No alle gigantesche pale eoliche
L’immagine bella del Molise non dovrà essere deturpato da enormi pale eoliche e grandi distese di pannelli solari
di Pasquale Di Lena
30 giugno 2021
Ricevo dalla redazione de “la Fonte” la posizione –da me presa in prestito come titolo di questa nota – del presidente del “Comitato per la Salvaguardia del Territorio Molisano”, Mons. Nicolino Pietrantonio che racconta la sua partecipazione, il giorno 5 giugno u.s., al Convegno sulle Comunità Energetiche, organizzato dal Biomolise Distretto Frentano, e, sottolinea la necessità di una “Comunità Energetica del Basso Molise”.
Una questione rilevante e di grande attualità, che tocca l’intero territorio molisano e, non solo, i mille e mille territori di un Paese che, con le ultime decisioni riguardanti la tanto decantata transizione ecologica, che dà ampio spazio a chi vuole approfittare per imbrattare ancor di più i valori dei nostri territori, come la bellezza e l’ambiente, e, ancor di più le sue preziose risorse.
In primo luogo la terra che, grazie all’attività nata diecimila anni fa, l’agricoltura, ha sempre visto l’essere coltivatore, con la sua passione e la sua intelligenza, il grande e solo protagonista, che quello oggi la macchina vuole sostituire per distruggere la vita che anima il suolo, la fertilità, cioè la fonte del cibo, la primaria energia rinnovabile, quella di cui non se ne può fare a meno perché vita. Non prendere atto della priorità delle priorità delle energie rinnovabili, il cibo, vuol dire non dare priorità alla vita e ciò è possibile solo con le scelte politiche e di governo a trazione neoliberista, le tante che, da tempo, stanno riducendo a poca cosa l’umanità e il globo.
A partire – parlando del nostro Paese – dal momento in cui è iniziato quel processo di uso e abuso del territorio e, soprattutto, quando questo bene, da sempre comune, è diventato, non a caso, un bene nelle mani di privati e, come tale, oggetto di speculazione e di distruzione. Un cibo oltretutto – nel caso dei nostri territori – di qualità, visto che la gran parte dei prodotti sono certificati da un’indicazione geografica Dop o Igp, a significare che la qualità è nell’origine, appunto il territorio, e, come tali, alimenti fondamentali per la salute e il benessere di chi li consuma. Un incontro, purtroppo ristretto a pochi eletti, a testimoniare un vizio del Biodistretto, presieduto dal sindaco di Larino, di non coinvolgere i primari protagonisti di un percorso che ha come obiettivo la sostenibilità ambientale, i coltivatori di biologico, e, con essi, l’insieme dei cittadini che hanno bisogno di un ambiente sano.
Un elemento quello della mobilitazione, ripreso e sottolineato dal presidente del “Comitato per la salvaguardia del territorio molisano”, Don Nicolino, quando scrive che “Serve una Comunità…una mobilitazione di cittadini che costruisca un muro democratico per fermare la prepotenza di chi vuole continuare a proporre progetti di sviluppo economico devastanti, insostenibili e lontani dal buon senso”. Progetti “volti a deturpare paesaggi, limitare produzioni agroalimentari di qualità, azzerare le attrattive turistiche dei litorali e delle colline con enormi pale eoliche e grandi distese di pannelli fotovoltaici”.
Serve, e come, una comunità, come pure una mobilitazione, ma tutto questo è possibile se chi ha nelle proprie mani gli strumenti per farlo sa che sono i protagonisti del proprio territorio e sa cos’è il significato e il valore del coinvolgimento, della partecipazione, e, soprattutto, della mobilitazione. Elementi fondamentali per affrontare i grandi processi di trasformazione di realtà, come pure di una cultura dominante nelle mani di un’informazione guidata da chi ha un solo interesse il denaro, incurante del valore e del significato del territorio e, ancor più, del domani. Sto pensando alla grande occasione persa dal Distretto BioMolise, quella di promuovere e coordinare i processi che sono nati per volontà di singoli o di gruppi, ne riporto due: un’olivicoltura molisana tutta bio, pensata da Luigi Di Majo e il Consorzio Tump, con altri diecimila ettari di olivi; il “Distretto bio della Pesca e delle Colline molisane”, con il primo in attesa dell’approvazione da parte della Regione e il secondo – una straordinaria novità a livello nazionale – che afferma il ruolo di laboratorio nazionale del Molise, con altri progetti che sono in procinto di partire, sempre all’insaputa del Distretto BioMolise, nato per realizzare un Molise tutto a trazione biologica e all’insegna della sostenibilità, dal mare alle catene montuose, che, con le colline, disegnano la “Farfalla Molise”. Quella colorata da un grande amico del Molise, Ro Marcenaro, per il logo “Piacere Molise”, oggi sostituito con un altro logo, che, però, non ha niente di Molise se non il modo per sprecare risorse pubbliche e, ciò che più fa rabbia, l’immagine bella del Molise, se “il suo territorio non verrà deturpato – come ben dice Don Nicolino, il presidente del neo Comitato – da enormi pale eoliche e grandi distese di pannelli solari”.
di Pasquale Di Lena (da “la fonte” di luglio/agosto n° 221)