S. Antonio A. corrispondono 3 porte (S. Antonio, appunto, S. Nicola e S. Maria della Croce) mentre in via Ziccardi ve ne sono solo 2 (le porte Mancina e S. Paolo), ma la distanza che intercorre tra le porte è sempre la stessa per cui i blocchi edilizi, o “isolati urbani” che dir si voglia, che vengono definiti delle stradine di congiunzione con le porte, hanno dimensioni comparabili longitudinalmente e, però, non trasversalmente date le variazioni della profondità dell’area di pertinenza un tempo delle mura.
Va segnalato che quando la larghezza della fascia in questione diventa massima è possibile svuotare un pezzo della superficie per ottenere uno spazio aperto che è il Fondaco della Farina. Si può ipotizzare che la ragione di questo progressivo ispessimento delle “insule” sia quella di voler estendere la città ricompresa nella cortina difensiva su quella distesa pianeggiante che si sviluppa proprio nella zona in cui ricade la mezzeria della murazione urbica. È un processo che si verifica anche altrove quello dell’espansione cittadina in pianura in epoca post-medioevale con gli aggregati insediativi che vi nascono chiamati borgo (da cui borghesia, la nuova classe sociale che vi si andrà a posizionare) e via Borgo è il nome originario della strada che collega con la porta.
È il percorso stradale più lungo tra quelli che dal sobborgo (un termine significativo per il ragionamento in corso) conducono, attraverso le porte, nell’agglomerato storico. Per la posizione baricentrica rispetto all’inviluppo delle mura la porta che stava qui è chiamata porta Maggiore. Non è l’unica porta di Campobasso ad essere sparita perché manca pure porta S. Maria della Croce, ma in questo caso la sua scomparsa sembra avere un significato particolare, di eliminare barriere, anche fosse semplicemente la sua chiusura notturna, tra il di qua e il di là della cinta.
Che sia stata la strada più importante è desumibile anche dal fatto che qui i feudatari, abbandonando già nel XVI secolo il maniero posto in cima al colle, eressero la loro dimora. Essa ha certamente i caratteri di una residenza aristocratica i quali è però possibile ritrovare oltre che nei palazzi nobiliari, vedi il palazzo della “duchessa” in via S. Antonio A., e pure nelle case del ceto dei “galantuomini” come è facile constatare in alcuni episodi architettonici a Boiano, Venafro, ecc. e nella stessa Campobasso, lungo il “corso”: ciò per evidenziare che la presenza di quest’architettura classicheggiante non sconvolge l’atmosfera borghese che si respirava e si respira qui.
È un segmento viario, l’odierna via Cannavina, relativamente breve che tiene insieme due fulcri fondamentali della vita cittadina dei quali l’uno è piazza S. Leonardo e l’altro è quell’incrocio appena oltrepassato il punto in cui sorgeva la porta Maggiore sul quale convergono ben 6 direttrici viarie (vie Orefici, Isernia, Ferrari, Marconi, Pepe e, di certo, Cannavina). Per quanto riguarda quest’ultimo crocevia, mettendosi in un’ottica diacronica si riconosce una successione temporale per cui la viabilità extramuraria segue quella intramuraria il che vale a dire che via Cannavina è il tronco dal quale si dipartono i vari rami, immaginando un albero con una chioma ad ombrello.
Un altro richiamo figurativo è quello del ventaglio con la maglia viaria che ha quale suo perno la fine di via Cannavina. Al vertice opposto di questo percorso vi è la chiesa di S. Leonardo con la relativa piazza, l’unico edificio religioso che ne ha una; S. Maria della Croce è allineata all’omonima strada senza uno spazio libero antistante, ma ciò non significa essendo tutte e due sedi parrocchiali che S. Leonardo le sopravanzi nell’organizzazione ecclesiastica. Occorre, poi, per capire il ruolo di S. Leonardo far rilevare che esso è il solo edificio di culto inserito nel tessuto urbanistico, perché gli altri sono ubicati ai margini, da S. Bartolomeo a S. Giorgio, da S. Maria della Croce a S. Mercurio.
Che questa sia una piazza voluta come tale, nel senso di pianificata è presto detto: il palazzo feudale si ripiega ad L e quello dirimpetto ha addirittura la facciata svasata per non sottrarre suolo alla piazza. Questa piazza è uno dei rarissimi casi di quadrivi nel nostro centro, 4 percorsi che si incontrano i quali qui sono le vie Cannavina, S. Antonio A., Ziccardi e Chiarizia, una croce di strade di pari grado nella maglia viaria urbana, in una posizione che più strategica non si sarebbe potuto perché situata nel cuore, pure geometrico, dell’abitato. Per il resto la rete stradale cittadina (escludendo la salita S. Paolo che è un discorso a sé stante) si articola in due aste, via S. Antonio A. e via Ziccardi, dalle quali si dipartono molti vicoli secondo uno schema a doppio pettine.
di Francesco Manfredi-Selvaggi